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martedì 1 agosto 2017

L'ALTRA FIGLIA di Annie Ernaux

I libri di questa autrice francese sono considerati dei veri classici contemporanei. Amatissima in patria, qui da noi è arrivata grazie a L'Orma Editore, che ha tradotto, oltre a questo, anche Il posto, Gli anni e Memoria di ragazza.
Tutti i suoi romanzi sono autobiografici e anche L'altra figlia è uno spaccato della sua vita che racconta un momento importante della sua esistenza, estremamente personale, che racchiude nelle sue pagine una riflessione su cosa voglia dire a volte essere figlia e soprattutto sorella di qualcuno che non c'è più.

In un'assolata domenica d'estate una bambina ascolta per caso una conversazione della madre, e la sua vita cambia per sempre: i genitori hanno avuto un'altra figlia, morta ancora piccola due anni prima che lei nascesse.
È una rivelazione che diviene lo spartiacque di un'infanzia, segna il destino di una donna e di una scrittrice, e infiamma l'intensa prosa di questo romanzo breve.
"Per lasciarsi alle spalle il fuori fuoco del vissuto" Annie Ernaux intraprende una lettera impossibile a quella sorella sconosciuta. Rivivono così i sensi di colpa e i moti d'orgoglio, le curiosità taciute e le inconfessabili gelosie, il peso del confronto e il privilegio di essere amata.
Ancora una volta la grande autrice francese intesse una prodigiosa corrispondenza di sensi tra vivi e morti, scolpendo in una scrittura perfetta la storia di una relazione fragile, preziosa e irrimediabile come ogni esistenza umana.

Lo stile di Annie Ernaux è poetico e raffinato, in poche pagine e attraverso un linguaggio semplice e scorrevole racconta una storia che ha un grande significato per lei. Una narrazione ricca di sensazioni, emozioni e sentimenti che la aiutano anche a riflettere su quel rapporto mancato con la sorella scomparsa e mai conosciuta.
Una lunga lettera intrisa di particolari, che le serve per fare finalmente il punto della situazione su una vicenda che non ha mai affrontato completamente, che ha sempre vissuto guardandola da distante e a volte ignorandola del tutto. La scrittrice da finalmente sfogo ai suoi pensieri, consegnando al lettore un piccola ed emotivamente coinvolgente parte della sua vita.

All'inizio Ernaux ripensa a quel giorno, di molti anni prima, in cui ascoltò di nascosto sua madre raccontare della figlia avuta prima di lei e tragicamente scomparsa. È una rivelazione sconvolgente per lei, che non riesce ad accettare e che per molti anni a venire cercherà di ignorare e nascondere. Ma tutto il suo vissuto, compreso questo piccolo avvenimento che è rimasto sopito dentro di lei per molto tempo e che ha scavato nella sua mente e influenzato il suo modo di vedere le cose, l'ha portata ad essere la scrittrice che è oggi: un'autrice che attinge alla sua vita privata per raccontare storie toccanti e intense. Così decide di scrivere questa lettera, indirizzandola alla sorella mai conosciuta e vista solo attraverso poche foto ingiallite, per mettere nero su bianco una riflessione complessa e sofferta; ma anche per ringraziarla, perché è anche grazie a lei se oggi si ritrova con una penna in mano a scrivere romanzi dall'enorme successo. Probabilmente questa vicenda ha segnato in qualche modo il suo destino, spingendola a diventare nient'altro che una scrittrice.

Con uno sguardo al passato l'autrice analizza gran parte della sua vita dopo l'incredibile scoperta, rendendosi conto dell'enorme senso di colpa che l'ha accompagnata perché lei è sopravvissuta e la sorella no; lei ha ricevuto più amore (o almeno per più tempo) dai genitori, che invece si sono visti strappare l'altra figlia dalle braccia amorevoli per colpa di una malattia; la gelosia provata nello scoprire che "l'altra era più buona di quella lì"; l'inevitabile confronto con una persona che non c'è più, la cui presenza è invisibile ma costantemente percepibile, perché chissà come sarebbe potuta diventare: sarebbe stata più bella, più brava, più intelligente, più... e che ha lasciato un'impronta dentro di lei nonostante la sua assenza; e poi anche il rammarico di non essersi informata su questa sorella, di non averne mai parlato con i genitori quando erano ancora in vita, o di non aver chiesto notizie a parenti e amici di famiglia.
Per tutta la vita Annie Ernaux si trova a fare i conti con questa figura ingombrante e silenziosa, con cui non può parlare, confrontarsi e litigare; una bambina di cui non conosce praticamente nulla, se non il nome e l'aspetto visto in una vecchia fotografia rovinata, e di cui ormai non scoprirà mai nient'altro e si dovrà accontentare solo dell'immagine che si è costruita nella mente.

Un romanzo breve, di nemmeno ottanta pagine, che si legge con calma in un caldo pomeriggio d'estate. Coinvolgente ed emozionante, a tratti commovente, intenso per il tema trattato, ma che vi scorrerà tra le mani grazie anche a una prosa e un talento difficili da trovare nei romanzi contemporanei. Il tutto contornato da una splendida veste grafica, di quelle che solo L'Orma Editore sa fare: copertine semplici e lineari, ma ricche di significato, che sanno cogliere l'essenza della storia attraverso un'immagine.

martedì 14 febbraio 2017

ATTRAVERSAMI di Christian Mascheroni

San Valentino è il giorno degli innamorati per antonomasia. Oggi tutto si tinge di rosso e l'amore esplode in ogni angolo: dai negozi alle pagine Facebook e Twitter. Essendo tutto già troppo zuccheroso e mieloso per i miei gusti non potevo raccontarvi una storia d'amore classica, comune e scontata, uno di quegli amori che si possono trovare e leggere ovunque. No, dai. Abbiamo bisogno di qualcosa di più, che parli anche di altro, ma che soprattutto affronti la questione da un altro punto di vista. E infatti oggi vi parlo di Cljo e Husky, due ragazzi che si innamorano in un mondo distopico in cui ogni sentimento, soprattutto l'amore, è vietato per legge.
Lo trovate in "Attraversami" di Christian Mascheroni nella collana i jackpot di Las Vegas edizioni.

Cljo è una bambina quando sente alla radio, mentre è nella libreria dei genitori, che il Regime ha proibito l'amore: il sentimento più comune e nobile sarà punito severamente dall'esercito se manifestato in qualsiasi modo.
La sua città, Silence, è diventata triste e silenziosa negli anni. Cercando di sopprimere il sentimento dell'amore, anche le persone si sono "spente" e vivono come automi senza mettere in discussione l'operato crudele dell'esercito e del Regime stesso. Anche i libri su questo argomento sono spariti definitivamente dalla libreria dei suoi genitori.
Finché un giorno Cljo incontra un ragazzo dagli occhi azzurri e tristi, per questo lo chiamerà Husky, e se ne innamorerà. Il loro amore sarà ostacolato dalla legge, dalla paura, ma soprattutto dalla madre della ragazza, Julia: convinta di dover proteggere la figlia ad ogni costo e da qualsiasi cosa, anche dai sentimenti.
Nei grigi giorni del Regime, cominceranno a succedere cose molto strane e fantastiche in tutta Silence e la ragazza della libreria continuerà ad incontrarsi con il ragazzo dallo sguardo di lupo ferito, fino ad arrivare a custodire la chiave per salvare gli abitanti della città dalla tristezza di una vita senza sentimenti.

Lo stile di Christian Mascheroni è scorrevole e per alcuni versi lirico, con frasi molto brevi, un po' nello stile inglese, e un ritmo veloce e serrato. Ci racconta una storia distopica, ma con molti tratti fantastici, incredibili e conditi di magia.
Un romanzo breve, una sorta di favola contemporanea staccata dal tempo e dallo spazio, che si legge piacevolmente in pochissimo tempo.

Ogni capitolo comincia con il verbo "accadde" e ci racconta un avvenimento particolare e sconvolgente subito dalla cittadina di Silence e dai suoi abitanti: una cascata di stelle cadenti che si distruggono a terra cospargendo tutto di polvere dorata e luccicante; un giorno in cui tutte le luci si affievoliscono fino a far piombare l'intera città nel buio più totale; gli operai della fabbrica di agenti chimici che dimenticano il proprio nome; un vento impetuoso che solleva addirittura le persone da terra; un'invasione di aquiloni colorati nel cielo; o il momento in cui tutti i cittadini di Silence riuscirono a vedere la propria anima riflessa nello specchio e molti ne rimangono scioccati.
Una carrellata di vicende fantastiche e magiche, che ci dimostrano come la città stia lentamente cambiando e morendo a causa della mancanza di sentimenti, come tutto non riesca più a funzionare e a rimanere in piedi a causa dell'indifferenza all'amore da parte di tutta la popolazione.
In tutto questo caos inspiegabile, il filo conduttore è la storia d'amore tra Cljo e Husky. Anch'essa particolare, sopra le righe e guidata dalla magia. I momenti in cui i due ragazzi si incontrano sono importanti e significativi per lo svolgersi della storia, sono momenti cruciali, di cambiamenti e che fanno sognare ad occhi aperti.

Un libro che non parla solo d'amore, ma più in generale di sentimenti e di quei momenti cruciali della vita di ognuno di noi. Cljo tenta in continuazione di non far soffrire la madre per il suo comportamento, fino però ad arrivare al punto di rottura. Quel momento in cui la ragazza si troverà in contrasto con i propri genitori (tipico dell'adolescenza) cercherà di staccarsi da loro, per diventare una persona indipendente e completa e allo stesso tempo si ribellerà anche al potere assoluto, quello del Regime. Un cattivo che non ha un volto né una voce propria, ma agisce solo attraverso un'esercito crudele costituito principalmente da giovani.

Avrei voluto un po' più di caratterizzazione dei personaggi, anche di quelli secondari che sembrano solo ruotare intorno alla storia dei due ragazzi protagonisti. Un contorno interessante e affascinante, ma che sembra mantenere le distanze anche dai propri sentimenti.
Le descrizioni di ciò che accade a Silence sono molto belle e funzionali per capire cosa sta succedendo, ma mi sembra che si prolunghino un po' troppo e che questo vada a discapito di un finale un po' troppo frettoloso, che lascia l'amaro in bocca a causa di poche spiegazioni sulla rivolta della popolazione contro il Regime.
Comunque resta una bella e suggestiva favola, un'idea di base che ricorda per certi versi 1984 di Orwell, ma in cui l'autore inserisce anche quel tipo di fantasia e creatività che rende tutto più interessante e originale. Con un finale, però, molto classico perché anche qui, come nelle migliori favole, l'amore vince su tutto.

Mascheroni, nel suo romanzo, ci mette di fronte a un mondo in cui l'amore e qualsiasi sua manifestazione è vietata per legge da un potere superiore. Una decisione presa per far cessare la guerra, in quanto se esiste l'amore esiste anche l'odio, perché quest'ultimo è visto come un prolungamento del sentimento umano più nobile.
E noi come avremmo reagito a tutto questo? Saremmo diventati insensibili e apatici come i cittadini di Silence, oppure avremmo combattuto per far rinascere l'amore nel cuore di tutti, come hanno fatto Cljo e Husky?
Ma soprattutto fa riflettere su un concetto molto più grande e complesso: può esistere lo stesso l'odio senza l'amore e viceversa?

venerdì 10 febbraio 2017

IO, LUI & LEI di Patricia Giovannucci

Grazie alla proposta di leggere questo breve romanzo (192 pagine) dell'esordiente Patricia Giovannucci ho conosciuto una nuova realtà editoriale: Funambolo Edizioni.
Casa Editrice piccola, giovane (nasce nel 2014) e tutta al femminile, infatti le fondatrici sono quattro amiche il cui intento è quello di fare libri sull'arte di strada e il circo contemporaneo, la narrativa di svago e di sperimentazione.
Il loro catalogo si compone di quattro diverse collane; e "Io, lui & lei", l'opera che ho letto io, fa parte della collana Humor, che raccoglie romanzi di narrativa umoristica.

Luna vive a Pescara, è una ragazza cinica e in preda alla sua personale scalata al successo professionale. Non ha mai creduto nell'amore fino al giorno in cui, per la prima volta, ha visto Andrea. Lui è di Milano, giovane e bello, sta cercando il suo posto nel mondo. Un sognatore che a fatica prova a prendersi delle responsabilità. Poi c'è Almudena, la ragazza spagnola di ventitré anni giunta nel capoluogo lombardo per l'Erasmus.
Luna e Andrea si conoscono un caldo giorno di agosto durante il matrimonio della migliore amica di Luna, nonché cugina di Andrea, e tra loro è subito colpo di fulmine. Iniziano una relazione a distanza che andrà avanti per quasi cinque anni con tutte le difficoltà che un rapporto di questo tipo porta con sé: grandi entusiasmi e sottese incomprensioni. Una di queste spingerà Luna a raggiungere Andrea a Milano, senza preavviso. I due trascorreranno insieme qualche giorno. Poi l'apocalisse: Almudena sarà l'artefice, inconsapevole o quasi, della loro tragicomica separazione.
Durante il viaggio di ritorno da Milano a Pescara, riflettendo ed elaborando quanto successo, Luna metterà in atto la sua piccola vendetta. Una vendetta "fuori tempo", ma efficace.

Un romanzo breve, estremamente scorrevole, che sono riuscita a finire in pochissimo tempo. Non è solo corto, ma è anche accattivante nella lettura, appassiona il lettore che procede spedito per scoprire ciò che succederà alla fine.
Luna e Andrea, i due protagonisti, ci raccontano la loro storia d'amore alternando le due voci. Li conosciamo che stanno insieme già da cinque anni e durante gli ultimi mesi della loro storia, attraverso i due diversi punti di vista, scopriamo sfaccettature e particolari del loro amore: come si sono conosciuti, come sono trascorsi i primi anni, le diverse difficoltà affrontate per mandare avanti un rapporto a distanza, e molto altro.
Per gran parte del libro c'è questo ping-pong di pensieri, idee e sentimenti da parte di Luna e Andrea, finché si inserisce tra di loro, e all'interno della narrazione, anche il punto di vista di Alma, la così detta "altra".

Più di metà romanzo si forma con i ricordi dei due innamorati e anche una parte del presente della loro storia d'amore. Semplici e dirette descrizioni di ciò che è accaduto e ciò che sta accadendo, tutto scorre molto tranquillamente. Ma poi parte la missione di vendetta di Luna nei confronti di Andrea e, contemporaneamente, esplode anche tutta l'ironia e il sarcasmo della protagonista. Non è sicuramente un momento di grasse risate, ma più che altro tanti sorrisi amari e commenti ironici scaturiti dalla sua frustrazione per la situazione.
In quel viaggio in macchina, che Luna fa per tornare a casa, rivive davanti i suoi occhi tutta la sua storia d'amore: tra alti e passi, tra risate e litigi, tra passione e smarrimento. Un lungo personale viaggio interiore, in cui troverà un modo per affrontare la situazione e ritornare ad essere sé stessa, lasciandosi alle spalle dei piccoli pezzi di lei e Andrea, liberandosene per sempre.
Andrea non è certo un personaggio per cui si riesce a provare grande empatia. Appare molto debole, indeciso, senza un briciolo di coraggio e spina dorsale. Non fa mai il primo passo, non prende una decisione né si assume le sue responsabilità. Lascia che tutto scorra, sfiorandolo appena, confidando che tutto si sistemi da solo. Fortunatamente Luna lo costringerà a mettersi di fronte a quello che ha fatto e a rendersi conto degli errori commessi, accettando a testa bassa l'epilogo inevitabile.

È una storia che rientra perfettamente nella realtà, oltre ad essere una vicenda assolutamente plausibile, che può succedere a chiunque (o è già successa), anche la descrizione di emozioni e sentimenti è realistica, lucida e a volte velata di quel "senno di poi" che fa mettere tutto in una nuova prospettiva, facendo riflettere con pacatezza e razionalità sull'accaduto.
Tutto il romanzo non l'ho trovato per nulla melenso e romanzato, anzi. Mi è piaciuto proprio perché Patricia Giovannucci non si è persa in frivolezze o romanticherie inutile, quelle cose che quando le leggi pensi: "Sì, può succedere solo nei libri o nei film!!" No, l'autrice si concentra sui fatti e sui sentimenti veri e comuni, raccontando una storia sincera in cui molti si potrebbero identificare.
Soprattutto il finale mi è sembrato in linea con tutto il romanzo, non poteva finire diversamente avendo cominciato a conoscere Luna e Andrea, non avrebbero potuto reagire diversamente. E questo l'ha reso ancora più realistico.

martedì 6 dicembre 2016

NUDI E CRUDI di Alan Bennett

Questo post potrei intitolarlo "i miei martedì con Alan Bennett" visto che le recensioni dei suoi romanzi le posto sempre di martedì ultimamente. Ma non lo farò, perché con un titolo simile ho in mente una nuova rubrica per il blog, che partirà nel 2017, ma ve ne parlerò più avanti.
Ultimamente mi sono ritrovata a leggere alcune opere di Alan Bennett perché sono molto brevi e scorrevoli, le finisco in poco tempo e posso parlarvene subito. Non lasciatevi ingannare, però, dalla loro brevità e apparente leggerezza, perché all'interno si trovano molti spunti di riflessione su argomenti seri e importanti.


Trovarsi la casa svaligiata dai ladri è senza dubbio un evento sinistro. Ma se spariscono anche la moquette, il rotolo della carta igenica, il forno e l'arrosto al suo interno che attendeva lo scatto del timer, è palese che non può trattarsi di un semplice furto.
E le allibite vittime, un avvocato londinese agiato e pedante e la sua taciturna moglie, hanno tutto il diritto di pensare a una beffa del destino, o a una nuova formula di candid camera.
Travolti da una realtà truce ed idiota, l'avvocato e la sua spenta consorte si trovano ad affrontare un rompicapo di comica suspense, dal quale schizzano fuori colpi di scena turbinosi, mentre il lettore viene guidato verso un'esilarante catarsi di rara crudeltà.




In questo romanzo breve Alan Bennett ci racconta una situazione paradossale, incredibile da pensare e difficile da concepire, ma lo fa con la sua distintiva vena ironica e il tutto appare esilarante. Gli stessi protagonisti della storia all'inizio pensano a uno scherzo, di cattivo gusto forse, ma sembra proprio una burla.
Mr e Mrs Ransome raccontano questa terribile vicenda anche  agli amici e conoscenti. Purtroppo le persone non si dimostrano molto comprensive a riguardo e non fanno altro che raccontare, a loro volta, la personale esperienza di un furto in casa. Reazione abbastanza comprensibile perché anche la mente del lettore, già dalle prime pagine, in automatico comincia a pensare a furti subiti in prima persona, oppure quelli che gli hanno raccontato amici e parenti.

Per Mr Ransome questa esperienza sembra un grande, gigantesco  e fastidioso scherzo. La cosa sembra colpirlo molto all'inizio, ma quando tutto viene ritrovato e rimesso al suo posto, per lui torna tutto alla normalità, sembra quasi dimenticarsene, e la sua vita riprende la routine di sempre.
Invece per Mrs Ransome è tutto diverso. Il furto in casa e tutta la vicenda successiva hanno un forte impatto su di lei. Sarà una forte scossa emotiva, che la spingerà a mettere in discussione tutta la sua vita. Nell'arco di tutta la storia si renderà conto di molte cose riguardo suo marito, il matrimonio e soprattutto sé stessa.
L'impressione finale è quasi che la loro vita si basasse su quelle cose materiali che possedevano in casa. Una volta tolte queste cose dall'equazione, la loro intera esistenza sembra non riuscire a stare più in piedi, come se gli mancassero le fondamenta. E per Mrs Ransome è proprio come se le mancasse la terra sotto i piedi.

Rosmary Ransome è il personaggio che farà il cambiamento più grande tra i due coniugi.
Mentre per lui, chiuso sempre nel suo personale guscio al quale non permette l'accesso nemmeno a sua moglie, le cose peggioreranno e il suo stesso corpo diventerà un vero guscio sigillato dal quale non potrà mai più uscire. Al contrario la moglie avrà il suo riscatto. Sempre taciturna, remissiva e spenta, finalmente Rosmary si aprirà al mondo e a sé stessa (e anche al sesso), diventando più sicura, felice, loquace e interessante. Dopo aver taciuto per molto tempo, ora tocca a lei e, alla fine della storia, è un fiume in piena di parole, opinioni e pensieri.

C'è una cosa che Mrs Ransome sta cercando fin dall'inizio, prima non sapendo nemmeno bene cosa sia e poi riuscendo anche a darle un nome: empatia.
Vorrebbe più empatia da parte delle persone che la circondano, e se alla fine non riuscirà ad ottenerla, nemmeno da suo marito, l'obiettivo sarà comunque raggiunto perché la riceverà appieno dal lettore, che entrerà in sintonia con lei dopo aver letto la sua storia e la sua evoluzione. Anche il curioso e divertente "mistero" che sta alla base del furto in casa dei Ransame, alla fine scoperto solo Rosmary e il lettore (perché il marito rimarrà all'oscuro per sempre), li aiuterà a  legare ancora di più.
La rivelazione finale, devo ammettere, ha perfettamente senso ed è assolutamente plausibile e realistica, per quanto comica ed esilarante; ma non avrei mai immaginato quella conclusione e tutti i risvolti.

martedì 15 novembre 2016

LA SIGNORA NEL FURGONE di Alan Bennett

Poco più di un mese fa ho trascorso un weekend a Milano e grazie ai preziosi suggerimenti di Paola (che trovate nel blog elle con zero) ho scovato questa incredibile libreria che vende per lo più Adelphi a metà prezzo. Il motivo di questi prezzi così bassi è evidente: molti volumi sono rovinati o difettati; ma spulciando bene si possono trovare quelli più belli (o almeno rovinati in modo meno evidente).
E così ho fatto io, scovando quattro libri che desideravo da molto tempo e oggi vi parlo proprio di uno di questi.

Chi accetterebbe mai di ospitare per diciotto anni nel giardino di casa propria un'anziana barbona e il furgone debordante di rifiuti che ne costituisce il domicilio? Oltretutto Miss Shepherd non è una vecchina che suscita tenerezza: è grande e grossa, scontrosa, bislacca, poco incline alla gratitudine. Porta una sottana fatta di stracci per la polvere, occhiali da sole verdi e, a mo' di cappello, un cestino di paglia ottagonale. Si fa scarrozzare per la città su una sedia a rotelle ed emana un insopportabile fetore
Chi mai accetterebbe una così perturbante prossimità?
Forse solo Alan Bennett, che in questo libro permeato di sublime, sardonico pietas, e sostenuto da uno sguardo attento al più minimo particolare visivo e olfattivo, ci affida l'irresistibile diario di una lunga, incongrua convivenza.



Alan Bennett è una garanzia per me. Il suo umorismo molto inglese e le storie originali che riesce a scrivere sono una vera boccata d'aria fresca. In più sono sempre dei romanzi brevi e quindi molto veloci da leggere e si possono inserire tra la lettura di un tomo e l'altro per staccare un po'.
Anche questa sua piccola opera mi è piaciuta, ma non come le altre. Sarà stato il formato che, teoricamente doveva essere un diario, ma che in realtà risulta più una serie di annotazioni, in ordine cronologico, sulla convivenza tra lui e Miss Shepherd.
Anche il ritmo è strano: salta molto velocemente di anno in anno all'inizio, per poi rallentare sempre di più raccontando gli ultimi tre anni della vicenda, soffermandosi quasi mese dopo mese.
Invece di approfondire di più sul personaggio eccentrico dell'anziana signora, sembra concentrarsi prevalentemente su come si vesta (in modo molto particolare) e sull'igiene personale di quest'ultima (alquanto difficoltoso, visto che abita in un furgone).

La simpatica, irriverente e incredibilmente eccentrica "signora nel furgone" è una donna robusta e imponente che alla fine della storia è molto vicina agli ottant'anni. 
Veniamo a sapere qualcosa di più su di lei verso la fine del libro (che ha in tutto 78 pagine, quindi sto parlando delle ultime 10, nel poscritto del 1994) in cui cessa il resoconto in ordine cronologico e Bennett comincia delle riflessioni su chi era veramente Miss Shepherd e sul loro rapporto durato quasi vent'anni.
All'inizio sembra solo una pazza e il suo comportamento, come i suoi discorsi un po' sconclusionati, fanno sorridere il lettore. Ma terminato il libro, mi sono accorta di essermi affezionata a lei, come probabilmente lo era Alan Bennett dopo tutti quegli anni che la donna aveva trascorso nel suo giardino. Nonostante a volte fosse un po' troppo esigente, scontrosa, sopra le righe e non fosse certo una persona facile con cui convivere, sono sicura che lo scrittore alla fine le volesse bene.

Si comincia a essere comprensivi e a provare un certo tipo di rispetto per questa donna, che sicuramente ha alle spalle una vita difficile e probabilmente nemmeno lei sa bene come si sia trovata a fare la barbone. Ma questo non l'ha scoraggiata né indebolita, anzi, l'ha resa più forte e sicura di sé, di ciò che fa o dice, anche se tutti la considerano pazza.
Uno sguardo un po' superficiale, ma interessante su come viva l'altra faccia della medaglia. Quelle persone escluse, per un motivo o per un altro, dalla società. Quelle persone più deboli e sofferenti, dalle quali è più semplice distogliere lo sguardo quando si incontrano, piuttosto che guardarle negli occhi e vederle veramente. Persone che vivono ai margini di una società sempre più indifferente e frenetica, che a un tratto si perdono, o qualcosa si rompe dentro di loro, e si ritrovano a vivere anche ai margini della loro stessa vita.

Come già detto prima è veramente un libretto minuscolo, che volendo si legge in un paio d'ore. Ma la sua potenza sta nel fatto che una volta chiuso non sparisce, non lo riponi nella libreria e non ci pensi più. No. Continui a pensarci, a rifletterci sopra, a trovare nuove sfaccettature che subito non avevi visto. Questa è anche la bravura di Alan Bennett, che attraverso il suo umorismo, manda dei messaggi apparentemente leggeri, ma che poi pesano come macigni dentro il lettore più sensibile.
Alla fine realizzi che, attraverso quelle pochissime pagine, il carattere e la personalità di Miss Shepherd ha fatto breccia e avrà sempre un posto speciale nel tuo cuore.
E poi ha lo stesso cognome del bellissimo e affascinante dottor Derek Shepherd di Grey's Anatomy... Come non amarla solo per questo?!?!

martedì 25 ottobre 2016

IL TERRAZZINO DEI GERANI TIMIDI di Anna Marchesini

Questo romanzo l'avevo regalato circa cinque anni fa a mia madre, a cui era piaciuto molto. Molte volte mi aveva consigliato di leggerlo, ma io non mi ero mai convinta a farlo.
Anna Marchesini era un'attrice, comica, doppiatrice, scrittrice, imitatrice e regista teatrale di grandissimo talento; indimenticabile figura femminile del trio Marchesini/Solenghi/Lopez, che ha arricchito la mia infanzia di risate e divertimento. Impossibile dimenticare la loro parodia de "I Promessi Sposi", perché ancora oggi in casa mia si ripetono battute sentite in quel programma trasmesso dalla Rai nel lontano 1990.
A quasi tre mesi dalla sua scomparsa ho deciso di onorarla come scrittrice, un lato di lei che ancora non conoscevo, e ho preso finalmente in mano la sua prima opera: "Il terrazzino dei gerani timidi".

Per i bambini le esperienze sono tutte prime volte, che si tratti del frullo d'ali di una farfalla che trema tra le dita e poi ruzzola a terra senza vita, o del timore continuo che anche la mamma faccia come quella farfalla.
Attraverso le pagine del suo primo romanzo, Anna Marchesini racconta un'infanzia trascorsa ad affacciarsi sul mondo da un terrazzino che sovrasta il giardino incolto di una vecchia casa disabitata. Un luogo solitario, tutto per sé, con solo i piccioni e poche, sparute piante di gerani a farle compagnia mentre, giorno dopo giorno, la piccola Anna se ne sta seduta a sfogliare libri - diecimila! - e sogni, e osservazioni su ciò che le scorre sotto gli occhi: la gente del quartiere, le suore, il falegname con la gamba di legno, la famiglia. La vita di una provincia italiana degli anni Cinquanta.
Un mondo favoloso dove si ride e si piange e l'inconfondibile sguardo comico dell'attrice si incontra e si salda con una cognizione del dolore intensamente umana.

Di solito sono in difficoltà con libri che non mi raccontano una storia lineare, che non capisco dove vogliano andare a parare. E questo è stato il mio problema durante i primi capitoli di questo libro. Ma poi mi sono detta: "Non ti sta raccontando una storia in modo canonico, ma sta condividendo dei ricordi, quindi devi solo ascoltare." Così ho fatto, mi sono rilassata e ho smesso di analizzare, pensare, riflettere; ed è andata meglio, perché è stato come ascoltare un'amica che mi raccontava un po' della sua vita.
Dopo aver allietato e reso più divertente la mia infanzia, la Marchesini mi ha regalato parte della sua attraverso queste poche pagine ricche di emozioni.

Lo stile è accurato e raffinato, la proprietà di linguaggio di questa straordinaria donna non è da tutti e non risulta per nulla pretenziosa, forzata o un mero esercizio di stile. Alcune parole ricercate e non di uso comune, sparse per ogni pagina, non danno fastidio, non rendono la lettura difficoltosa, ma vanno a comporre una narrazione corposa, affascinante e ricca.
Anna Marchesini dona quella sua vena ironica che la contraddistingue, sottile e incredibilmente penetrante, ma lascia anche qualcos'altro tra le pagine: una sensazione di tristezza, che aleggia per tutto il corso della lettura.
Non ho capito se sia una "tristezza per i vecchi tempi andati", una sorta di nostalgia che affiora mentre ricorda la sua infanzia; oppure una tristezza tipica dell'autrice, una parte molto forte e dominante della sua personalità nonostante fosse un'attrice comica, il classico caso del "pagliaccio triste".

Da subito si capisce che Anna non era certo una bambina come le altre. Molto più matura per la sua età, con un'incredibile capacità di osservazione e di ragionamento tipici di una mente più adulta.
Questa bambina è in grado di perdersi in grandi e importanti riflessioni. Si sofferma su questioni fondamentali per la vita di chiunque: la famiglia, la religione, la vita, la morte, la solitudine e il dolore, in tutte le sue sfaccettature. Arrivando a conclusioni spiazzanti persino per un adulto, che la cambieranno per sempre.
Sicuramente molti ricordi, in quanto tali e per loro natura, vengono manipolati, smussati e visti attraverso gli occhi della persona adulta che li sta riportando su carta, con uno sguardo meno ingenuo di quello di una bambina. Ma le emozioni di cui si circondano e di cui si nutrono sembrano reali e vivide nel cuore e nella mente dell'autrice.

Attraverso particolari minuziosi Anna ci racconta una parte della sua infanzia, soprattutto quella che ruota intorno alla prima Comunione: il vestito, la pettinatura, il catechismo, gli incontri in chiesa, la festa e quello che ne consegue. Ma le pagine sono ricche anche di personaggi che appaiono curiosi agli occhi di una bambina, ma che si rivelano veri e dai tratti ben definiti.
Dal terrazzino di casa sua, tra quei gerani timidi come lei, la piccola Marchesini osserva la sua vita, quella della sua famiglia e delle persone che vede passare in strada. Lo spaccato della provincia di un'Italia che non esiste più, quella vita da quartiere o da piccolo borgo, in cui tutti si conoscono e si salutano, dove il pettegolezzo è all'ordine del giorno, e quando succede qualcosa di importante tutto il vicinato ne è a conoscenza e partecipe.

Il terrazzino dei gerani timidi è un romanzo di crescita, soprattutto interiore. Uno sguardo discreto a un momento di cambiamento, di transito, di passaggio per essere una persona più consapevole. Un cammino che la Marchesini di allora ha fatto guidata dalla curiosità, dalla risolutezza e da innumerevoli libri letti.
Non la ringrazierò mai abbastanza per aver condiviso con me questi importanti, profondi e privati ricordi, che cercherò di custodire gelosamente nel mio cuore.

martedì 26 aprile 2016

LA CASA SFITTA di Charles Dickens, Elizabeth Gaskell, Wilkie Collins e Adelaide Anne Procter

Questo breve romanzo l'ho comprato l'anno scorso al Salone Internazionale del Libro di Torino, dopo aver scoperto la bella e piccola casa editrice Jo March, che vi consiglio caldamente. Visto che a breve comincerà la nuova edizione del Salone (io sarò lì dal venerdì alla domenica), mi sembrava opportuno leggere quest'opera, prima di passare a trovare ancora le ragazze della Jo March e saccheggiare il loro stand.

All''anziana e rispettabile signora Sophonisba, trasferitasi temporaneamente a Londra su consiglio del suo medico, sembra un giorno di scorgere segni di vita all'interno della casa di fronte a quella dove alloggia, che dovrebbe invece essere vuota, perché disabitata da molti anni.
Il mistero fa cadere la donna in uno stato d'ansia consumante e per porne fine il fedele domestico Trottle e l'antico spasimante Jarber, in competizione tra loro per il cuore e la fiducia della signora, danno inizio a una serie di indagini private.
I due improvvisati "investigatori" vengono gradualmente a scoprire la storia della casa, o meglio le storie dei vari inquilini di essa
Quale mistero avvolge la casa sfitta che ossessiona la signora Sophonisba? Cosa si cela dietro le persiane scorticate e il fango che oscura i vetri? Mettetevi comodi: un regista d'eccezione come Charles Dickens ha scritturato i migliori autori sulla piazza per svelare, attraverso un intreccio impeccabile e una scrittura potente che lasciano semplicemente senza fiato, l'arcano della perturbante casa sfitta.

Molto interessante l'introduzione di Camilla Caporicci che vi suggerisco di leggere una volta terminato il romanzo, consiglio che vi da la stessa casa editrice, perché potrebbe anticiparvi alcuni particolari della trama. Attraverso l'introduzione si viene a conoscenza anche dei legami che uniscono i quattro scrittori: l'anello di congiunzione è Charles Dickens e il suo giornale, per il quale collaborano gli altri scrittori. Si scopre che Dickens provava un profondo affetto per la poetessa Adelaide Anne Proctor, che conosceva fin da quando lei era una bambina; il legame meno forte con Elizabeth Gaskell, per la quale però nutriva un profondo rispetto come scrittrice; e la lunga e solida amicizia con Wilkie Collins, suo protetto.

Una storia costruita da un potpourri di scrittori, alcune delle migliori penne dell'Ottocento (due donne e due uomini).
Si percepiscono i cambi di penna nei rispettivi punti del libro. Oltre naturalmente alle poesie di Adelaide Anne Procter (unica poetessa del quartetto), è evidente l'aspetto psicologico dei personaggi tipico di Elizabeth Gaskell e la tensione trasmessa dalle parole di Wilkie Collins, tutto diretto magistralmente da uno scrittore d'eccellenza come Charles Dickens.
Lo stile della narrazione cambia molto, da capitolo a capitolo, facendone un vero e proprio punto di forza del romanzo, ma non da fastidio e non intacca assolutamente il piacere di leggere questa simpatica e avvincente storia vittoriana.

La protagonista, la signora Sophonisba, è una donna sveglia e simpatica, caratterizzata da una certa ironia molto moderna e tagliente, che conquista subito il lettore.
La donna è ossessionata dal mistero che si cela dietro la casa sfitta, non riesce a darsi pace, è convinta che ci debba essere una spiegazione al fatto di non avere dirimpettai. Così il suo fidato domestico Trottle e l'amico di vecchia data Jarber, in realtà suo spasimante da tempo immemore, raccolgono informazioni sulla suddetta casa, per alleviare il tormento della stimata signora. Il racconto della storia della casa comincia con una ricca famiglia, proprietaria della dimora molti decenni prima, con un segreto importante tenuto nascosto per molto tempo; si passa poi alle vicende di un nano e alcuni fenomeni da baraccone che usano la casa come loro palcoscenico per un breve periodo; e poi alla storia di una donna che rinuncia all'amore per accudire il fratello morente e la sua giovane sposa, per poi subire un ulteriore sgambetto da parte della vita. Per arrivare, alla fine, alla scoperta degli "inquilini" attuali, madre e figlio, e a una rivelazione incredibile.

Il lieto fine è d'obbligo, e anche l'unica via possibile, in questo breve romanzo vittoriano, perché il burattinaio di questa scenetta è sempre Dickens e lui è il maestro nel terminare le sue storie al meglio, in cui la bontà di cuore di qualcuno compensa la crudeltà di qualcun altro, restituendo al mondo un suo equilibrio, insieme alla speranza di un futuro migliore (per farvi un esempio vi basti pensare al finale di "Canto di Natale").

martedì 22 marzo 2016

STUPORE E TREMORI di Amélie Nothomb

Ogni tanto mi piace leggere qualcosa di più leggero, che mi faccia anche ridere. Un romanzo veloce e ironico, che mi faccia trascorrere qualche ora spensierata e rilassante, senza impegnarmi troppo.
"Stupore e tremori" di Amélie Nothomb, consigliato da una mia cara amica, sembrava promettermi tutto questo, ma in realtà non è stato così divertente leggerlo.

Il racconto corrosivo e surreale di un anno di lavoro in una grande multinazionale giapponese, la Yumimoto (nome di fantasia):
la giovane neoassunta Amélie, felice di aver realizzato il sogno di lavorare nel paese in cui è nata, si trova alle prese con la ferocia degli automatismi della burocrazia aziendale nipponica.
Dapprima incerta di fronte agli insensati soprusi dei superiori, poi sempre più disincantata, quasi irridente nel proseguire la sua impresa, che si rivela una catartica discesa agli inferi dell'umiliazione. Un'esperienza di degrado assoluto vissuta con il sorriso beffardo di chi non riesce a sentire offesa la propria dignità.
E tra tutti gli spettatori della sua incredibile parabola, spicca la figura flessuosa e bellissima di Fubuki, sua supervisore, e donna estremamente competitiva e determinata.

Figlia di un ambasciatore belga, Amélie Nothomb trascorre la sua infanzia in Giappone per poi trasferirsi in Cina per ragioni diplomatiche. La famiglia si stabilisce a Bruxelles quando lei ha 17 anni e, una volta laureatasi in filologia classica, decide di tornare in Giappone e lavorare come traduttrice in una grande azienda di Tokyo.
Questo suo romanzo è, praticamente, la biografia romanzata del suo anno di lavoro nel paese del Sol Levante. Per tutti i suoi libri lei prende ispirazione dalla sua vita personale e quindi risultano tutti autobiografici.

Non aspettatevi il resoconto di una scalata al successo, perché non si tratta proprio di questo, ma è più una discesa verso gli inferi, una vera e propria caduta libera verso il gradini più bassi dell'occupazione. Amélie subisce una serie di scorrettezze, cattiverie, umiliazioni, lavori impossibili e mobbing da parte dei suoi superiori, che la porteranno a convincersi di essere una povera minorata mentale.
Almeno a me, non ha fatto proprio ridere, ma più che altro sorridere, perché in alcuni punti mi ha fatto molto innervosire vedere come veniva trattata da tutti.
Ad un certo punto lei dice che un occidentale si sarebbe licenziato subito per ciò che subiva, mentre un giapponese no, per lui sarebbe stato un disonore. Quindi lei decide di sopportare tutte queste angherie per non perdere la faccia di fronte a tutta l'azienda.
Un atteggiamento coraggioso e onorevole da parte sua, ma dove finisce l'onore e comincia l'amor proprio, il rispetto per sé stessi? Si è veramente disposti a sopportare un anno di "torture" e cattiverie per non perdere l'onore di fronte a persone che non si rivedranno mai più? Per conformarsi a una cultura diversa dalla propria, che non fa alcuno sforzo per far spazio a te e al tuo essere? Personalmente non so se sarei in grado di mandare giù tanti rospi, ma la Nothomb ci riesce egregiamente, prendendola con filosofia, ironia e un pizzico di determinazione.

Inevitabile il continuo paragone tra cultura occidentale e nipponica, soprattutto per quanto riguarda l'ambiente lavorativo e tutte quelle regole non scritte che lo gestiscono e caratterizzano. Spaventoso quanto le gerarchie contino all'interno dell'azienda giapponese e quanto la competizione sia feroce, spietata e soprattutto sleale. Amélie non riceve alcun sostegno o solidarietà da parte di nessuno. Per ogni cosa è lasciata a sé stessa, deve contare solo sulle sue forze e non può chiedere aiuto a nessuno (tanto non glielo darebbero lo stesso). I compiti che le vengono assegnati sono sempre più difficili, fino all'incredibile declassamento ad addetta alle pulizie dei bagni.

Oltre a qualche sorriso qui e là, sono dovuta arrivare a metà libro per incontrare qualcosa che mi facesse sorridere (non credo sia un'ironia che mi appartiene), si fa fatica a credere che sia autobiografico a causa delle incredibili vicende che accadono ad Amélie. Un'esperienza vera e stupefacente che ti fa pensare: "Io come avrei reagito? Con dignità e sottomissione come lei? O avrei mandato tutti a quel paese?".
Interessante il titolo perché richiama il modo in cui bisogna presentarsi di fronte all'imperatore del Giappone: con stupore e tremori. E Amélie Nothomb ne fa una filosofia di vita lungo tutta la narrazione.

martedì 1 marzo 2016

GUARDRAIL di Eva Clesis

Questo ebook mi è stato regalato dalla Las Vegas Edizioni per essermi iscritta alla loro Newsletter. Una casa editrice che si occupa principalmente di narrativa non di genere (i jackpot) e per giovani adulti (las cerezitas); in più ha una collana di libri a metà tra la narrativa e la varia (i jolly).
Ho conosciuto la Las Vegas Edizioni a Roma durante Più Libri Più Liberi e in quell'occasione avevo comprato due romanzi, "La penultima città" di Piero Calò e "Attraversami" di Christian Mascheroni, che non vedo l'ora di leggere. Ma per ora vi parlo di "Guardrail" di Eva Clesis, che fa parte dei jackpot, quindi della narrativa non di genere.


Alice ha sedici anni, è orfana, mezza inglese, vive in un paesino del Sud Italia e ha un piano. Quello di fuggire dalla dispotica nonna paterna, che utilizza il terrore come politica educativa; da un'amica snob e traditrice; da un amore senza speranza e dalla scuola che non le perdona i suoi problemi con la lingua italiana.
Con cinquecento euro in tasca, decide di fare l'autostop e scappare verso le sue origini, verso l'aeroporto per prendere il primo volo per Londra.
E qui inizia l'avventura on the road, a bordo di una macchina guidata da un tizio misterioso con gli occhiali da sole, che non la vuole accontentare, fino al rovesciamento della storia e persino dell'identità dei personaggi, con un colpo di scena che spiazza ed emoziona.


La protagonista si chiama Assunzione Maria Addolorata De Caro, ma non chiamatela così perché non vi risponderà. I suoi genitori, il giorno del suo settimo compleanno, l'hanno ribattezzata Alice, un po' per far prima e un po' in onore del suo libro preferito "Alice nel Paese delle Meraviglie".
La nostra Alice, in un certo senso, non ha in comune solo il nome con la giovane eroina di Lewis Carroll, ma anche lei vive in una sorta di Paese delle Meraviglie, abitato da personaggi strani, inquietanti e cattivi. Ad un certo punto sembra cadere anche lei nella tana del coniglio e ritrovarsi confusa e spaesata in un mondo che non comprende del tutto, in cui parlano una lingua che non è propriamente la sua e in cui nessuno la capisce.
Ma se per l'Alice di Carroll è tutto uno strano sogno, fatto all'ombra di un albero; per la nostra protagonista si tratta della vita vera. L'unico modo che trova per sopravvivere a questo strano mondo è l'aggressività e la violenza, mentre aspetta il momento giusto per scappare.

Superata di molto la metà, e partita l'avventura on the road di Alice, ormai cominciavo a pensare che per la protagonista sarebbe andato tutto bene, avrebbe smesso di soffrire e portato a termine i suoi piani; e invece sono rimasta spiazzata dal colpo di scena, che mi ha fatto pensare al peggio... e quando sembrava che tutto, alla fine, si sarebbe sistemato per il meglio, un altro colpo di scena inaspettato mi ha fatto temere ancora per il peggio... ma al peggio del peggio...
Nonostante non fosse per niente una storia piatta, grazie soprattutto al carattere esplosivo di Alice, sono state queste due sorprese a movimentare in modo incredibile tutta la vicenda. Le sensazioni di panico, agitazione e a tratti terrore, che provava la ragazza in quel momento, mi hanno accompagnato per qualche giorno finita la lettura.

Un romanzo veloce e scorrevole, scritto in un linguaggio molto ricco e ricercato, per nulla pretenzioso, ma piacevole da leggere e si capisce benissimo che l'autrice, Eva Clesis, ha un'ottima conoscenza della lingua italiana.
Il personaggio di Alice è ben delineato e, anche se si tratta di un romanzo breve, si riesce ad avere un quadro generale e preciso della situazione e della sua vita. Una vita caratterizzata da tanti "prima" e "dopo", alcuni più importanti di altri e sui quali si basa tutto il romanzo. Ad esempio il prima e il dopo la morte dei suoi genitori, o il prima e il dopo la sua amicizia con Angelica, oppure il prima e il dopo la sua fuga. Avvenimenti cruciali nel mondo di Alice, che portano rabbia, confusione e conseguenze che non sa gestire.
Il ritmo è incalzante, spinge il lettore a continuare la lettura, per poter scoprire cosa succede alla povera Alice. Alla sera, è stato difficile posarlo sul comodino, per spegnere la luce e dormire, l'avrei letto tutto d'un fiato.

venerdì 4 dicembre 2015

CALENDARIO DELL'AVVENTO LIBROSO #4

- 21 giorni a Natale

Natale è un periodo di festa, allegro e pieno di luci e colori. Un momento da passare in allegria con parenti e amici; in cui si mangia (anche troppo) e ci si sente più vicini agli altri. Ma nei momenti di solitudine, quelli passati sul divano di fronte a un film natalizio strappa lacrime e con una tazza di cioccolata fumante in mano, la nostalgia per le persone che non sono più con noi ci assale e ci rende un po' tristi. Credo sia normale, soprattutto sotto le feste, ripensare ai Natali passati, alle persone (familiari o amici) che purtroppo ci hanno lasciati.
Non lasciatevi sopraffare dallo sconforto e dalla tristezza, però. Questo è un ottimo momento per ricordarle con amore e gratitudine per quello che ci hanno lasciato: cioè dei ricordi felici e indelebili che ci accompagneranno per tutta la vita.

Il libro di oggi è:

"RICORDO DI NATALE" di Truman Capote


Provate a figurarvi la cucina di una vecchia casa di campagna. Una donna dai capelli bianchi è in piedi davanti alla finestra. E' piccola e vispa come una gallinella. "Perbacco - esclama - è tempo di panfrutto!".
La persona con cui sta parlando sono io. Ho sette anni, lei ha superato i sessanta. Siamo cugini e viviamo insieme da che ho memoria. Io e lei siamo amici per la pelle.
Mi chiama Buddy, in memoria di un suo amico del cuore, morto quando era ancora bambina.
E bambina è rimasta.






Mi affido al grande Truman Capote e vi consiglio questo breve romanzo.
Capote, bravo scrittore/giornalista/drammaturgo/sceneggiatore, con il suo stile secco, senza tanti fronzoli, realistico e diretto, ci accompagna attraverso i suoi ricordi, i più intimi, e ci racconta un Natale di quando era ancora un bambino, in compagnia della cara e speciale vecchia cugina.
Magari, attraverso le parole di questo autore, ci riuscirà più semplice ricordare con affetto i nostri Natali passati e tutte le persone che vi hanno preso parte.

Vi ricordo che potete seguirmi anche su Calendario dell'Avvento Libroso, l'evento su Facebook appositamente creato per l'occasione, e potete usare l'hashtag #CalendariodellAvventoLibroso anche su Twitter.

mercoledì 4 febbraio 2015

GLI OCCHIALI D'ORO di Giorgio Bassani

Torno a parlavi dei libri letti durante il Giro d'Italia Letterario (concluso a fine 2014).
La regione protagonista questa volta è l'Emilia - Romagna con il famoso scrittore Giorgio Bassani e il suo "Gli occhiali d'oro" e anticipo già che mi è piaciuto molto.

In una Ferrara ricca, affascinante, ma oppressa dal fascismo, un giovane studente ebreo, voce narrante del romanzo, incrocia il suo destino con quello di Athos Fadigati, un maturo medico di chiara fama.
L'amicizia che nasce tra i due farà scoprire al ragazzo che dietro tutta la cultura e la raffinatezza del dottor Fadigati si cela un abisso di solitudine dovuto alla sua presunta omosessualità. Un peccato che l'Italia da allora non contemplava fra quelli che potevano essere redenti...
E gli occhiali d'oro dello stimato professionista diventano il simbolo di una diversità sempre meno tollerata, così come l'appartenenza all'ebraismo del narratore, una diversità che non potrà che andare incontro a una catarsi tragica.




Giorgio Bassani è sicuramente più conosciuto per "Il giardino dei Finzi-Contini", romanzo che devo assolutamente recuperare perché lo stile di questo scrittore mi piace particolarmente, ma anche "Gli occhiali d'oro" è un breve romanzo degno di nota.
Tra il 1956 e 1972 l'autore, oltre ai sopracitati, scrisse altri quattro libri: "Cinque storie ferraresi", "Dietro la porta". "L'airone" e "L'odore del fieno". Insieme, questi sei romanzi creano il ciclo de il romanzo di Ferrara.

Lo stile di Bassani è chiaro, semplice e diretto. La storia è interessante e scorrevole. Anche se sono poche pagine, tutto sembra svolgersi lentamente. Ricco di particolari e descrizioni, è un piacere leggerlo e nonostante sia breve, risulta molto completo. Grazie a tutti questi elementi, incastrati perfettamente, l'ho praticamente divorato in poco tempo.

Una volta terminato, mi è rimasto un dubbio non spiegato dall'autore (ma forse era questo il suo intento): personalmente ho dedotto che il narratore fosse omosessuale, come il dottor Fadigati. Bassani non lo dice mai esplicitamente, ma ci sono delle parti, dei piccoli particolari che inducono il lettore a crederlo.
Stupefacente come venga trattato il tema dell'omosessualità, in un modo così diretto e semplice, in un periodo in cui non solo non se ne poteva parlare, ma nemmeno pensarci.
Proprio per l'argomento trattato, il romanzo è intriso di solitudine e sofferenza. Un connubio che porta inevitabilmente a un finale drammatico e triste.

"Gli occhiali d'oro" è il quarto libro, letto per il Giro d'Italia Letterario, in cui si parla della Seconda Guerra Mondiale e del periodo fascista in Italia, anche gli altri tre romanzi ne facevano riferimento in un modo o nell'altro. Argomento sicuramente interessante e su cui si potrebbero scrivere migliaia di libri, mi fa sempre piacere leggere romanzi di questo genere, ma quattro di fila sono stati un po' troppi.

Ribadisco che mi è piaciuto molto. Non amo particolarmente i romanzi brevi, perché mi sembra sempre che mi lascino sul più bello, ma questo è decisamente completo e non necessita di pagine in più.
Purtroppo ho fatto una recensione più corta del solito, perché non ho molto altro da dire se non: leggetelo perché merita!!

venerdì 9 gennaio 2015

CRONACHE DAL GRUPPO DI LETTURA #4

Questa non è la classica recensione del Gruppo di Lettura, quella divisa in tappe e con tutti i commenti dei partecipanti che ho riportato le volte scorse. Perché noi del GDL scratch-made siamo un gruppo fuori dal comune, caotico (qualcuno più di altri) e ci piace cambiare le regole in corsa. Questa volta dovevamo "sanare la nostra vergogna", cioè recuperare quell'autore che avremmo sempre voluto leggere, ma che per un motivo o per l'altro non l'abbiamo mai fatto. Così ognuno di noi ha dovuto scegliere il suo scrittore/vergogna, io ho optato per John Steinbeck e ho vergognosamente letto Uomini e topi.



Un libro pensato per un pubblico che non sapeva né leggere né scrivere (i braccianti della California). "Uomini e topi" è un breve romanzo, ricco di dialoghi, che, nelle intenzioni di Steinbeck, avrebbe dovuto essere in seguito adattato per il teatro e per il cinema, come difatti avvenne.
I protagonisti sono due lavoratori stagionali: George Milton, un uomo sveglio, buono e determinato; e l'inseparabile Lennie Little, un gigante con il cuore e la mente di un bambino. Purtroppo, il destino e la malizia degli uomini sospingono quest'ultimo verso una fine straziante.
Il ritratto di un'America stretta dalla sua peggiore crisi economica nella drammatica rappresentazione di un maestro.




Ad essere sincera non ho molto da dire su questo romanzo, forse sto ancora marinando le idee; forse perché è un libro molto breve (meno di 100 pagine) ed io, invece, preferisco libri molto più lunghi, quelli che ti sfiniscono da quante pagine hanno, ma che mi sembra mi diano più informazioni sulla storia e i personaggi, proprio perché hanno un numero sufficiente di pagine per spiegarsi fino in fondo.
Comunque, "Uomini e topi" è all'interno della lista dei 100 libri da leggere secondo la BBC, e visto che prima o poi li leggerò tutti (magari salterò quello di "Winnie the Pooh", che non ho ancora ben capito casa ci faccia lì in mezzo), ho colto la palla al balzo e mi sono lasciata trasportare nell'America degli anni 30, messa in ginocchio dalla crisi economica, in compagnia di George e del tenero Lennie.

I personaggi sono ben delineati, si capisce subito chi sono i buoni e chi i cattivi della storia, e purtroppo non sempre i buoni ottengono ciò che vogliono. Mi piacciono i romanzi che in un certo modo finiscono male, quelli senza lieto fine che, diciamolo, dopo un po' infastidisce; perché la vita non è sempre giusta, il bene non vince sempre sul male e libri come "Uomini e topi" ti aiutano a ricordarlo.
Sin dall'inizio si ha la sensazione che non sia una storia che va a finire bene, si intuisce molto presto che succederà qualcosa che farà precipitare la situazione.

Essendo breve e scritto in un modo molto semplice, visto il pubblico a cui era rivolto, si legge in fretta. L'ho trovato scorrevole per gran parte della storia, per poi rallentare notevolmente verso la fine. Questo rallentamento Steinbeck lo usa come specchio dello stato d'animo di George alla fine del libro. Tutto attorno a lui, dall'ambiente ai personaggi, si adatta al suo ritmo più lento e riflessivo, e questo viene trasmesso da ogni parola ponderata, ogni silenzio descritto e da ogni gesto cauto e appena accennato.
Grazie al cambio di ritmo è possibile comprendere che per George non è stato per nulla facile prendere quella decisione alla fine del libro, ma purtroppo non aveva scelta.

Non sicuramente uno dei miei libri preferiti, ma mi è piaciuto e probabilmente deve essere letto più di una volta. Una cosa è sicura: mi ha lasciato addosso una grande tristezza che ancora ora mi accompagna.

Vi lascio i link alle recensioni degli altri partecipanti al GDL, così potete andare a spiare le loro vergogne:
- Scratchbook con Mattatoio n. 5 di Kurt Vonnegut
- La Leggivendola con La strada di Cormac McCarthy
- Le mele del silenzio con Il professore di desiderio di Philip Roth
- Letture sconclusionate con Alla fine John muore di David Wong

martedì 21 gennaio 2014

LA PAGA DEL SABATO di Beppe Fenoglio

Io leggo pochissima letteratura italiana e per rimediare a questa mia mancanza e rinfoltire la mia libreria, carente di autori italiani, ho deciso di partecipare alla bellissima iniziativa Giro d'Italia letterario proposta da Se una notte d'Inverno un lettore. Venti romanzi, di venti autori diversi, ambientati nelle venti regioni italiane.
Un'impresa che comincia dal Piemonte, terra di Beppe Fenoglio e ambientazione del suo "La paga del sabato".

Ettore, partigiano durante la Seconda Guerra Mondiale, è il tipico disadattato che dopo la guerra è tornato a casa scontroso e insofferente. Proprio non riesce a inserirsi nella normale routine, la vita gli va un po' stretta, quello che ha visto e vissuto durante il conflitto mondiale l'ha cambiato per sempre e per questo è confuso e perso riguardo al suo futuro. Decide di mettersi in affari poco puliti, ma molto redditizi, con l'amico Bianco; consapevole del fatto che non potrà farlo per sempre, intanto pensa a quale potrebbe essere il suo posto nel mondo. Costretto a mettere su famiglia, con la fidanzata Vanda,  decide finalmente di mettersi in proprio con un lavoro onesto, ma uno stupido incidente volge l'epilogo in tragedia.
Questa è stata la mia prima esperienza con Fenoglio e devo dire che è andata abbastanza bene. Subito sono rimasta un po' spiazzata per la scrittura arcaica, che a volte risulta quasi scorretta e forzata, non ero preparata. Lo stile dell'autore è semplice ed essenziale, con molti dialoghi, ma spoglio di quelle descrizioni della psicologia dei personaggi che tanto mi piacciono. Fenoglio non spiega mai il motivo di determinati atteggiamenti e comportamenti, la psiche del protagonista (e anche quella degli altri personaggi) non viene espressa durante la narrazione, lasciando molte cose sottintese.
Il romanzo è breve, le pagine sono poche e scorrono molto velocemente tra le dita. Insomma, si può tranquillamente leggerlo tutto d'un fiato.

Mi ha infastidito non poco il modo in cui Ettore (il protagonista) tratta sua madre e la sua fidanzata Vanda. Così brutale e poco rispettoso, ma è anche il suo modo di esprimere l'immenso amore che prova per entrambe. Allo stesso tempo è lo specchio di quel periodo, l'espressione della poca considerazione che veniva data alle donne. A volte sembrano un po' delle cattiverie gratuite verso delle persone indifese e fragili, anche se a un certo punto (quando Ettore deve sposarsi) sua madre si rivela veramente una donna superficiale e venale. Un momento che mi ha deluso e infastidito quasi quanto il comportamento di Ettore.

Ho passato in tensione gran parte della lettura, aspettandomi da un momento all'altro la morte di Ettore. Magari una pallottola in testa da uno che voleva vendicarsi, oppure una coltellata dal socio in affari, Bianco (o anche una padellata in testa da parte della madre, stufa di essere trattata male...). Ma, invece, nulla di tutto questo. Ettore muore in un modo così banale e stupido, per colpa del personaggio più stupido e meno considerato di tutta la storia. Un finale tragico proprio nel momento in cui Ettore si sta risollevando e sta cambiando in meglio la sua vita.

La sofferenza di Ettore potrebbe essere un argomento tutt'ora molto attuale. Egli, tornato dalla guerra, ha visto e vissuto situazioni terribili che l'hanno cambiato per sempre. Non riesce ad adattarsi alla quotidianità del mondo che prima conosceva ed era così familiare. La sua mente è cambiata. Questa situazione potrebbero viverla molti ragazzi, ai giorni nostri, che tornano a casa dopo aver affrontato un conflitto in qualche parte del mondo (ad esempio in Afghanistan o in Iraq). Perché di una cosa sono sicura: la guerra ti cambia in modo irreversibile e non si può più essere la stessa persona di quando si è partiti.

VOTO: 7/10

mercoledì 4 dicembre 2013

STORIA DI UNA CAPINERA di Giovanni Verga

Sì, è un altro libro della collana Live della Newton Compton. Vi avviso che li ho comprati tutti e 36 (per ora sono solo 36, ma potrebbero crescere di numero) e quindi, uno alla volta, con molta calma (causa altre letture arretrate) li leggerò tutti e ne parlerò qui nel blog.
Questo di Verga ho deciso di leggerlo dopo averlo visto nel piccolo e "appena nato" blog di Berenice,  Il diario segreto di una lettrice (andate a trovarla!!!)

Maria, giovane educanda di un monastero, a causa di un'epidemia di colera, è costretta a passare un breve periodo in campagna con il padre, la nuova moglie di lui e la figlia. La ragazza in realtà non ha la vocazione, è stata costretta dal padre alla vita del convento e sa che lì dovrà tornare a breve. Durante il soggiorno scrive delle lettere all'amica Marianna, anch'ella novizia, ma con un destino diverso dalla protagonista. In queste lettere Maria descrive l'affetto provato nei confronti della sua famiglia (anche se non ricambiato), tutta la felicità e la gioia del tempo trascorso fuori dal convento e la libertà di poter vivere veramente la sua giovinezza. Grazie a questo periodo la giovane novizia scopre nuovi orizzonti, affronta turbamenti tipici della sua età, ma soprattutto conosce l'amore. Un amore osteggiato da tutti e destinato a non crescere a causa del destino, già scritto, di Maria. Ma una volta scoperto questo forte sentimento, per la giovane suora sarà difficile reprimerlo e nasconderlo nel fondo del suo cuore, quando invece vorrebbe gridarlo al modo e scappare con il giovane amante. La sofferenza, per questa lotta interiore, sarà così grande che Maria si ammalerà di frequente, rischiando la morte.
 
Sul retro della copertina ho letto che è tratto da un'esperienza autobiografica e Wikipedia mi ha illuminato sul giovane amore di Verga per la novizia Rosalia.
Mi piacciono i romanzi epistolari, ma avrei preferito che ci fossero anche le lettere di risposta spedite dall'amica Marianna. Invece si può leggere solo il punto di vista, sull'intera situazione, di Maria; mentre sarebbe stato bello leggere anche i consigli e le riflessioni dell'amica.
Sono trascorsi quasi 150 anni dalla pubblicazione, ma questo è un libro che non sente molto il tempo che passa, al contrario di altre opere. Sarà dovuto al fatto che tratta un argomento universale, sempre attuale, e quindi immortale come l'amore. In particolare quell'amore impossibile, struggente, che logora il corpo e l'anima.
I turbamenti di Maria sono quelli tipici di un adolescente, o di una giovane donna. Si trova alle prese con il suo primo, e unico, amore e si può notare come certi sentimenti non invecchiano e quindi non sono molto cambiati dal 1869 ad oggi.
 
La prima parte del libro è estremamente allegra e veloce, viene trasmessa tutta la gioia e l'eccitazione che Maria prova nel vivere fuori dal convento; la descrizione è talmente euforica che anche il ritmo di lettura ne viene contagiato e si legge molto velocemente.
Nel momento in cui la protagonista incontra il ragazzo di cui si innamora, e quindi cominciano i problemi, anche il ritmo della scrittura cambia: diventa più calmo, riflessivo e molto sofferente (a causa della sofferenza di Maria). Di conseguenza cambia anche la lettura, che rallenta notevolmente rispetto alla prima parte.
 
La povera novizia è inconsolabile. Il ragazzo che ama la ama a sua volta, ma l'amore non basta e la loro storia è destinata a non cominciare mai, a non prendere mai il volo e questo logora completamente Maria. La povera ragazza, già cagionevole di salute come la madre, cadrà in una spirale di sofferenza e malattia che la distruggeranno nel corpo e nello spirito. Anche quando torna in convento le è impossibile darsi pace e a dimenticare ciò che è successo. Continuerà a sprofondare nel delirio della malattia, fino al tragico epilogo.
L'amore dal suo punto di vista, sebbene puro e innocente, è visto come un peccato. Lei, destinata ad una vita di castità e a sposare solo la sua fede, non può innamorarsi di un ragazzo. L'ho trovato molto triste: Maria, come essere umano, è soggetta all'amore come tutti noi; ma invece viene obbligata a rinunciare alla felicità per compiere un destino che le è stato imposto e al quale non può dire di no. Credo che le cose siano cambiate molto da allora, e ringrazio di poter vivere in un epoca in cui è permesso cambiare idea, essere gli artefici del proprio destino e decidere del proprio futuro.
 
L'analogia con la capinera è azzeccata (in una breve prefazione dell'autore, all'inizio del romanzo, viene spiegato anche il motivo per cui ha scelto questo titolo). La giovane protagonista è proprio come l'uccellino: costretta, per volere altrui, a rimanere rinchiusa in una gabbia (sia fisica che emotiva), dalle cui sbarre può vedere il mondo che la circonda, può sentire la felicità di tutti, ma deve nascondere la sua tristezza e la sua sofferenza. Il canto della capinera è piacevole da ascoltare, ma se cantasse per esprimere la sua tristezza?
 
VOTO: 6,5/10

venerdì 9 agosto 2013

VIMINI di Donato Cutolo

Quando si parla di libri non ho un genere preferito, leggo un po' di tutto e quando devo scegliere un nuovo libro da iniziare, mi lascio trasportare dalle emozioni del momento. Mi piace molto seguire i consigli letterari di amici/parenti/conoscenti, perché a volte mi portano a scoprire piccole perle che forse da sola non avrei mai trovato.
In questo caso, ringrazio Sara per avermi proposto il secondo romanzo breve di Donato Cutolo, accompagnato da una colonna sonora originale.
 
I genitori, la famiglia, il luogo delle origini e la sua gente sono l'imprinting primario della nostra vita, e ne segnano il corso nel bene come nel male. Vimini Mart è una adolescente dalla vita difficile, che dopo tre anni in Francia torna in Italia, a San Timo, il paese dov'è nata e cresciuta, dove suo padre Pierre, ricco vignaiolo d'oltralpe, conobbe e sposò sua madre Lara, ragazza debole e perduta tra miseria e sogni di grandezza. Vimini tenta di riannodare i fili di una vita che, dalla morte di nonna Cecilia, non è né sarà più la stessa. Ritrova Sacco, il vicino di casa ch'è come un fratello maggiore, e Remo, il compagno di giochi con cui ha scoperto i miracoli della natura e il magico, e tragico, potere divinatorio degli arcobaleni, solari e lunari. Potere al quale, purtroppo, pare proprio impossibile sfuggire.



Questa storia mi ha incuriosito subito per due motivi: il primo sono gli arcobaleni. Fin da bambina sono sempre rimasta affascinata da questo fenomeno atmosferico; quegli splendidi colori brillanti, sempre nello stesso ordina e più o meno nitidi nel cielo, mi trasmettevano allegria dopo un temporale estivo e anche un pizzico di magia. All'inizio del libro viene data una spiegazione di come si formino e in più c'è un accenno anche ad un fenomeno ancora più raro, quasi poetico, l'arcobaleno lunare.
Il secondo motivo è la colonna sonora. Non avevo mai letto un libro accompagnato da della musica studiata e creata apporta per lui. Ad ogni capitolo della storia corrisponde una traccia musicale.
 
Dopo un inizio un po' lento, e a mio parere un po' confuso, si snoda un'interessante romanzo che parla di ricordi dell'infanzia, così potenti da condizionare tutta la vita; di amicizia, quella vera che cresce nel tempo; dell'amore che ne consegue e fin dove questo sentimento può spingerti.
La protagonista Vimini, ragazza tormentata dal passato e con un pessimo rapporto con la madre, è un personaggio con molte sfaccettature, ma viene delineato bene dall'autore, rendendolo interessante e coinvolgente. Lungo tutta la storia i suoi ricordi sono talmente nitido e le sue emozioni e sensazioni così ben percepibili, che al lettore sembra di rivivere i ricordi della ragazza in prima persona e di provare ciò che prova lei. Anche il personaggio di Lara, la madre, è vivido e incisivo, a volte talmente tanto da togliere lucentezza e spazio alla figlia, ma fondamentale per lo svolgersi del racconto.

Il libro si acquista con allegato un CD che contiene la colonna sonora originale composta ed eseguita da Fausto Mesolella, chitarrista degli Avion Travel, e i cui "passaggi elettronici" sono firmati dall'autore stesso, Donato Cutolo. Questo mi ha incuriosito ancora di più nei confronti del romanzo.
Mai avevo letto un libro con accompagnamento musicale. Sette capitoli, sette canzoni intitolate con i sette colori dell'arcobaleno (rosso, arancio, giallo, verde, azzurro, indaco e viola), io l'ho trovato estremamente poetico. Ascoltare la musica mi ha aiutato ad immergermi ancora più profondamente nella storia e nelle vicende di Vimini. Per me si è trattata di un'esperienza nuova di lettura e molto coinvolgente.

Mi piace e affascina come tutto ruoti attorno a quel fenomeno ottico e meteorologico che è l'arcobaleno, sia solare che lunare. Quando la luce del sole attraversa le gocce d'acqua rimaste in sospeso dopo un temporale, essa produce uno spettro di luce nel celo, fonte di molte credenze formulate in migliaia di anni di storia dell'umanità (come ad esempio: la pentola piena d'oro nascosta alla fine dell'arcobaleno). Molto più raro, meno conosciuto e, secondo questo romanzo, portatore di tragedie è l'arcobaleno lunare, o notturno, che può essere visto nelle notti di forte luce lunare.

Poche semplici pagine compongono questo libro, racchiudono il racconto della vita di una ragazza come tante, con i suoi problemi e i suoi sogni, i suoi amici sempre vicini e la sua famiglia un po' particolare;  ma ciò che traspare veramente dalle pagine e in ogni riga, è una storia potente, incisiva, crudele, che lascia spiazzati, ma allo stesso tempo risulta poetica e nostalgica.

VOTO: 7,5/10

mercoledì 12 giugno 2013

IL BALLO di Irène Némirovsky

Ho letto questo libro qualche mese fa, ma ho voluto aspettare perché a caldo non avevo molto da dire. Quindi ho deciso di lasciar decantare un po' le idee e le impressioni su questa opera. Non so se sia stata una buona idea, perché mentre scrivo mi rendo conto di non sapere con certezza cosa voglio dire, tranne che mi è piaciuto; ma non può essere tutto qui, vero?
 
Grazie a un geniale colpo fatto in Borsa, Alfred Kampf è riuscito a procurare la ricchezza che la moglie desiderava da tutta la vita. Dopo due anni, la signora Kampf è pronta e determinata a organizzare un ballo, invitando le personalità più importanti e influenti della società parigina, per ostentare la propria ricchezza e poter finalmente far parte, a pieno titolo, della nobiltà a cui aspira. Per questo, il ballo diventa molto più importante per la madre che per la figlia quattordicenne Antoinette, che con questa serata potrà fare il suo ingresso  in società; ma viene lasciata fuori da tutti i preparativi e, inoltre, la madre le proibisce di partecipare al ballo in questione. Dopo alcune riflessioni e dubbi, la ragazza attuerà la propria vendetta nei confronti dell'arrogante madre.
 
Lo stile dell'autrice è semplice e diretto, in poche pagine la storia scorre fluida, dando un immagine chiara dei personaggi e dei loro caratteri. La simpatia per la povera Antoinette è quasi immediata, come lo è l'antipatia per la madre. Una donna arrogante e arrivista come poche, condizionata dalla sua frustrazione e dall'invidia verso la figlia. Il padre, invece, è una figura quasi inesistente e insignificante. Personaggi che comunque danno colore a questa storia un po' semplice, ma interessante.
Questo romanzo breve mi è piaciuto, ma ha suscitato in me  poche riflessioni e pensieri; nel leggerlo non mi sono mai fermata per prendere degli appunti, su ciò che avrei voluto scrivere su questa recensione (cosa che faccio costantemente con gli altri libri che leggo).
Resta comunque un libro che vi consiglio di leggere, magari in un pomeriggio in cui non sapete cosa fare o cosa leggere, così potrete passare qualche ora in compagnia di una storia simpatica e poco impegnativa.
 
A causa della scarsa quantità di opinioni su questo libro da parte mia, vorrei parlare un po' della collana LIVE della Newton Compton (di cui fa parte "Il ballo" come potete notare dalla foto qui sopra).
Ne ho sentite un po' di tutti i colori a riguardo, chi si schiera a favore di questa collana e chi no. Io faccio decisamente parte del primo schieramento. A me piacciono questi libricini e, a prova di questo, vi confesso che li ho comprati tutti. Che poi li legga tutti e 24 (numero che aumenterà non appena verranno pubblicati anche gli altri della collana) è un altro discorso, perché come ha detto mia madre: "in mezzo ci sono anche libri che, probabilmente, non avresti mai comprato in vita tua". E ha ragione, ma a causa del mio essere leggermente ossessiva-compulsiva, ora voglio tutta la collana completa!!!
 
Parliamo del prezzo: 0,99 Euro l'uno è veramente poco. Basti pensare che al prezzo di un normale romanzo se ne hanno 12 da leggere. Nulla di nuovo visto che la stessa Newton Compton, qualche decennio fa, aveva pubblicato i "100 pagine 1000 lire", con grande successo anche allora.
La collana comprende autori importanti come Oscar Wilde, Virginia Woolf, Kafka, Pirandello, Goethe, Shakespeare, Poe, Dostoevskij, Fitzgerald, solo per citarne qualcuno, senza parlare di Jane Austen (la cui recensione di "Lady Susan" la trovate QUI). Naturalmente, in mezzo a questi grandi scrittori troverete anche qualche esordiente e qualcuno di cui non vi interessa niente, ma vabbè.
Se vi interessa vi lascio la lista dei 24 live pubblicati fin'ora.
 
Non parlerò delle traduzioni di questi libricini, perché è un argomento di cui non mi intendo per niente, ma ho sentito che molta gente si è lamentata. Se siete tra questi, mi spiegate il perché?
Per quanto riguarda la rilegatura bisogna tener conto che sono, ovviamente, delle edizioni economiche e non hanno una copertina rigida ed elegantemente rilegata; in più sono stampati su carta riciclata e per me, questo, è un lato positivo.
Non sono una che strapazza i libri, anzi, li tratto molto bene, ma ho potuto constatare che sono sopravvissuti egregiamente alle mani poco "rispettose" di mia madre (lettrice abituata a piegare pagine e ad addormentarsi sopra i libri).
 
E voi cosa ne pensate di questa collana, vi piace? Quanti e quali libri avete comprato?
Scusate il blabbericcio poco inerente a "Il ballo" di Irène Némirovsky, ma avevo veramente poco da dire a riguardo.
Aspetto i vostri commenti sull'argomento, che mi fanno sempre molto piacere.
 
VOTO: 7,5/10

giovedì 30 maggio 2013

LADY SUSAN di Jane Austen

Non mi è mai piaciuta l'idea che ci siano dei "libri della mutua", quei libri che tutti dovrebbero leggere almeno una volta nella vita. Il sottotitolo di questo blog è "leggi secondo il tuo capriccio" e sono convinta che tutti dovrebbero leggere quello che preferiscono, senza dare troppo credito a quelle liste dove vengono elencati i libri che dovresti leggere assolutamente prima di morire.
Tutto questo preambolo per dire, invece, che TUTTI nel mondo, almeno una volta nella vita, dovrebbero leggere i romanzi di Jane Austen!!!!
Lo so, mi contraddico, ma per la Austen questo ed altro.

Breve e frizzante romanzo epistolare, la cui protagonista, Lady Susan, è una donna energica, intelligente e senza scrupoli, che si diverte a giocare con i sentimenti degli uomini. Impegnata a realizzare un matrimonio di convenienza per sua figlia, anche se quest'ultima non ha nessuna intenzione di sposarsi. I pettegolezzi, le cattiverie e le ferree regole e convenzioni dell'universo piccolo-borghese non riusciranno a scoraggiarla e in un modo o nell'altro riuscirà a ottenere ciò che vuole.
Ho letto tutti i romanzi della Austen, i miei preferiti sono "Persuasione" e "Orgoglio e pregiudizio", adoro il suo modo di scrivere, impregnato di allegria e spontaneità, e le sue storie, scritte più di duecento anni fa, sono ancora attuali e divertenti da leggere. Quindi è stato bello ritrovarsi di nuovo, grazie a questo libro, nelle affollate città di provincia dell'Inghilterra di fine '700 e ascoltare le chiacchiere nei salotti della piccola-borghesia. Questa piccola opera (sono poco più 100 pagine e si leggono tutte d'un fiato), grazie ai particolari, come l'ironia e la sagacia, che caratterizzano lo stile dell'autrice, ti fa immergere immediatamente nel meraviglioso mondo di Zia Austen.
 
Oltre alle cose che accomunano tutti i romanzi austeniani, qui ci sono alcune differenze secondo me significative. Prima fra tutte: questo è un breve romanzo epistolare. Jane Austen inserisce sempre delle lettere nelle sue storie, soprattutto perché rispecchiano il modo in cui comunicavano all'epoca, l'unico mezzo era la corrispondenza; ma questo libro è una raccolta di sole lettere, non ci sono descrizioni né dialoghi, ed è il primo e unico romanzo che l'autrice ha strutturato così.
Seconda differenza è la protagonista. Mentre nelle altre storie si parla di giovani ragazze in età da marito che vengono guidate (spinte) verso il matrimonio dalle loro madri, o chi per esse; qui la storia si capovolge e per la prima volta vediamo il punto di vista di una madre, intravedendo appena tra le pagine la figlia adolescente.
 
Inoltre, la Austen ci ha abituati a personaggi buoni, di sani principi, con cui si può empatizzare; ma qui cambia le carte in tavola e ci presenta una protagonista odiosa: Lady Susan è sicuramente intelligente e audace come poche, ma è anche sfrontata, falsa e fastidiosamente civettuola. Fin dalle prime pagine è impossibile per il lettore simpatizzare per lei e sperare che i suoi piani si realizzino. Per questi motivi, a prima vista, non sembra nemmeno scritto dalla Austen; ma poi l'ironia della storia ti travolge, ritrovandoti ad apprezzare un bel romanzo scritto da una delle più grandi scrittrici inglesi di tutti i tempi.
 
È la corrispondenza, composta da 41 lettere, tra Lady Susan e Mrs Johnson (sua migliore amica) e tra Mrs Vernon (cognata della protagonista) e la madre Lady De Courcy, con qualche lettera di risposta delle due donne e la piccola intromissione di Mr De Courcy.
Nonostante in questo romanzo a più voci si abbia solo il personale punto di vista di quattro/cinque persone, ognuno con il suo modo di interpretare le cose che succedono, tutto è chiaro e scorre bene, senza confusione o intoppi. Si ha la sensazione di conoscere  molto bene le ambientazioni e tutti i personaggi, anche quelli che vengono solo nominati nelle lettere.
 
Ora vi lascio con una citazione da "Il club di Jane Austen", simpatico film in cui si legge e si parla molto della Austen. È  una frase che a me piace molto e che racchiude in se una piccola verità per tutte noi amanti delle eroine austeniane e si adatta bene a questo libro.
"Non va mai sottovalutato il potenziale di una lettera ben scritta." (cit. Bernadette)

 
VOTO: 8/10