giovedì 22 gennaio 2015

LA COLLINA DEL VENTO di Carmine Abate

Vi ricordate il Giro d'Italia letterario organizzato da Paola del blog Se una notte d'inverno un lettore, vero?? Bene, il Giro è terminato a dicembre 2014 e Paola, per motivi tecnici, ha cambiato blog e ora la potete trovare su Un baule pieno di gente. Potete trovarci anche su Facebook se volete.
A causa della lunga pausa che ho preso dal blog non sono riuscita a raccontarvi i libri che abbiamo letto. L'anno scorso vi ho parlato solo di due di essi: La paga del sabato (tappa del Piemonte) e Cristo si è fermato a Eboli (tappa della Basilicata).
Ora ho intenzione di recuperare il tempo perduto, quindi riparto da dove mi ero fermata con la Calabria e il suo "La collina del vento" di Carmine Abate.

Impetuoso, lieve, sconvolgente: è il vento che soffia senza requie sulle pendici del Rossarco, leggendaria, enigmatica altura a pochi chilometri dal mar Jonio. Il vento scuote gli olivi secolari e gli arbusti odorosi, ulula nel buio, canta di un antico segreto sepolto e fa danzare le foglie come ricordi dimenticati.
Proprio i ricordi condivisi sulla "collina del vento" costituiscono le radici profonde della famiglia Arcuri, che da generazioni considerano il Rossarco non solo luogo sacro delle origini, ma anche simbolo di una terra vitale che non si arrende e tempio all'aria aperta di una dirittura etica forte quanto una fede. Così, quando il celebre archeologo Paolo Orsi sale sulla collina alla ricerca della mitica città di Krimisa e la campagna di scavi si tinge di giallo, gli Arcuri cominciano a scontrarsi con l'invidia violenta degli uomini, la prepotenza del latifondista locale e le intimidazioni mafiose. Testimone fin da bambino di questa resistenza ai soprusi  è Michelangelo Arcuri, che molti anni dopo diventerà il custode della collina e dei suoi inconfessabili segreti. Ma spetterà a Rino, il più giovane degli Arcuri, di onorare una promessa fatta al padre e ricostruire un secolo di storia familiare che s'intreccia con la grande storia d'Italia.

Non so nemmeno come spiegarvi quanto io ami le saghe familiari. Avete presente quei libroni giganteschi, pesanti, pieni di pagine, in cui è racchiusa la storia di una famiglia (o più), una storia che ripercorre anni, decenni, o anche secoli, dove gli avvenimenti storici sono legati a doppio filo con i personaggi? Ecco, io adoro quei romanzi, mi affascinano e appassionano immensamente.
Tutto questo per dire che "La collina del vento" sembrava un libro così, come vi ho descritto, prometteva una saga familiare spalmata su tutto il Novecento italiano, ma non ha mantenuto appieno la promessa.

Abate propone una saga, a mio parere, un po' sterile, scarna, con molte carenza nella struttura stessa della storia; come ad esempio manca gran parte della contestualizzazione storica tipica di questi romanzi. A parte qualche piccolo accenno alla guerra, non ho trovato altro della storia italiana. Togliendo quei pochi riferimenti storici, la vita della famiglia protagonista potrebbe svolgersi in qualunque posto del mondo e in qualsiasi epoca.

Altro punto debole sono i personaggi. Apparentemente interessanti e diversi tra loro, ma non abbastanza approfonditi. Non sono ben caratterizzati e questo comporta che non restino impressi nella mente del lettore. Appena terminata la lettura faticavo a ricordarli tutti chiaramente, figuriamoci ora che sono passati mesi.
I personaggi sono fondamentali in qualsiasi romanzo, ancora di più in libri come questo, in cui sono numerosi e quindi il lettore non deve faticare nel riconoscerli; ma anzi dovrebbe capire subito di chi si sta parlando, senza dover ripercorrere a ritroso le pagine, altrimenti la lettura ne risente e diventa pesante.
Vero protagonista, in questo caso, è il Rossarco, tutto gira intorno a questa collina splendida, tutto inizia e finisce in quel luogo. La collina viene descritta molto bene, in ogni suo particolare: dalla terra coltivata al boschetto nelle vicinanze, dal sole che splende al vento che soffia su di essa. Rimane sicuramente impressa ed è così suggestiva e magica da rappresentare quasi un giardino dell'Eden moderno.

Secondo me, le piccole sgrammaticature e parole dialettali presenti lungo la storia, fanno perdere fluidità al racconto e alla lettura, la quale deve rallentare per capire, e a volte "tradurre", frammentando così la storia stessa. Ma forse è una cosa che è accaduta solo a me, non essendo di quella regione e non avendo molta familiarità con il dialetto del posto. Magari una seconda lettura sarebbe più fluida e scorrevole.

Tutto viene spiegato velocemente e sommariamente. Come ad esempio il grande segreto familiare, che ci accompagna per tutto il libro, vero cardine della storia, in realtà ci viene spiegato in tre semplici righe alla fine del romanzo. Liquidato così velocemente perde tutta la sua importanza e lascia il lettore un po' perplesso e deluso.
Il finale sembra scritto di corsa, con poca attenzione, più per chiudere il libro in fretta, che per dare spiegazioni al lettore e dargli una degna conclusione.
Aveva buone possibilità, ma purtroppo è risultata una lettura un po' deludente e che lascia poco una volta sfogliate tutte le pagine e chiuso definitivamente il libro.

4 commenti:

  1. Tra i libri del Giro è uno di quelli che mi è dispiaciuto meno, c'è anche da dire che io non amo per niente le saghe familiari, quindi non ho percepito la mancanza di qualcosa di inespresso.
    Il finale, è vero, è piuttosto sbrigativo, ma mi sono piaciute le descrizioni del paesaggio, ma anche l'inserimento del dialetto non mi ha turbato (un po' lo capisco però).
    Grazie per aver partecipato!

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    1. Abbiamo gusti totalmente opposti allora ;)
      Altri libri del Giro mi sono piaciuti di più, come ad esempio "Gli occhiali d'oro" (di cui parlerò la prossima volta) o "La famosa invasione degli orsi in Sicilia"...
      Grazie a te per questa bellissima avventura che è durata un anno intero!! :*

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  2. Peccato, le premesse erano buone. Anche a me piacciono le saghe familiari, sebbene in effetti non è che ne abbia lette molte. Quello che hai detto sui personaggi mi ha fatto pensare, pochi giorni fa ho finito di leggere Il giorno della civetta di Sciascia e ogni tanto tornavo indietro per controllare bene a quali personaggi corrispondevano i nomi. Mi è piaciuto molto il racconto di Sciascia e questa "nota dolente" non ha affatto influito sull'opinione che ho del libro. ;)

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    1. A volte capita di dover tornare indietro e controllare i personaggi, soprattutto in romanzi dove ce ne sono molti, a me è accaduto altre volte, ma in quei casi la storia non ne risentiva perché era molto bella. Invece, in questo caso, è stato solo uno dei lati negativi che non mi hanno fatto amare questo libro. :)

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