Mentre sto scrivendo questo post sto espiando la mia colpa, una colpa gravissima: essere una delle pochissime persone al mondo a non aver mai letto qualcosa di David Foster Wallace. Ma eccomi qui a rimediare, quindi immaginatemi pure in ginocchio sui ceci come penitenza per questa mia grande mancanza.
I sei racconti di questa raccolta, scritti tra il 1984 e il 2005, offrono uno
sguardo di insieme sulla straordinaria avventura artistica di Wallace, e una
summa delle sue tematiche e dei diversi stili con cui le ha affrontate ed
esaltate. La depressione, vivisezionata nelle sue spietate dinamiche nel
doloroso e commovente "Il pianeta Trillafon in relazione alla Cosa Brutta"; la
ricerca di una nuova maturità ed equilibrio nel discorso tenuto davanti agli
studenti del Kenyon College, che dà il titolo alla raccolta; il sentimento
amoroso in tutte le sue possibili declinazioni, tra goffaggine, tenerezza,
crudeltà, nelle due novelle "Solomon Silverfish" e "Ordine e fluttuazione a
Northampton"; l'adolescenza come stagione della vita in cui ricerca d'identità e
perversione finiscono per coesistere, in "Altra matematica"; le nuove
complessità del mondo globale e il crollo di ogni logica binaria, nel piccolo
gioiello "Crollo del '69".
Che stolta sono stata a non aver cominciato prima a leggere Wallace. La sua prosa è strepitosa, in alcuni punti ironica, ma tagliente dove serve. Ora capisco perché è considerato da larga parte della critica come il più importante autore americano dell'ultima generazione. Di solito non amo molto i racconti brevi, prediligo sempre libri molto più lunghi e consistenti (datemi un libro con più di 500 pagine e toccherò il cielo con un dito). Ma questo autore mi sta facendo cambiare idea. La sua scrittura è talmente diretta, immediata, ma allo stesso tempo estremamente profonda e complessa, che non ha bisogno di centinaia di pagine per esprimersi al meglio e colpirti, gliene bastano molte meno.
In più questo volume è arricchito da una nota di Don DeLillo e da una postfazione del curatore Luca Briasco.
Il primo racconto, "Solomon Silverfish", mi ha letteralmente stesa. Il modo di descrivere il cancro che sta uccidendo la moglie di Solomon mi ha quasi fatto toccare la malattia con mano. La analizza con cura e in profondità, dandole forma e rendendola reale agli occhi del lettore. Le attribuisce persino un odore...è geniale.
Stessa cosa quando parla della depressione nel terzo racconto, "Il pianeta Trillafon in relazione alla Cosa Brutta", che nemmeno in un testo di psichiatria è spiegata così bene. Puoi percepire la sofferenza del protagonista ed è tutto così vivido e coinvolgente da farti venire la pelle d'oca.
Mi è piaciuto da subito, ma Wallace ha rischiato di perdermi con il quarto e quinto racconto, che non mi hanno coinvolto più di tanto e quindi stavo perdendo l'entusiasmo iniziale. Ma non tutto era perduto e, con un incredibile colpo di coda, mi ha ripreso alla grande con il sesto e ultimo racconto, "Questa è l'acqua". Il discorso tenuto davanti agli studenti del Kenyon College mi ha riconquistata, ha toccato delle corde per me molto sensibili e ho capito, con somma ammirazione, che David Foster Wallace parla una lingua affine alla mia.
VOTO: 8,5/10
Non voglio dilungarmi troppo, perché è l'ultimo dell'anno e dobbiamo tutti preparaci per i festeggiamenti di questa sera.
Ma un'ultima cosa devo dirla.
Ringrazio ufficialmente Maria di Start from scratch per avermi consigliato questo autore stupendo. Lei mi ha detto che, per conoscere Wallace, sarebbe stato meglio partire da una raccolta di suoi racconti. Avendo imparato, con il tempo, che i suoi consigli sono preziosi e i suoi giudizi affidabili, l'ho seguita ciecamente.
Allo stesso tempo le voglio dedicare anche questo ultimo post del 2013, perché esattamente un anno fa è capitata per caso nel mio blog e ha deciso di lasciarmi un commento, dando così vita a una bella amicizia tra blogger, che spero durerà ancora a lungo.
BUON ANNO A TUTTI E CI RIVEDIAMO NEL 2014!!!