Visualizzazione post con etichetta Saga/Trilogia. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Saga/Trilogia. Mostra tutti i post

mercoledì 24 febbraio 2016

ALLEGIANT di Veronica Roth

E' ora di fare il punto della situazione, tirare le fila della storia, perché siamo alla fine della trilogia di Veronica Roth. Dopo Divergent e Insurgent, ora è il momento di Allegiant. E poi abbiamo finito, ve lo prometto, perché non leggerò "Four", mi rifiuto (e probabilmente capirete il perché leggendo la recensione).
Questa volta non mi tratterrò dal fare spoiler, perché ho alcuni sassolini nella scarpa che mi devo togliere ad ogni costo. Quindi lettore avvisato, mezzo salvato.
Il film di Allegiant non è ancora uscito nelle sale (9 marzo 2016) e quindi non potrò fare un confronto tra pellicola e romanzo, ma qualcosina sono riuscita a captare qui e là e ve ne parlerò.
Vediamo ora la trama, per ricordarci dove eravamo rimasti e cosa succederà adesso.

Dopo la proiezione del video di Edith Prior, in cui rivelava alla popolazione dell'esperimento messo in atto dalle persone fuori le mura della città e dell'importanza dei Divergenti, scoppiano dei piccoli tumulti velocemente sedati.
Jeanine Matthews è stata uccisa, il sistema di fazioni non esiste più e il controllo della città è in mano a Evelyn (madre di Tobias) e agli Esclusi.
Il clima non è dei più pacifici, anzi. Alcuni vorrebbero il ripristino delle fazioni e si uniscono tra loro, facendosi chiamare Alleanti, per deporre gli Esclusi dal potere.
Tris e Tobias, insieme a Christina Peter e Caleb, decidono di uscire dalla città e capire finalmente cosa si nasconde oltre la recinzione, come è il mondo all'esterno.
Quello che scopriranno cambierà per sempre la loro visione del mondo. Una volta accolti al "Dipartimento di sanità genetica" il gruppo scopre che il governo è ormai molto debole a causa di una guerra civile, che aveva visto contrapporsi persone geneticamente modificate a persone dai geni "puri". Dopo la guerra, il Dipartimento tentò di ripristinare la purezza genetica con degli esperimenti, in varie città, come quello di Chicago. Tris viene a conoscenza anche del passato di sua madre. Ora tutto è più chiaro e il Dipartimento sembra un buon posto dove finalmente fermarsi, ma non è proprio così e la loro città, il loro mondo, l'unico mondo che conoscono (e che in fondo amano) è di nuovo in pericolo. La minaccia questa volta viene dall'esterno e promette di essere terribile.

Torniamo un attimo indietro e ricapitoliamo alcuni punti. Anche perché ci sono delle differenze evidenti tra film e romanzi.
Il video. Nel romanzo il video è già nelle mani di Jeanine, si capisce anche che lei l'ha visto, sa di cosa si tratta e non vuole che nessuno ne venga a conoscenza. Ok, ma allora perché non lo distruggi? Visto che interferisce con i tuoi piani di "concvista di mondo" e uccisione di tutti i Divergenti, perché non te ne liberi? E poi, hai rotto le scatole per due libri interi, in cui volevi essere la regina suprema di tutto l'universo, e mi muori da cretina, uccisa da una che non è nemmeno la protagonista, ma una comparsa che passava in quel momento...
Nel film, a parte il fatto che Jeanine non muore (presumo che la rivedremo nel terzo), lei è in possesso di una strana scatola tutta incisa, che si apre solo quando Tris, catturata e torturata perché una Divergente al 100%, risulta idonea a tutte le fazioni (più o meno). Una volta aperta, questa scatola proietta automaticamente il video di Edith Prior in tutta Chicago. Questo ha un suo senso, perché in questo modo si vede anche la sorpresa di Jeanine nell'ascoltare questo messaggio, non se lo aspettava, non aveva idea che le cose fossero così. Se l'avesse saputo, probabilmente, avrebbe distrutto la scatola, no?
Non so, ma secondo me questa cosa ha più senso nel film che nel romanzo.
E poi, questo filmato avrebbe dovuto scatenare la terza guerra mondiale: insomma, ti dicono che il tuo mondo è tutto una farsa, è tutto studiato a tavolino per poter creare più Divergenti possibili; io un minimo di panico e caos generale me lo aspettavo... e invece, niente. Calma più totale. Sì, qualcuno prova a ribellarsi, ma non con molta convinzione e viene presto zittito.
Tris, che dovrebbe essere la più coinvolta visto che quella nel video probabilmente è una sua antenata, chiamandosi Prior, non fa una piega. Il suo primo pensiero in mezzo a tutta sta confusione qual è??? Ma naturalmente uscire per un vero appuntamento con Tobias, perché non hanno mai avuto la possibilità di farlo... (pausa per reazione).

Finalmente qualcuno comincia a pensare che è meglio uscire dalla recinzione e capire che cavolo sta succedendo là fuori. Cioè seguire le indicazioni di Edith Pior. Ma ce lo fanno sudare questo momento, perché prima ci sono un sacco di cose assolutamente trascurabili che l'autrice ci vuole raccontare. Naturalmente Tris e Tobias si offrono per andare loro in cerca della verità  e qui qualcuno mi deve spiegare perché ci portiamo dietro anche Caleb e Peter. Due personaggi che stanno sulle scatole a tutti e che non fanno nulla per farsi voler bene. In più non hanno questa grande utilità nel corso della storia. E allora perché non li lasciamo a casa a cuocersi nel loro brodo?

Appena arrivati al "Dipartimento di sanità genetica" (una sorta di gigantesco Grande Fratello, che tutto sa e tutto vede), senza tanti preamboli e sorprese, ci viene spiegato tutto quello che è successo, nel momento esatto in cui ce lo aspettiamo.
L'autrice usa il metodo dello "spiegone": cioè un personaggio X a caso, magari appena comparso, comincia a parlare e attraverso il suo luuuungo discorso ci spiega tutti gli avvenimenti importanti che ci hanno portati fino a quel punto.
Non so se sarebbe stato meglio metterci a conoscenza dei fatti in un altro modo, ma almeno avrebbe potuto renderlo più interessante e meno piatto. Infondo stiamo parlando del momento clou, in cui tutte le carte vengono svelate e si scoprono gli altarini, almeno non farmi sbadigliare mentre lo leggo.
E dopo questo? Niente. Torniamo a far girare i pollici ai personaggi ancora per qualche capitolo.
A questo punto la Roth introduce un personaggio assolutamente inutile, Matthew, ma affetto da un'evidente diarrea verbale, che spiattella a Tris e Tobias qualsiasi cosa riguardi il Dipartimento, l'esperimento e il mondo esterno. Ma statti zitto un po' e fammi scoprire le cose man mano, no? E non parliamo del personaggio di Nita (all'anagrafe Juanita), vogliamo parlarne? No dai, non fatemi dire nulla su quella ochetta inconcludente.

In questo terzo capitolo c'è un cambio di registro. Non leggiamo solo il punto di vista di Tris, ma anche quello di Tobias (due paranoici invece di uno). A capitoli alterni, possiamo scoprire anche ciò che pensa e vive Tobias, e qui Veronica Roth mi rovina drasticamente il ragazzo. Speravo di riuscire a conoscerlo meglio e a scoprire alcuni suoi lati oscuri, invece risulta un personaggio poco interessante e pieno di pippe mentali, che lo rendono insicuro, noioso e bidimensionale. Nel momento in cui scopre di non essere un Divergente, apriti cielo, si trasforma in un paranoico depresso e fastidioso. E cosa fa per esorcizzare questa delusione? per dimostrare che comunque lui vuole essere intelligente, coraggioso, altruista, onesto e pacifico? Si unisce a un gruppo di ribelli incazzosi che vogliono far saltare in aria tutto.
Era decisamente meglio visto attraverso gli occhi di Tris. Per questo motivo non ho nessuna intenzione di leggere anche il quarto romanzo intitolato "Four", perché se Tobias è così non ce la posso fare a sopportarlo per un altro libro.

Mi è piaciuto il finale (che non vi rivelerò, perché non sono così bastarda), l'ho trovato coerente e ideale per il libro. Voci di corridoio mi hanno detto che nel film verrà cambiato e sono curiosa di vedere come faranno e se funzionerà allo stesso modo. Ma dovremo aspettare fino al 2017, perché come sapete, l'ultimo capitolo è stato diviso in due parti. Sono comunque curiosa di vedere la prima parte, perché solo dal trailer mi sono accorta di molti cambiamenti più drastici, forse, rispetto a Insurgent.
Nel romanzo, avrei evitato volentieri l'Epilogo. Di solito mi piace sapere cosa accade ai protagonisti ad anni di distanza, ma in questo caso avrei fatto anche a meno, perché il finale andava bene così, senza aggiungere altro.

Tris mi è sembrata un personaggio meno incisivo del solito, poco incline a porsi delle domande e a cercare le risposte; una volta scoperto qualcosa sul passato di sua madre, chi se ne frega del resto.
Comunque questo terzo romanzo è migliorato rispetto al secondo, che come sapete l'avevo trovato noioso e vuoto. Almeno in questo sembra esserci un po' più di azione e sostanza, viene finalmente spiegata la storia della guerra civile e del perché Chicago sia divisa in fazioni. Non mi aspettavo certe rivelazioni, ma come al solito Veronica Roth non ha sfruttato appieno tutto il materiale che ha messo sul piatto. Questo romanzo, ma anche tutta la trilogia, poteva essere molto di più. Il mio preferito rimane sempre il primo, forse perché era la novità.
In Allegiant il tema cruciale è lo scontro tra chi vuole il cambiamento e chi invece preferisce rimanere nel passato, in un sistema rassicurante che si conosce. Ma a volte il cambiamento è inevitabile, perché gli equilibri presenti precedentemente si sono ormai rotti e i tempi sono fertili per una rivoluzione. In questo caso bisogna affrontarlo e sapersi adattare al nuovo mondo che si dipana davanti.

lunedì 22 febbraio 2016

INSURGENT di Veronica Roth

Continuiamo con la trilogia di Divergent di Veronica Roth parlando del secondo capitolo, Insurgent. Vi anticipo che non è il mio preferito, anzi. Se già il primo non mi aveva convinto fino in fondo, questo ha diminuito molto il mio interesse per tutta la storia. In più credo che non sarà una recensione priva di spoiler, qualcosa mi scapperà sicuramente, quindi fermatevi qui se non volete rischiare.
Ma andiamo con ordine e ripartiamo da dove avevamo lasciato Tris e i suoi compagni.

Dopo aver interferito con i piani di Jeanine Matthews e aver bloccato la simulazione che costringeva gli Intrepidi ad uccidere gli Abneganti; Tris e Tobias/Quatto, insieme a Caleb Marcus e Peter, si rifugiano dai Pacifici, fuori le mura della città.
Quando arriva una delegazione di Intrepidi ed Eruditi per catturarli, i protagonisti riescono a scappare, per nascondersi presso gli Esclusi. Qui Tobias farà una sconvolgente scoperta: la leader degli Esclusi è sua madre, Evelyn, che lui credeva morta.
Dopo essere stati arrestati, processati e in seguito liberati dai Candidi, Tris e Tobias collaborano con gli altri Intrepidi per fare un attentato agli Eruditi; trasferendosi tutti di nuovo nel quartier generale degli Intrepidi, non avendo più bisogno della protezione dei Candidi.
E' qui che Tris, insieme a Christina e altri Eruditi, e all'insaputa di Tobias, decide di aiutare Marcus a entrare nel quartier generale degli Eruditi per cercare un video molto importante per tutta la società, che forse potrebbe spiegare la smania di potere di Jeanine. Ma non sarà semplice trovarlo, perché nessuno sa della sua esistenza e la leader degli Eruditi è disposta a proteggerlo a costo della sua vita.

Oltre ad alcune scelte di parole accostate in modo discutibile, come ad esempio quando descrive l'odore di Tobias, in questo libro non succede praticamente nulla. Come in Divergent, l'evento clou è alla fine, negli ultimi capitoli, ma almeno nel primo libro c'era tutta la sua evoluzione e l'addestramento per diventare un'Intrepida. Qui non fanno altro che farsi un sacco di pippe mentali, prendere decisioni stupide e dire quanto è figo Tobias/Quattro. Che, credetemi, mi piace Tobias (soprattutto l'attore che lo interpreta nel film), sono del movimento "più Tobias per tutti!!", ma qui, quelle poche volte che compare, è una specie di oggetto sessuale per Tris. Che poi, questo tira e molla tra i due è snervante: se non vuoi dargliela, smettila di saltargli addosso ogni tre per due come un polipo in calore e poi allontanarti piagnucolando!!

In più, finalmente entrano in scena gli Esclusi e, come ci ha già abituati, la Roth non si dilunga per niente nelle descrizioni. Nemmeno un minimo di accenno alla loro organizzazione sociale e politica, oppure a cosa fanno, pensano o dove vivono. L'unica cosa in cui si perde è lo svilente rapporto tra Tris e Evelyn (madre di Tobias) in cui nessuna delle due ne esce bene, perché sembrano sterili litigate tra nuora altezzosa e suocera stronza, per decidere chi è più importante nella vita di Tobias.

Alla fine sembra un gran minestrone, succede tutto frettolosamente, ma anche in modo piatto e poco avvincente. Secondo me, è stato gestito meglio nel film, infatti, mentre leggevo credevo di aver visto il film sbagliato, perché le differenze sono molto evidenti. In quest'ultimo sono riusciti a sfoltire il romanzo di tante cose inutili, pur mantenendo intatta la trama e il significato della storia, e tutto appare più scorrevole e incisivo.

Resta comunque una storia interessante, ma non è stata sviluppata appieno ancora una volta. L'autrice avrebbe potuto approfondire alcuni argomenti cruciali, dare qualche nozione in più, spiegare cosa sono 'sti benedetti Divergenti!!
Invece di far girare i pollici ai protagonisti per gran parte del romanzo, poteva far in modo che Tris si informasse e scoprisse di più sui Divergenti e tutta la società delle fazioni, farla studiare e far uscire di più il suo lato Erudita, che invece si limita solo a farla essere un po' più logica rispetto a tutti gli altri.

Della trilogia, Insurgent è quello che mi ha colpito e piaciuto di meno, e per questo mi è rimasto anche meno impresso. Ma il messaggio che traspare da queste pagine è sempre importante e potente: la lotta contro il potere di pochi sui molti; l'importanza di opporsi al totalitarismo, in qualsiasi forma si manifesti; di credere in se stessi e nelle proprie convinzioni, se si è dalla parte del giusto.

mercoledì 17 febbraio 2016

DIVERGENT di Veronica Roth

Finalmente arrivo anch'io a questa trilogia. Ne hanno parlato anche i sassi ormai e tra poco uscirà al cinema il terzo capitolo (prontamente diviso in due per aumentare gli incassi). Ma lo sapete benissimo che io arrivo sempre dopo, raramente sono sul pezzo, è la mia caratteristica, amatemi anche per questo.
Fatto sta che ora sono qui a parlarvi di "Divergent": primo capitolo della trilogia (che per me resterà una trilogia, non sarà mai una saga, e il motivo ve lo spiegherò nella recensione di "Allegiant").

Beatrice Pior vive a Chicago in un futuro post apocalittico imprecisato. Per proteggersi dalle minacce esterne, la popolazione ha costruito una recinzione tutt'intorno alla città. All'interno la società è divisa in cinque fazioni, ognuna delle quali è consacrata a una virtù: i Candidi, onesti e sempre sinceri, si occupano della legge; i Pacifici, gentili e mai aggressivi, sono assistenti sociali, consulenti e coltivatori di terre; gli Eruditi, dedicano la vita alla conoscenza e alla cultura, fanno gli insegnanti, gli scienziati e i ricercatori; gli Abneganti sono altruisti e al servizio degli altri, per questo gli è stato affidato il governo; gli Intrepidi, coraggiosi e forti, si occupano dell'ordine e della sicurezza della città.
Esiste anche un altro gruppo, gli Esclusi, coloro che non appartengono a nessuna delle altre fazioni e vivono nei sobborghi in povertà, assistiti solo dagli Abneganti.
Beatrice, Abnegante di nascita, ora che ha sedici anni deve decidere a quale fazione apparterrà per il resto della sua vita, con il rischio di rinunciare per sempre alla sua famiglia. Ma il test che dovrebbe indirizzarla verso l'unica strada a lei adatta si rivela inconcludente; in lei non c'è un solo tratto dominante, ma addirittura tre. Beatrice è una Divergente e lo deve tenere segreto, perché questa "anomalia" potrebbe costarle la vita. Nonostante questo, Beatrice decide di seguire il suo istinto ed entrare negli Intrepidi, cambiando il suo nome in Tris e impegnandosi al massimo per far parte di questa fazione così diversa da quella dei suoi genitori.

Dopo le prime pagine, le parole e lo stile di Veronica Roth spariscono dietro alle immagini mentali che appaiono durante la lettura. Non che il modo di scrivere dell'autrice sia brutto, è solamente semplice e passa in secondo piano rispetto alla storia. Presi dalle vicende di cui si sta leggendo, non si nota come è scritto il libro.
Con la lentezza della narrazione del romanzo, rispetto al film, i personaggi vengono caratterizzati meglio. Alcune cose che non capivo perché accadessero nel film, nel libro sono più chiare e sensate; come ad esempio la storia d'amore tra Tris e Quattro, che possiamo veder nascere e crescere con più particolarità rispetto a ciò che ci viene mostrato nella pellicola.
Il tutto è molto lento, ma credo che abbia un senso. La Roth spende molti capitoli a descrivere l'addestramento di Tris per diventare un'Intrepida, ma questo ci fa capire quanto sia difficile per lei e ci aiuta anche a comprendere meglio tutto il mondo degli Intrepidi. Purtroppo tutto questo va a discapito di una improvvisa accelerazione nel finale, dove tutto precipita e succede molto velocemente.
Nel film il ritmo mi sembra più costante e fluido. Anche il finale è leggermente diverso dal libro e, personalmente, l'ho preferito, trovandolo più avvincente.

Tris viene considerata tanto intelligente e matura, dai personaggi del romanzo e dall'autrice stessa (e la maggior parte delle volte lo è veramente), ma a volte è estremamente in contraddizione con queste sue caratteristiche. Come quando si bacia per la prima volta con Quattro e non capisce che non possono sbandierare il loro amore davanti a tutti, comportandosi così come una bimbetta delusa e isterica, perché lui non la caga e si comporta solo come il suo istruttore.
Una cosa che ho notato è quanto a Tris venga naturale vestire i panni di Intrepida, pensare e ragionare come un Erudita, mentre non le è così spontaneo agire da Abnegante. Per farlo deve sempre pensare a cosa farebbero i suoi genitori, non è automatico per lei come invece dovrebbe essere. Siamo sicuri che in lei ci siano tre tratti dominanti? Qualche dubbio viene e secondo me, l'autrice doveva porre più attenzione a questo fatto.

Un'ottima idea di partenza, ma Veronica Rith non la porta fino in fondo. Ci troviamo di fronte a un distopico che si crede tale, ma non lo è del tutto. Alcune cose non vengono approfondite (come la storia dei Divergenti, o che guerra ha portato a questa situazione, oppure da chi o da cosa la barriera ci protegge?), tutto viene buttato dentro nella storia e lasciato un po' in sospeso, per dare più spazio alla vita adolescenziale e piena di paturnie di Tris. Per questo è un libro confinato tra le letture per adolescenti, quando invece avrebbe potuto avere tutte le carte in regola per essere preso in considerazione anche dagli adulti, se solo si fosse fatta più attenzione ad alcuni particolari.
Voi direte: "Beh...è una trilogia, le cose le spiegherà sugli altri capitoli". Non è proprio così, ma ne riparleremo più avanti nelle altre recensioni.

Nonostante questo, Tris mangia i risi in testa a Katniss (di Hunger Games). Dove quest'ultima risulta più una pedina in mano ai potenti, Tris prende le sue decisioni  autonomamente, assumendosi le sue responsabilità e rischiando in prima persona tutto ciò che ha, ribellandosi a chi comanda, per le giuste ragioni.
Divergent ci parla del lottare per qualcosa in cui si crede, che si ritiene giusto, quando si è dalla parte del bene. Di quanto questo sia difficile e che pretenda un prezzo da pagare, a volte molto alto. Che la diversità non è qualcosa da temere o eliminare, ma da accogliere e valorizzare. Che si deve sempre contrastare la cattiveria umana, l'ignoranza e la smania di potere di alcuni.
Perché il pensare fuori dagli schemi ti può rendere libero, unico e magnifico.

mercoledì 28 ottobre 2015

PRAEMONITUS - L'OMBRA DEL DESTINO di Giulia Rizzi

L'avevo annunciato sulla pagina Facebook del blog, ancora a inizio giugno, che questo romanzo sarebbe stata una delle mie prossime letture. Devo ringraziare l'autrice Giulia Rizzi per avermi permesso di leggere la sua opera.
Trovo molto bella la copertina e in più è inerente alla storia raccontata all'interno e questo, per me, è un punto a favore, perché non sopporto quando la grafica usata per le copertine non ha nulla a che vedere con il romanzo in sé. 

La principessa Ileana ha compiuto la propria missione: sottrarre al malvagio Pentorius la pericolosa creatura che tiene prigioniera. Suo padre, re Herwig, la attende a Naiade per l'esecuzione: porre fine alle pene di quell'essere è l'unico modo per proteggere l'Unione dei Cinque Regni dai suoi poteri oscuri. Qualcosa, però, trattiene Herwig. Una voce gli ha parlato attraverso il dono tramandatogli dai suoi avi, gli Indovini di Tiresia. Al re non resta che graziare la creatura e assecondare il fato ospitandola a palazzo. Nessuno potrà sospettare qualcosa, perché colei a cui tutti i Regni danno la caccia non è altro che una semplice bambina. Il Dottor Gedeon, medico e studioso dell'occulto, riesce con un incantesimo a cancellare la memoria della piccola e sopirne i poteri, così da consentirle di iniziare una nuova vita con il nome di Cassandra.
Il tempo trascorre in fretta, ma non si può sfuggire in eterno all'ombra del destino. I sentimenti che Damian, il figlio di Herwig, nutre per lei si fanno sempre più intensi, tanto da fargli perdere la ragione. A causa della sua gelosia rischierà di mettere in pericolo la vita della ragazza e l'intero Regno. Pentorius, infatti, è a un passo dalla verità e non è il solo deciso a impadronirsi di quegli oscuri poteri.
Fra battaglie, tradimenti e amori proibiti distinguere il bene dal male diventerà sempre più difficile.

"L'ombra del destino" è il primo romanzo della duologia "Praemonitus", quindi non è un libro auto conclusivo e per questo bisogna prendere un'importante decisione. Dovete decidere se fate parte del gruppo di persone a cui piace leggere i libri di una saga man mano che vengono pubblicati, anche se si deve aspettare molto; oppure siete più propensi a cominciare a leggere l'intera saga una volta che sono usciti tutti i volumi, perché non vi piace aspettare. Di solito io faccio parte di quest'ultimo gruppo di persone, ma in questo caso mi ritrovo ad attendere il secondo romanzo di "Praemonitus" perché non è stato ancora pubblicato.
Il finale di questo libro mi ha messo un'enorme curiosità di sapere come proseguisse la vicenda che ho contattato subito Giulia Rizzi per aver notizie del seguito. Fortunatamente lei mi ha confermato che, proprio ora, sta lavorando al secondo romanzo e quindi mi sono tranquillizzata un po'.

Giulia scrive molto bene, non sembra proprio scritto da un'emergente, lo stile sembra navigato ed esperto. La storia è interessante e coinvolgente, ha un buon ritmo che mantiene fino alla fine.
Personalmente avrei preferito più descrizioni, per potermi immaginare meglio tutto l'ambiente e i Cinque Regni. Ci sono tanti personaggi, ognuno con una storia alle spalle, e mi sarebbe piaciuto qualche approfondimento in più. Come ad esempio i poteri di re Herwig ereditati dagli Indovini di Tiresia: chi erano questi indovini? Da dove venivano? E avrei voluto sapere qualcosa anche degli altri quattro re, che compaiono un po' frettolosamente.
Ma probabilmente è perché io sono un caso anomalo: adoro le lunghe e accurate descrizioni e spiegazioni, mi aiutano a calarmi meglio nella storia e ad arricchire le immagini mentali durante la lettura.
Magari troverò le mie risposte nel secondo romanzo.

Il finale, che non è il finale della storia, mi ha sorpresa, spiazzata e incuriosita (non vedo l'ora di sapere cosa accadrà nel prossimo). Quindi fa proprio il suo lavoro e lo fa bene, l'autrice sa esattamente quando fermarsi, nel momento migliore, per aumentare il patos.
Spero arrivi presto la continuazione, perché ci sono molte domande nella storia che aspettano una risposta: prima fra tutte è sicuramente saperne di più sul conto di Cassandra, che rimane un vero e proprio mistero fin quasi alla fine, ma ci sono ancora un sacco di cose da scoprire.
Spero non mi deluda e che Giulia Rizzi riesca a tirare magistralmente tutti i fili della trama per dargli una conclusione all'altezza di tutta la storia.
Naturalmente, appena avrò letto il secondo correrò qui a parlarvene!!

martedì 18 marzo 2014

MADAME BOVARY di Gustave Flaubert

Questo classico di Flaubert, insieme a "Anna Karenina" di Lev Tolstoj e "Effi Briest" di Theodor Fontane, fa parte della "Trilogia sul matrimonio del XIX secolo", nei quali gli autori si sforzano di interpretare il punto di vista femminile riguardo il matrimonio. Credo che qui il termine su cui focalizzarsi sia "si sforzano". Senza nulla togliere a questi tre grandissimi scrittori, bisogna ammettere che sono uomini, e come tali non molto inclini a comprendere la donna in tutta la sua interezza e complessità, ma soprattutto non si sono concentrati tanto sul matrimonio, quanto più sull'adulterio compiuto dalle tre donne.

Emma, insoddisfatta del suo matrimonio con il medico di campagna Charles Bovary e della gretta vita di provincia, cerca l’evasione nelle letture e nelle avventure sentimentali. Ma nemmeno lei sa concepire l’altra vita che desidera, e quando le sue aspirazioni vaghe e i suoi fragili aneliti la travolgeranno, non saprà innalzarsi all'altezza della tragedia che la colpisce. Madame Bovary, uscito dapprima a puntate e censurato, nel 1856 subì un epocale processo per “oltraggio alla morale pubblica e religiosa e ai buoni costumi”. Oggi che l’alone di morbosità attorno alle vicende narrate si è dissolto, vi risplende la perfezione dello stile: Flaubert apre la strada al romanzo contemporaneo.
Un romanzo ricco e pieno come solo i classici sanno essere. Ricco nel linguaggio e nelle espressioni, nella caratterizzazione dei personaggi. Pieno di descrizioni, sentimenti, atmosfere, pensieri, riflessioni e cose non dette, perché i dialoghi sono pochi, ma significativi e studiati. Per me è normale, con questo genere di libri, procedere con calma nella lettura, ma soprattutto attentamente per assaporare ogni singola parola che mi passa sotto gli occhi.
La prima parte si può riassumere in poche parole: Charles si sposa, incontra Emma, rimane vedovo e sposa Emma. Tutto molto veloce e immediato, ma poi comincia il vero romanzo, il succo della storia, la vita di Emma e di tutto ciò che le ruota intorno.

Flaubert mette in scena dei personaggi deboli, lamentosi, meschini, cattivi e opportunisti, che non si smentiscono dall'inizio alla fine, ma non per questo meno belli, interessanti e coinvolgenti da leggere. Essi cozzano in modo eccelso con la società cattolica, pudica e con radici molto profonde nella religione e in tutti i suoi dogmi, che circonda a tuttotondo il mondo dei Bovary e, più in generale, la Francia di quel periodo. Il parroco del paese è un personaggio che sembra marginale, ma è sempre presente nei momenti cruciali della storia. Sembra quasi che l'autore voglia sottolineare l'inutilità di questa figura in queste importanti situazioni: egli non ascolta veramente i tormenti di Emma e si limita a darle dei consigli banali e poco incisivi.
Infatti Flaubert è considerato l'iniziatore del "Naturalismo" - corrente letteraria che si propone di descrivere la realtà psicologica e sociale con gli stessi metodi delle scienze naturali, quindi molto lontana dalla religione (se volete saperne di più wikipedia/Naturalismo) - ed essendo il romanzo basato su alcune esperienze vissute direttamente dallo scrittore, è normale che abbia inserito molto di suo nelle pagine, come ad esempio i suoi pensieri e le sue convinzioni.

Come specificato all'inizio, Madame Bovary fa parte della "Trilogia sul matrimonio del XIX secolo". Collaborando con altre due blogger abbiamo deciso di leggere un romanzo a testa e di farne una recensione, così da potervi presentare delle riflessioni su questi tre grandissimi classici e dare a voi lettori la possibilità di confrontarli (i link alle recensioni li trovate alla fine di questo post).
A mio parere sarebbe meglio ribattezzarla la "Trilogia del tradimento del XIX secolo" perché di questo parlano i tre autori: tradimento. Ognuno a suo modo espone le diverse sfaccettature che caratterizzano l'adulterio da parte di una donna. Diversi sono i motivi che stanno alla base, le scelte prese dalle tre protagoniste e gli ostacoli trovati nel loro percorso, anche le conseguenze da sopportare non sono simili, ma una cosa le accomuna più di tutto ed è il finale tragico e sofferto al quale, in un modo o nell'altro, tutte e tre vanno incontro.

Emma, intrappolata in un matrimonio piatto e sterile, tradisce il marito Charles più per noia che per altro, così ossessionata a trovare quella passione che le manca nella vita e che riesce a scoprire solo nei suoi amati romanzi. Appare come un'anima inquieta, frustrata sentimentalmente e socialmente, nulla riesce a renderla felice e si stanca facilmente di tutto, è un personaggio con il quale non è semplice empatizzare. Perennemente in fuga dalla banalità e dall'anonimato, si lancia tra le braccia di uomini sbagliati solo per cercare di emanciparsi e sfuggire definitivamente dalla quotidianità di Yonville.

Purtroppo è la vittima inconsapevole di due uomini pessimi. Lèon, il primo, giovane e poco coraggioso la lascia perché lei è sposata e lui non sopporta più di amarla senza sapere di essere corrisposto. Allora Emma si concede una lunga relazione con Rodolphe: un arrogante "Don Giovanni" che si diverte soprattutto a conquistare le donne. Dopo averla fatta cedere al suo breve corteggiamento, egli giocare un po' con i suoi sentimenti, per poi abbandonarla miseramente, con scuse tristi e poco credibili.
Dopo un lungo periodo di disperazione, in cui Emma trascorre tutto il giorno a letto e vorrebbe morire, rientra in gioco Lèon; ora cresciuto, ma sempre superficiale e immaturo nei suoi sentimenti verso Madame Bovary e quindi poco convinto dell'amore che prova per lei.

Il finale non è lieto, ma è forte incisivo e significativo. La fine di Emma è tragica, sofferta, tormentata e alimenta, di conseguenza, la tragedia insita in tutto il romanzo. Da quel momento le cose, che prima non andavano bene, peggiorano incredibilmente e Flaubert descrive e sottolinea la cattiveria di tutti i suoi personaggi, anche di quelli che non ti saresti mai aspettato.
Assolutamente da leggere, magari seguito anche dagli altri due della trilogia, le cui recensioni potete trovare qui:

mercoledì 26 dicembre 2012

BREAKING DAWN di Stephenie Meyer

Ecco l'ultimo capitolo della saga di "Twilight". Dopo aver letto i libri e visto tutti e cinque i film, non ho più molto da dire. La mia opinione, su questa saga, resta sempre la stessa: non l'ho amata particolarmente, non mi ha appassionata e i film mi sono piaciuti ancora meno. Quindi ultime battute e poi chiuderò per sempre con Edward, Bella, la famiglia Cullen, i licantropi e tutto il mondo della Meyer.
 
Bella ed Edward coronano il loro amore con un sontuoso matrimonio e partono per la loro luna di miele in Brasile. Ora Bella è al bivio decisivo: entrare nel mondo degli immortali, o continuare a condurre un'esistenza umana. Da questa scelta, dipenderà l'esito del conflitto tra il clan dei vampiri e quello dei licantropi. Ma il momento della trasformazione deve essere rimandata, perché un evento inaspettato cambia le carte in tavola e forse i destini di tutti. Dalle decisioni di Bella si scatena una sorprendente catena di eventi che cambieranno per sempre la vita di tutti coloro che la circondano; e quando il tempo a sua disposizione sembrerà essere esaurito e la strada da prendere già stabilita, Bella andrà incontro a un futuro dal quale non potrà più tornare indietro.
 
Con questo romanzo si conclude la quadrilogia della Meyer, la quale non voleva lasciare i suoi lettori con l'amaro in bocca, con qualche delusioni o insoddisfazioni, e quindi si è impegnata a scrivere un libro molto più lungo rispetto agli altri (682 pagine). Ha confezionato un finale con i fiocchi per chi non voleva ancora abbandonare la piovosa cittadina di Forks, ha voluto complicare ulteriormente la storia, inserendo al suo interno molti avvenimenti concatenati tra loro, che hanno dato vita a una valanga potenzialmente distruttiva per Edward e Bella. Ha creato un dramma di enormi dimensioni (per poi provocare conseguenze pari allo scoppio di una bolla di sapone di fronte ad un muro...) e ha infiocchettando il tutto con una conclusione allo zucchero filato. A mio parere, una trama molto annacquata, e mal gestita, per poter dare tante pagine da leggere agli appassionati della saga.
 
L'autrice, come già detto nelle precedenti recensioni, è molto brava a creare la tensione, soprattutto quella sessuale. Nemmeno qui si smentisce. Mentre continua ad alimentare l'aspettativa del lettore riguardo la prima notte insieme dei due innamorati, è brava a trasmettere le sensazioni di tensione e di desiderio tra i due, ma senza riuscire a concludere il tutto e glissando totalmente sul sesso. Infatti in tutti i libri, compreso l'ultimo, il sesso non esiste; cosa che invece hanno dovuto inserire negli ultimi due film per dare un po' di pepe. Evitiamo di parlare di tutta la luna di miele in Brasile, perché è uno dei momenti più tristi che io abbia mai visto (e letto).
"Breaking Dawn" è un continuo produrre tensioni, aspettative, vorrebbe tenerti sulle spine e appassionarti (come ad esempio: la loro prima volta,  il parto e la trasformazione di Bella, la battaglia finale) per poi, però, deluderti clamorosamente; perché l'autrice sembra partire con il piede giusto, ma si brucia sempre sul finale.
 
Ora vorrei concentrarmi su due punti che non ho proprio mandato giù. Primo: Bella incinta. Ma come è successo???? Edward è un vampiro e anche la scuola della Meyer insegna che: non dorme, non mangia, non ha necessità di respirare né di sbattere le palpebre, non deve nemmeno andare in bagno, il suo cuore non batte, il sistema circolatorio non funziona, è freddo cadaverico... Allora... mia cara Meyer, mi spieghi come cavolo fa a mettere incinta Bella??? Poi Edward e Carlisle fanno delle ricerche per capire come sia successo e non trovano niente, nessuna spiegazione... e ti credo, è impossibile!!! Naturalmente la Meyer non ritorna sull'argomento, non da spiegazioni e lascia cadere tutto nel dimenticatoio (è successo e basta). Secondo me, si era accorta di aver scritto una stupidaggine e voleva salvarsi con la scusa dello Spirito Santo, ma si è ricordata che quella l'avevano già usata da un'altra parte e sarebbe stato troppo azzardato copiarla, così ha lasciato tutto in sospeso.
Mi sta bene un po' di mistero, un po' di magia, a volte va bene non spiegare proprio tutto in un libro, ma allora questo mi porta al punto numero due che non ho digerito.
 
Secondo punto: i vestiti di Jacob quando si trasforma in un licantropo. La Meyer ci spiega, non come i vampiri riescano a riprodursi, ma che i licantropi si spogliano prima di trasformarsi, e cosa se ne fanno degli indumenti?? Se li legano con una corta alla zampa posteriore!!!! Così si possono vedere questi branchi di lupacchiotti che corrono felici nel bosco, ognuno con il proprio paio di jeans che svolazza dietro di lui. Stephenie perché ti burli di me? Non mi spieghi una gravidanza apparentemente impossibile, però ti perdi a dirmi sta cretinata???? Per fortuna che nei film questa cosa non l'hanno messa.
E' come se ti spiegassero che Hulk, quando è nella sua forma umana di Robert Bruce Banner, gira per le strade con uno zainetto sulle spalle che contiene un paio di pantaloni, taglia XXXXXXL, da indossare quando si trasforma e anche un cambio per quando torna uomo. Così si perderebbe la magia. A nessuno interessa sapere come mai a Bruce si strappano tutti i vestiti, quando diventa Hulk, tranne la parte dei pantaloni che va dalla vita alle ginocchia.
Insomma, forse la Meyer doveva ispirarsi un po di più ai personaggi di Stan Lee, e un po' meno a quelli della Bibbia.
 
Dopo questo viaggio, poco affascinante, attraverso lo strano mondo di creature immortali che popolano Forks, posso dire con molta sicurezza e convinzione che non leggerò altro di Stephenie Meyer. Quindi "L'ospite" (il suo ultimo libro) lo lascio a voi e fatemi sapere se l'avete letto e perché.
 
VOTO: 6/10

sabato 22 dicembre 2012

ECLIPSE di Stephenie Meyer

Terzo episodio della saga scritta dalla Meyer. Secondo me, questo poteva essere il libro conclusivo. Con qualche taglio e sistemata qui e là sarebbe stato un finale decente, schivandoci così quella tragedia che è "Breaking Dawn" (ma di questo parleremo nel prossimo post), per ora occupiamoci di "Eclipse".

Mentre Seattle è funestata da una serie di strani omicidi; una vampira malvagia continua a dare la caccia a Bella, che si trova ancora una volta in serio pericolo. Per lei è arrivato il momento delle decisioni e dei sacrifici: basterà il fidanzato Edward a farle dimenticare il migliore amico Jacob? Troverà il coraggio necessario a diventare una Cullen? Obbligata a scegliere tra l'amore e l'amicizia, è consapevole che la sua decisione rischia di riaccendere la millenaria lotta tra vampiri e licantropi. Nel frattempo l'esame di maturità è alle porte e per Bella il momento della verità si avvicina.
Io, questo terzo libro, l'ho trovato luuuuuungooooo... Non so se fossi stanca di leggere questa saga, stanca oramai della scrittura e della trama; oppure fosse un problema della Meyer: persa nel totale vuoto creativo in cui era scivolata anche nei precedenti romanzi e, quindi, incapace di scrivere qualcosa di avvincente. Precisamente non riesco a capire di chi sia la colpa (probabilmente  ero stanca io di leggere), ma "Eclipse" sembra non arrivare mai da nessuna parte. Si trascina per pagine e pagine, descrivendo questo fastidioso triangolo amoroso Edward-Bella-Jacob, per poi arrivare finalmente al momento d'azione (la battaglia tra Edward e Victoria) e liquidarla in un capitolo molto breve.
 
Il personaggio di Edward riesce a dare il meglio di sé (sono ironica...). Diventa un rompi scatole  all'ennesima potenza, una palla al piede, si sente perennemente in colpa per i pericoli che incombono su Bella e sfodera, nei confronti di quest'ultima, un'attenzione e una protezione che sfiorano il livello patologico.
Lei, per non smentire l'immagine di personaggio insulso, non riesce in nessun modo a calmarlo e a tranquillizzarlo. Non fa e non dice mai niente per poter rassicurare Edward, anzi, butta benzina sul fuoco sfidandolo e non comprendendo le sue preoccupazioni.
Per quanto riguarda Jacob, sembrava il più interessante e maturo di tutti, finché non si è rivelato un bambino capriccioso anche lui, insistendo in modo esagerato e infantile per avere Bella tutta per sé. Il suo atteggiamento è pesante e asfissiante, è testardo e non si capisce nemmeno perché sia innamorato di Bella, visto che non ha avuto l'imprinting con lei (ma ci siamo abituati alle poche spiegazioni che ci propina la Meyer: è così e basta).
 
Anche la storia che Bella ami tutti e due non sta in piedi. Non può amare due persone allo stesso modo. Solo il fatto che lei scelga Edward, che voglia diventare un vampiro come lui, che voglia sposarlo, dimostra che è innamorata di lui e non di Jacob. Era meglio se l'autrice evitava di metterla sul piano del triangolo amoroso e la spacciava solo come una grande amicizia (senza sentimenti romantici da nessuna delle due parti) messa a repentaglio perché lui è un licantropo e lei vuole diventare un vampiro. Bastava così e avrebbe funzionato lo stesso. Invece no, la Meyer ha voluto inserire il dramma amoroso, ma non lo ha gestito bene, perché sembrano solo due bambini che si litigano un giocattolo, solo per il semplice gusto di litigare.
 
Mi è piaciuto il ritorno in scena di Victoria, la sua vendetta costruita in modo intelligente e calcolato crea interesse nel lettore; in più è un collegamento con gli altri due libri e la chiusura di un cerchio, che in un romanzo (e soprattutto in una saga) è fondamentale.
Arrivata a questo punto, l'autrice poteva: prima di tutto accorciare tutta la parte del dilemma "amoroso" di Bella; fare una battaglia come si deve, un po' più lunga e sostanziosa; alla fine far sposare i due innamorati e per concludere far vedere un po' della vita da vampira di Bella. E vissero tutti felici e contenti per l'eternità. Sarebbe stato un buon finale, per gli appassionati forse un po' troppo sbrigativo, ma in linea con tutta la storia e accettabile. Invece no, la Meyer ha voluto mettere il carico da cento, sfidare sé stessa (e anche noi lettori) e ha scritto "Breaking Dawn"!!!!!
 
VOTO: 6/10

giovedì 20 dicembre 2012

NEW MOON di Stephenie Meyer

Sebbene il primo romanzo della Meyer non mi sia piaciuto molto, soffro di una stranissima malattia: non riesco ad abbandonare un libro a metà (anche se lo trovo terribile). Non ci riesco proprio, è più forte di me...prima o poi dovrò farmi vedere da uno bravo!! Se poi è una saga la cosa si complica e la mia "malattia" mi obbliga a leggerela tutta. Diciamo che, questa volta, mi è andata anche bene, perché i romanzi in questione sono solo quattro.
 
Bella ed Edward sono innamorati, tutti sono a conoscenza della loro relazione e possono finalmente vivere il loro amore alla luce del sole (...non proprio...).
Ma amare un vampiro è più pericoloso di quanto Bella immagini. Il loro amore rappresenta comunque una minaccia per tutto quello che hanno di più caro; sono talmente fragili che anche un incidente domestico può avere conseguenze enormi e mettere a repentaglio la loro storia.
All'improvviso Edward se ne va, senza troppe spiegazioni, lasciando Bella i balia della tristezza e della malinconia.
E' qui che entra in gioco Jacob, amico d'infanzia di Bella e innamorato di lei da quando erano bambini, tenterà di persuadere la ragazza a dimenticare il vampiro.
 
Devo essere sincera e dire che mi è piaciuto un po' di più rispetto al primo. Anche questo è scritto male, in fondo la scrittrice è sempre la stessa, e le carenze stilistiche di "Twilight" si sentono anche in "New moon".
Trovo che la narrazione in prima persona funzioni meglio in questo caso: diventando, il precedente libro, un monologo interminabile di Edward, perché Bella non era una grande oratrice (né pensatrice); questo romanzo, eliminando il vampiro quasi subito dalla trama, rivela una Bella un po' più consapevole dei suoi sentimenti, non ancora in grado di dare pienamente voce a ciò che prova, ma capace di porsi domande e fare riflessioni. Non aspettatevi una Bella più matura, spigliata e positiva, anzi, è sempre la solita insipida protagonista; ma si intravede un barlume di crescita interiore tra le pagine e questo è sempre un lato positivo.

L'argomento trattato in "New moon" è l'abbandono. Dopo la partenza di Edward, Bella è devastata, quasi si fa annientare dallo sconforto e dalla tristezza. Il tema è trattato e descritto bene dalla Meyer, che riesce a rendere l'idea del terribile periodo che può passare una ragazza (adolescente e non) dopo essere stata lasciata. A tutte è capitato, chi prima chi dopo, ed è un duro colpo per chiunque.
L'unica nota stonata sta nel modo in cui Edward abbandona Bella. Insomma, fino al giorno prima è tutto un "ti amo", un "non posso vivere senza di te", "ti aspettavo da tutta la vita", "niente riuscirà a dividerci", etc... E poi una mattina si alza, le dice che se ne va con la sua famiglia, che non la ama più e lei cosa fa??? Ci crede!!! Bella, ma sei scema? Ti accontenti di due parole e lo lasci andare via così? Lei non fa quasi niente, a parte piangere. Non tenta di convincerlo a restare; non prova a capire come mai lui se ne vada; non gli rompe le scatole, come farebbe una ragazza normale, tempestandolo di domande e suppliche. Sta ferma e in silenzio lasciandoselo scivolare tra le mani.
Questo, per me, dimostra quanto Bella sia un personaggio insipido e con poco carattere.

Questo romanzo l'ho trovato un po' anacronistico; soprattutto quando a Bella vengono regalati, per il compleanno, una macchina fotografica con rullino e un lettore CD. Insomma, io sono di una generazione che andava in gita scolastica ancora con il lettore CD e 3/4 rullini da cambiare alla macchinetta fotografica. Ma la Meyer sta parlando alle nuove generazioni. I libri li ha scritti dopo il 2000, cioè dopo l'avvento della generazione MP3 e delle macchinette digitali... I ragazzi di oggi non credo sappiano dove e come si usi un rullino nella macchina fotografica.

Ora vogliamo parlare di Jacob? Che già tra queste pagine rivela una natura ossessiva e asfissiante, tipica del suo personaggio nei successivi due libri?! Meglio di no, mi lascio qualche critica da parte per la recensione di "Eclipse".

VOTO: 6/10

lunedì 3 dicembre 2012

TWILIGHT di Stephenie Meyer

Adesso che al cinema è uscito l'ultimo capitolo della saga è ora che anch'io dica la mia sul fenomeno Twilight. Ho visto tutti i film e ho letto anche tutti i libri, quest'ultimi ormai più di un anno fa, e ora mi sento pronta per queste recensioni (ne farò una per ogni libro).
Dopo aver letto i primi tre/quattro capitoli di Twilight, ho spento la luce e mi sono messa a dormire, ignara del sogno che mi aspettava. Ho sognato una riproduzione onirica di me stessa (naturalmente più bella, più alta, più magra e forse più intelligente) che mi diceva: "Ma sei impazzita a leggere Twilight??? Devi leggere Dracula di Bram Stoker, no sta schifezza!!!"
Forse il mio subconscio cercava di dirmi qualcosa?

Quando Isabella Swann (per gli amici Bella) decide di lasciare l'assolata Phoenix per la fredda e piovosa cittadina di Forks, dove vive suo padre, non immagina certo che la sua vita di teenager timida e introversa conoscerà presto una svolta improvvisa, eccitante e mortalmente pericolosa. Nella nuova scuola tutti la trattano con gentilezza, tutti tranne uno: il misterioso e bellissimo Edward Cullen. Edward non dà confidenza a nessuno, ma c'è qualcosa in Bella che lo costringe dapprima a cercare di starle lontano e poi ad avvicinarla. Tra i due inizia un'amicizia sospettosa che man mano si trasforma in un'attrazione potente, irresistibile. Fino al giorno in cui Edward rivela a Bella il suo segreto...
 
Partendo dal fatto che quasi sempre i libri sono meglio dei film (provate a pensarci bene e vedrete che ci sono pochissimi, se non nessuno, casi in cui valga il contrario), mi sono resa conto che questo è vero anche per la saga di Twilight. Per quanto non mi siano piaciuti i romanzi, le versioni cinematografiche sono ancora peggio, soprattutto a causa di attori che non sanno proprio recitare. Quindi, se sei appena uscito da una caverna dove ti avevano rinchiuso negli ultimi dieci anni e non conosci il fenomeno scaturito dalla penna della Meyer, tra le due opzioni è meglio che tu legga i libri.
 
Ma ora parliamo del primo romanzo. La scrittura non è delle migliori, anzi. A volte è troppo semplice e banale; le descrizioni dei personaggi e dei luoghi sono carenti se non assenti del tutto: Edward viene descritto come bellissimo, i suoi fratelli bellissimi, le sorelle bellissime...Stephenie, ma qualche spiegazione in più? Per caso sei andata nella stessa scuola "niente aggettivi né sinonimi" di E. L. James?
 
Si tratta di un racconto in prima persona, la storia dal punto di vista di Bella, e secondo me era meglio in terza persona; è la prima volta che mi capita di non essere d'accordo con la scelta della voce narrante, ma Bella è un personaggio che parla e, soprattutto, pensa molto poco così diventa un lungo ed interminabile monologo di Edward.
Lui non ne esce proprio male da questo primo libro: è abbastanza misterioso, romantico e protettivo da piacere alle adolescenti; non proprio il principe azzurro, ma un buon sostituto per il ventunesimo secolo.
Lei purtroppo è insipida, assolutamente vuota di opinioni e pensieri. Sembra lo stereotipo dell'adolescente: arrabbiata (non si sa con chi), testarda, capricciosa e piagniucolosa. A dire la verità, è più simile ad una bambina che a una giovane donna.
 
Posso capire perché ai giovani questo libro piaccia. La storia si basa molto sulla chimica che c'è tra i due protagonisti, l'atrazione tra loro è soprattutto fisica, è quasi primitiva e primordiale. Infatti l'amore a quell'età è vissuto così, con tutti gli ormoni impazziti che offuscano la mente e compromettono la lucidità. Crescendo si perde un po' questa visione, dando più peso ad aspetti del carattere e della personalità dell'individuo che ci sta di fronte.
Se proprio vogliamo dare un punto a favore a questa povera scrittrice, devo ammettere che è molto brava a descrivere la tensione sessuale tra i due personaggi.
I motivi per cui Edward e Bella si piacciono, oltre all'atrazione "fisica", vengono tralasciati completamente dalla Meyer e tu, che l'adolescenza l'hai passata da un po', non riesci a capire come possano stare insieme questi due.
 
Non si tratta sicuramente di un capolavoro della letteratura, ma è più che altro una lettura tranquilla e leggere, per passare qualche ora senza doversi concentrare troppo.
 
VOTO: 6/10

venerdì 19 ottobre 2012

HUNGER GAMES (la trilogia) di Suzanne Collins

Arrivo con estremo ritardo a parlare della trilogia di "Hunger Games", una delle saghe per ragazzi più lette degli ultimi tempi. Oramai da mesi tutto il mondo ha letto i tre libri e ha anche visto il primo film tratto da essi, io arrivo sempre dopo, ma se ancora qualcuno se lo fosse lasciato scappare, corra subito a leggerlo perché ne vale la pena. Molti hanno paragonato questi libri alla saga di "Twilight" e io, sinceramente, non capisco perché visto che non hanno niente in comune, questi sono molto più belli!!! Mi vengono in mente altri libri da paragonare a "Twilight", perché simili per via di trama e personaggi, ma questo è un altro discorso e ne parlerò prossimamente nel blog.

Ogni anno, a Panem, Capitol City organizza un reality show, gli Hunger Games, per ricordare il suo potere sui 12 Distretti che governa. con una sola regola: uccidi o muori. Ognuno dei Distretti deve sorteggiare un ragazzo e una ragazza tra i 12 e i 18 anni che verrà gettato nell'Arena a combattere fino alla morte. Ne sopravvive uno solo, il più bravo, il più forte, ma anche quello che si conquista il pubblico, gli sponsor, l'audience. Katniss appartiene al Distretto 12, quello dei minatori, quello che gli Hunger Games li ha vinti solo due volte in 73 edizioni, e sa di aver poche possibilità di farcela. Ma si è offerta al posto di sua sorella minore e farà di tutto per tornare da lei. Da quando è nata ha lottato per vivere e lo farà anche questa volta. Nella sua squadra c'è anche Peeta, un ragazzo gentile che però non ha la stoffa per farcela. Lui è determinato a mantenere integri i propri sentimenti e dichiara davanti alle telecamere di essere innamorato di Katniss. Ma negli Hunger Games non esistono gli amici, non esistono gli affetti, non c'è spazio per l'amore. Bisogna saper scegliere.

Dopo la settantaquattresima edizione degli Hunger Games, Katniss e Peeta sono, miracolosamente, ancora vivi. Katniss dovrebbe sentirsi sollevata, perfino felice. Dopotutto, è riuscita a tornare dalla sua famiglia e dall'amico di sempre, Gale. Invece nulla va come lei vorrebbe. Gale è freddo e la tiene a distanza. Peeta le volta le spalle. E in giro si mormora di una rivolta contro Capitol City, che Katniss e Peeta potrebbero avere contribuito a fomentare. La Ragazza di Fuoco è sconvolta: ha acceso una sommossa. Ora ha paura di non riuscire a spegnerla, e forse non vuole neppure farlo. Mentre si avvicina il momento in cui lei e Peeta dovranno passare da un distretto all'altro per il crudele Tour della Vittoria, la posta in gioco si fa sempre più alta. Se non riusciranno a dimostrare di essere perdutamente innamorati l'uno dell'altra, Katniss e Peeta rischiano di pagare con la vita. Una terribile sorpresa li aspetta dietro l'angolo: all'annuncio dei settantacinquesimi Hunger Games la loro vita sembra essere diventata un incubo.

Contro tutte le previsioni, Katniss è sopravvissuta agli Hunger Games per la seconda volta. Ma anche se ora è lontana dall'Arena sanguinaria, non può dirsi salva. Capitol City è molto arrabbiata e vuole vendetta. Come se non bastasse, il Presidente Snow tiene a precisare che ormai tutti sono in pericolo, nessuno escluso: la famiglia di Katniss, i suoi amici più cari, tutti gli abitanti del Distretto 12.
La Ragazza di Fuoco, con la sua famiglia, si rifugia nel famigerato tredicesimo Distretto, quello che tutti credevano distrutto. In realtà sono anni che gli abitanti del Distretto 13 vivono nascosti sotto terra, organizzando una rivolta verso Capitol City.
Tutto sembra andare meglio nel nuovo Distretto, ma le apparenze ingannano e Katniss lo scoprirà presto; il suo duro lavoro non è ancora finito, anzi è appena iniziato. Ora che la scintilla si è trasformata in un ardente fuoco di rivolta, alla Ghiandaia Imitatrice non resta che spiccare il suo volo verso la libertà.

Una straordinaria storia, un po' alla "1984" di George Orwell. La tensione è palpabile mentre si legge, mi sentivo in uno stato d'ansia costante, avevo il battito cardiaco accelerato.  Mi piace quando trovo un romanzo che mi fa vivere emozioni forti, nel bene e nel male, e questi tre romanzi sono un ottimo esempio. Durante la lettura ero piena di angoscia e rabbia, provocate principalmente dalle ingiustizie che i potenti infliggono ai più deboli e poveri, un argomento che mi infastidisce molto.
Ho guardato anche il film e devo dire che mi è piaciuto, ma non come il libro. Katniss è un personaggio molto silenzioso e riflessivo, che puoi comprendere e capire solo leggendo il libro. Per questo il film risulta molto silenzioso a uno spettatore che non conosce per niente la saga; comunque resta una buona trasposizione cinematografica.
Personalmente l'unica cosa che mi ha infastidito nel primo libro è il "gioco" degli innamorati sfortunati che Katniss e Peeta portano avanti nell'Arena. Lei lo fa in buona fede, per sopravvivere, per lei è una strategia che la aiuterà a salvare sia lei che Peeta; ma mi ha infastidito parecchio, perché lui è veramente innamorato e non mi piace quando si gioca con i sentimenti degli altri.

Se nel primo romanzo la trama può apparire leggermente "lenta", perché tutto è incentrato su Katniss che si prepara e poi partecipa agli Hunger Games, nel secondo la trama si infittisce, vengono trattati molti più argomenti e le conseguenze delle azioni dei protagonisti prendono vita, portando a risvolti interessanti. Gli spunti di riflessione su argomenti che non sono per niente leggeri, pur non mancando nel primo, sono infinitamente di più nel secondo, per non parlare del terzo e conclusivo libro, anche se quest'ultimo non è all'altezza degli altri due (soprattutto gli ultimi due capitoli).

All'inizio la vita di Katniss le va bene così: gli Hunger Games sono ingiusti e crudeli, la vita nei distretti non è delle più felici, ma grazie alla caccia riesce a sopravvivere e a sfamare la sua famiglia. In un certo modo ha una specie di accettazione/rassegnazione per quel modo di vivere. Nei successivi libri, poco a poco, si fa strada in lei la consapevolezza che le cose devono cambiare e che lei ha il potere di far avvenire questo cambiamento. Ho una predilezione per questo genere di eroine, che prendono coscenza della loro forza e la usano per perseguire la giustizia e la verità.
Sembra quasi un romanzo femminista, favorevole al "potere rosa", perché il presidente del Distretto tredici è una donna, anche chi capeggia le rivolte nei diversi distretti sono prevalentemente delle donne (alcune vincitrici dei passati Hunger Games); e sono tutte coalizzate nel sconfiggere Capitol City che ha come presidente un uomo. Sembra quasi dire che quando le cose si mettono male sono le donne a prendere in mano la situazione, a prendere il potere, e cercare di sistemare tutto. Mi piace!!!

Proseguendo con la trilogia, si comprende come la capitale abbia rovinato la vita a tutti i vincitori dei giochi. Le promesse fatte erano di una vita migliore per loro e le loro famiglie, con agevolazioni e privilegi; ma in realtà tutti, in un modo o nell'altro, hanno pagato un prezzo molto alto: chi ha perso i propri cari, chi si è dato all'alcool, chi è stato venduto per il piacere altrui, etc...
Tutti sono stati cambiati, interiormente, dai giochi, compresa Katniss ed è proprio questo che provoca il divario tra lei e Gale (all'inizio molto uniti tra di loro) e invece l'avvicina e la unisce profondamente a Peeta.

Avevo sentito che era impossibile fermarsi al secondo libro senza leggere il terzo, ed è vero. Alcuni sono stati costretti ad aspettare con impazienza l'ultimo romanzo perché l'Italia è stata una delle ultime a pubblicarlo; commenti sparsi nel web confermano che è stata una sofferenza per i poveri lettori e posso capire benissimo il perché. Fortunatamente io ho cominciato a leggerlo possedendo già l'intera saga e voglio lasciarvi con questo consiglio: se intendete leggere "The Hunger Games" procuratevi la trilogia completa!!

VOTO: 9,5/10