Questo romanzo è uscito nelle librerie il 12 marzo scorso e io sono molto orgogliosa, perché per una volta sono sul pezzo. Beh, quasi...è passato più di un mese. Ma chi mi segue regolarmente sa che non parlo mai di libri appena usciti, io arrivo sempre dopo, non riesco a stare al passo con queste cose. Quindi sono molto felice di parlarvi ora dello straordinario Reykjavik Café.
Per una donna i trent'anni sono un'età meravigliosa, si comincia a fare sul serio e ad assaporare il bello della vita. Peccato che non sia quasi mai così.
Hervor, Karen, Silja e Mia, ad esempio, sono tutte alle prese con situazioni sentimentali caotiche e insoddisfacenti. C'è quella che si accontenta di saltuarie notti di sesso con l'ex professore di università; chi vive dai nonni, trascorrendo i weekend in discoteca e svegliandosi ogni volta in un letto diverso. Oppure la dottoressa, costretta a lunghi turni di lavoro, che la volta che rientra a casa senza avvisare sorprende il marito con una biondina. E poi c'è la più scombinata di tutte: è stata lasciata dal fidanzato e ora vive in una mansarda in mezzo agli scatoloni del trasloco, faticando a trovare un lavoro e una direzione nella vita. Le quattro giovani donne non si conoscono né sembrano avere molti punti in comune. A unirle è la pausa al Reykjavik Café dove, nel buio gennaio islandese, vanno a cercare un po' di calore. Finché, fra un latte macchiato e un cocktail di troppo, ognuna troverà la propria felicità, o qualcosa di molto vicino.
Prima di tutto un accenno alla copertina: secondo me è stupenda. Solo guardandola si viene catapultati nel freddo inverno islandese. Perché le copertine sono importanti, non prendiamoci in giro. Quando mi trovo di fronte un libro, la scelta di prenderlo o no dipende da diversi fattori: quello più importante, che influenza il 50% della decisione, è sicuramente la trama; un 15% lo attribuisco al titolo del romanzo (per esempio, non leggo nulla che nel titolo abbia qualcosa che si può mangiare...fissazioni mie); e il restante 35% va tutto alla copertina (e al formato del libro).
La scrittura è fresca e scorrevole, già dalle prime pagine il lettore viene coinvolto nella storia e da quel momento in poi è difficile posare il libro. Ogni capitolo corrisponde a una delle protagoniste, alternandosi tra Hervor, Mia, Silja e Karen, con un ritmo sempre incalzante e divertente, non si perde mai il filo della storia e alla fine il lettore ha un quadro completo di ciò che è accaduto.
Le quattro ragazze non si conoscono, ma si sfiorano continuamente durante tutta la storia, incrociandosi e influenzandosi con il loro passaggio. Questo mi ha permesso di riflettere su quanto le nostre azioni influenzino la vita di chi ci sta intorno nel bene (come nel caso di Hervor con Marinò), oppure nel male (come accade tra Karen e Silja). Mai sottovalutare l'importanza di una buona azione nei confronti di qualcuno. Bisognerebbe impegnarsi per fare sempre del bene, anche perché dicono che prima o poi torni tutto indietro e questo romanzo dimostra questa teoria.
Un'altra cosa su cui mi sono ritrovata a riflettere, mentre le pagine mi scorrevano tra le mani, è che quando tutto va male non servono molte parole, a volte basta un semplice abbraccio, pieno d'amore e comprensione, da chi ci sta vicino (che può essere un familiare, ma anche un amico sensibile appena conosciuto); oppure può essere utile anche un buon caffè, che scalda il cuore in una giornata fredda.
Queste quattro donne passano un periodo buio e triste della loro vita, come l'inverno buio e freddo dell'Islanda, protagonista anch'esso insieme alle ragazze, che sferza la capitale con i suoi soffi gelidi. Ma poi arriva la primavera, anche quando sembra tutto troppo buio, il sole comincia a scaldare un po' di più e quel freddo che congelava le ossa comincia a dipanarsi, il cuore riprende a battere e la vita stessa ricomincia.
Da questa terra poco conosciuta, fredda, ma incredibilmente interessante è uscito un romanzo affascinante che parla di quattro donne forti e determinate, che si rialzano dopo una caduta e sanno prendere in mano le redini della propria vita. Non mi stupisce che un libro così arrivi proprio da una giovane scrittrice islandese, Solveig Jonsdottir, perché recentemente ho letto un bel articolo del The Post Internazionale in cui si spiegava perché l'Islanda sia il paese più femminista al mondo. Dateci un'occhiata.
Un'altra cosa su cui mi sono ritrovata a riflettere, mentre le pagine mi scorrevano tra le mani, è che quando tutto va male non servono molte parole, a volte basta un semplice abbraccio, pieno d'amore e comprensione, da chi ci sta vicino (che può essere un familiare, ma anche un amico sensibile appena conosciuto); oppure può essere utile anche un buon caffè, che scalda il cuore in una giornata fredda.
Queste quattro donne passano un periodo buio e triste della loro vita, come l'inverno buio e freddo dell'Islanda, protagonista anch'esso insieme alle ragazze, che sferza la capitale con i suoi soffi gelidi. Ma poi arriva la primavera, anche quando sembra tutto troppo buio, il sole comincia a scaldare un po' di più e quel freddo che congelava le ossa comincia a dipanarsi, il cuore riprende a battere e la vita stessa ricomincia.
Da questa terra poco conosciuta, fredda, ma incredibilmente interessante è uscito un romanzo affascinante che parla di quattro donne forti e determinate, che si rialzano dopo una caduta e sanno prendere in mano le redini della propria vita. Non mi stupisce che un libro così arrivi proprio da una giovane scrittrice islandese, Solveig Jonsdottir, perché recentemente ho letto un bel articolo del The Post Internazionale in cui si spiegava perché l'Islanda sia il paese più femminista al mondo. Dateci un'occhiata.