martedì 24 gennaio 2017

GLOBALIA di Jean-Christophe Rufin

A prima vista, di questo libro mi era piaciuto tutto: la copertina suggestiva, il titolo, la rilegatura stretta e perfetta, la trama e anche la Casa Editrice.
Era partito anche bene, mi appassionava e scorreva velocissimo, ma poi è successo qualcosa e le mie alte aspettative si sono un po' infrante su un mattone da 440 pagine.
Avviso che in questa recensione ci saranno probabilmente degli spoiler, perché ho bisogno di parlare liberamente di questa storia per far capire le mie perplessità.

In un futuro prossimo, così prossimo da apparirci verosimile in maniera preoccupante, il pianeta è un unico grande stato in cui vige la democrazia perfetta: Globalia.
A Globalia non c'è più povertà, non ci sono guerre, c'è totale libertà di opinione, la medicina ha fatto progressi tali che la vita umana sfida i secoli, la tecnologia è talmente progredita che non c'è nemmeno più il brutto tempo! È come se Globalia si fosse isolata dai problemi che affliggono il mondo ordinario. E l'isolamento è concreto, oltre che metaforico, perché i suoi territori sono protetti da gigantesche cupole di vetro che la separano da tutto il resto. Il resto sono le non-zone, i territori che Globalia non ha ritenuto opportuno inglobare a che, lasciate a se stessi e precipitati nel degrado, sono abitati da un'umanità regredita alla barbarie, un'umanità violenta, diffidente, brutale.
A tenere le fila di un sistema che apparentemente tutela l'individuo, ma che in realtà lo controlla in maniera ossessiva, è un ristretto pool di magnati ultracentenari guidati da Ron Altman, da cui dipendono tutte le fonti di energia. A sfidare quella finta perfezione penseranno Bajkal e Kate, due dei rarissimi giovani rimasti in quel mondo popolato da vegliardi, con un avventuroso tentativo di evasione che li porterà a confrontarsi direttamente con Ron Altman in una rocambolesca successione di colpi di scena.

Tenete ben a mente queste ultime parole: "...rocambolesca successione di colpi di scena" perché ci torneremo più avanti nella recensione. Ok? Bene.
Senza dubbio stiamo parlando di un distopico. In un futuro non meglio specificato, ma molto simile ai giorni nostri in modo da coinvolgere e inquietare di più il lettore, il mondo è diviso in due zone: quella sicura e protetta da una cupola di vetro, sotto la quale tutto è controllato nei minimi dettagli perfino il clima, cioè Globalia; e tutto il resto dei territori che non stanno sotto la cupola e che vengono chiamate non-zone.
Lo scopo di tutti i globaliani è essere felice e realizzati per il maggior tempo possibile. Lo Stato si concentra a soddisfare le esigenze solo degli anziani, che qui vengono definiti "persone di grande avvenire", che sono la maggior parte della popolazione. Persone spesso ultra centenarie, ritoccate chirurgicamente dalla testa ai piedi e i più ricchi hanno anche diversi cloni, da cui prendere eventuali organi da sostituire.
Lo scopo finale di Globalia è cercare di arrivare alla mortalità zero, ma anche alla nascita zero. Le nascite sono controllate e strettamente circoscritte a pochissimi casi necessari.
Di giovani ce ne sono pochissimi e quei pochi non vengono nemmeno considerati, costretti a crescere in collegio, denigrati ed emarginati dalla società.
Tutta questa società è tenuta in piedi anche dalla paura. Perché si sa che con la paura si governa e si manipolano meglio le persone (fior fiore di dittature credevano in questo). Un popolo che non ha paura non ha motivo di sottostare a regole e ordini che arrivano dalle alte sfere del potere.
La creazione di un nemico comune, da odiare e temere, da parte di chi governa fa si che ci siano, nella società globaliana, i più coraggiosi che si adoperano per proteggere e contrastare il pericolo e i più deboli si sentano protetti e al sicuro.
Una situazione al limite dell'assurdo ed estremamente inquietante per il lettore ma che, come detto prima, non si discosta così tanto dalla realtà odierna, se ci riflettiamo bene si possono trovare molte analogie.
Una macchina ben oliata che sembra procedere ben spedita senza intoppi, ma non è così ed è proprio qui che entrano in scena i nostri protagonisti. Tutti e tre giovani, emarginati e con nulla da perdere a quanto pare, che metteranno  in discussione l'intero sistema e la propaganda alla quale sono stati sottoposti fin dalla nascita. È il loro pensare diversamente dalla massa, completamente fuori dagli schemi, agire diversamente e non conformarsi a ciò che vuole Globalia, che li porterà ad essere isolati ed esclusi e quindi a dare il via a tutta la storia.

Fino a qui prometteva bene, vero? In più era estremamente veloce da leggere. Io sono una lettrice molto lenta, perché mi piace "assaporare" i libri, ma questo mi aveva talmente coinvolta che non riuscivo a chiuderlo e metterlo giù e in due giorni ero arrivata quasi a pagina 200. Poi il crollo.
Vi ricordate le parole alla fine della sinossi? "...rocambolesca successione di colpi di scena". Ecco. No. In questo romanzo non succede niente di niente, o almeno niente di emozionante. Non ci sono colpi di scena, niente momenti eclatanti, di suspence o carichi di tensione. Quando sembra che stia per succedere qualcosa...niente, non succede niente.
Per questo dopo un po' la lettura è diventata pesante, lenta e poco stimolante. A pagina 390 (su 440) ancora mi stavo chiedendo se sarebbe mai successo qualcosa di interessante.
Il fatto che il protagonista, Bajkal, venga preso, sbattuto nella non-zona e fatto passare per un terrorista che punta a distruggere la società globaliana, sembra fatto solo per gioco e divertimento da parte dei potenti. E alla fine, quando spiegano che tutto è stato orchestrato per incastrare solo uno dei potenti che governano Globalia, non convince. Questo piano machiavellico messo in piedi dal signor Ron Altman, studiato e progettato per quasi vent'anni, sembra troppo complicato, arzigogolato, per il fine che ha, e pieno di buchi e falle che avrebbero potuto ritorcesi contro da un momento all'altro.
Bajkal viene catapultato in un mondo che non conosce, senza sapere cosa fare e tutto ciò che gli accade sembra semplicemente succedergli per caso.
L'inutilità del personaggio da Kate, fidanzata di Bajkal, è imbarazzante. All'inizio sembra anche convinta e decisa a fare veramente qualcosa, ma poi quando le cose si animano un po' ed è il momento di agire, se ne resta in disparte in un bosco ad aspettare che il ragazzo la vada a prendere.
Il comprimario Puig è quello più sfruttato di tutti, soprattutto da Ron Altman che gli fa perdere il posto di lavoro e qualsiasi altra cosa, e alla fine di tutto viene anche gabbato di brutto. Usato e bistrattato, sembra una pedina centrale di tutto il piano di Altman, ma in realtà è la parte più debole, traballante e poco influente su tutta la storia.

Nel punto in cui viene descritto che fanno le nuggets di iguane e il milkshake di formiche rosse schiacciate, per ricordare il vecchio ristorante McDonald's, volevo alzare le mani, arrendermi e mollare tutto. Poi ho resistito e continuato la lettura, sperando che succedesse qualcosa che mi riappassionasse alla storia. Purtroppo non è stato così.
Ci sono molte lacune, secondo me. Ad esempio, non viene mai spiegato come il mondo che conosciamo si sia trasformato in Globalia. Sembra che dei grandi e potenti personaggi, che governano veramente questa società distopica (i politici qui non contano nulla) e posseggono tutto: dall'energia al commercio, dalle banche al mercato alimentare, dalle armi alla tecnologia (una trentina di persone), si siano svegliati una mattina e abbiano deciso: "Oggi copriamo un po' di territori con una cupola e cominciamo a controllarli noi. A quelli che non va bene, li spediamo nei territori non protetti e li bombardiamo."
Senza una spiegazione, una motivazione credibile, sembra tutto campato in aria. Tutta la storia ha fondamenta deboli, instabili, e per questo traballa.
In questo libro c'è anche l'epilogo più inutile e vuoto che io abbia mai trovato. Assolutamente trascurabile e che non apporta nulla di sostanzioso alla storia. Per questo il finale è poco emozionante e piatto come tutto il romanzo.

Mi dispiace perché avevo grandi aspettative e all'inizio prometteva benissimo. Si notavano i rimandi a "1984", a cui Jean-Christophe Rufin si è oggettivamente ispirato, ma ha mancato completamente il bersaglio e non è riuscito minimamente ad avvicinarsi al capolavoro di Orwell.
La scrittura è semplice, molto scorrevole, ma accurata. Purtroppo tutta la storia non mi ha convinta fino in fondo e mi ha lasciato un po' di amaro in bocca, un po' di delusione. Insomma, con 440 pagine a disposizione poteva creare una storia più stimolante e piena di colpi di scena, più sostanziosa e succulenta, da leggere tutta d'un fiato.
Comunque è stata una lettura abbastanza piacevole, per la maggior parte del tempo, a tratti un po' noiosa. Se sviluppato meglio sarebbe potuto diventare un prodotto molto buono.

2 commenti:

  1. Ecco.
    Io del tuo giudizio mi fido ciecamente, e quindi ora sono molto frenata dall'affrontare questo libro che pure avevo puntato (anche perché - siccome ho oggettivamente poco tempo per leggere - ci penso sempre bene prima di lanciarmi in letture lunghe come questa). Peccato perché mi piaceva moltissimo l'idea, e come hai detto anche tu la copertina suggestiva mi attirava davvero, In più, io ho una predilezione particolare per la casa editrice e/o, mi piace proprio tutto quello che leggo di loro e mi fido molto del loro progetto editoriale.
    I distopici e le ucronie in generale mi piacciono ma solo se sono fatti molto molto bene, se come dici tu tutto è giustificato e razionale, non quando assomigliano a fantascienze ardite in cui tutto si può mettere perché tanto è tutto immaginato. Rimanendo più o meno nel genere, qualche anno fa rimasi molto colpita da "L'uomo nell'alto castello" di Dick, che mi angosciò molto.
    Un abbraccio da Eva.

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    1. A me invece i libri grossi, corposi, pieni di pagine piacciono molto, tendo a preferirli a storie più brevi, perché mi sembra che ci sia dentro di più (che poi non è vero, è solo un'impressione). Ma questo romanzo mi ha delusa tanto soprattutto perché non succede nulla di nulla, è piatto e diventa estremamente noioso leggere più di 400 pagine così.
      Lo sai che "L'uomo nell'alto castello" di Dick ha ispirato una serie TV omonima di recente? Ho visto la prima puntata e non era male, probabilmente la continuerò dopo aver letto il libro.
      Fammi sapere se la guarderai.

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