giovedì 13 settembre 2012

IL RE, IL SAGGIO E IL BUFFONE di Shafique Keshavjee

Ogni tanto mi concedo delle letture un po' più impegnative, per così dire. In questo caso, sebbene dal titolo non si direbbe, questo libro affronta molte tematiche riguardanti il mondo e la vita, prendendo in considerazione le cinque grandi religioni mondiali. Quello che potrebbe facilmente diventare un saggio su temi scottanti, si trasforma in un bel romanzo grazie a una trama ben costruita e a personaggi che sembrano molto realistici.

C'era una volta, in un paese lontano lontano, un Re buono e giusto. C'era un Saggio che lo consigliava, c'era un Buffone che lo punzecchiava e il popolo intero che sonnecchiava. Una notte un'ondata di sogni inquietanti tormentò il sonno del Re, del Saggio e del Buffone. Fu così che il Sovrano, per cercare una strada verso la spiritualità, decise d'indire il primo Gran Torneo delle Religioni nella storia dell'umanità. Sei uomini, paladini di sei diverse visioni del mondo e della vita, accettarono la sfida: un ateo, un buddhista, un indù, un musulmano, un ebreo e un cristiano. E che vinca il migliore.
La ricerca del Sapere assoluto, di tutte le imprese impossibili è certo la più vertiginosa, di tutti i viaggi il più avventuroso; e si snoda per quattromila anni di storia lungo testi sacri e tradizione orale, teologia, filosofia, poesia, scienza, e per parabole, favole, immagini, ai quattro angoli del pianeta.

Per me è stata indispensabile e preziosa l'appendice alla fine del libro, che spiega in modo semplice e chiaro tutti i punti fondamentali delle cinque religioni prese in esame. Molte cose non le sapevo e l'averle apprese mi ha aiutato a comprendere meglio il libro stesso.
Prima di cominciare a leggerlo speravo fosse uno di quei libri che, nonostante ti presenti diversi punti di vista, alla fine il messaggio è: tutte le religioni sono simili tra loro, ognuna crede di avere la verità in pugno, ma la cosa importante è il libero arbitrio, cioè la possibilità di scegliere liberamente ... (che rispecchia un po' il mio personale pensiero sul tema). Alla fine della mia lettura non sono rimasta delusa, perché mi sono resa conto che è vero che le religioni si assomigliano tra loro e il messaggio che tutte trasmettono è di amore, rispetto e tolleranza; ma come si suol dire: predicano bene e razzolano male. Infatti la realtà è un'altra e lo si nota anche attraverso queste pagine, perché i rappresentanti religiosi non vogliono cedere sulle loro convinzioni e non si dimostrano veramente tolleranti nei confronti degli "avversari" del Torneo.

Ho notato che i partecipanti al torneo hanno tutti un nome che, in un modo o nell'altro, fa riferimento alla religione che essi rappresentano. Sicuramente è voluto e questo aiuta il lettore a capire subito chi abbia preso la parola in quel determinato momento e quali possano essere le sue idee, provocando una immediata associazione con la religione a cui appartiene il personaggio.
Il personaggio che ho trovato più adorabile è il rabbino, un personaggio sagace e simpatico. Le storie che racconta, che derivano dalla cultura ebraica, sono messaggi preziosi, divertenti, ricchi di umorismo e ironia, ma di quell'ironia buona, un po' alla Simpson (scusate il paragone) in cui la battuta ti fa ridere, ma ha un messaggio più profondo da lasciarti, che arriva diretto, chiaro e ti fa riflettere.

Questo libro l'ho letto di sera, prima di addormentarmi, e devo ammettere che è un po' pesante per quell'orario. Mette troppa carne al fuoco, fornendo molti spunti su cui riflettere, ai quali io non ho dato molto spazio in quei momenti a causa delle palpebre calanti e della incombente vicinanza del cuscino. Ma è un libro che ti resta dentro. Le sue parole e i suoi messaggi ti ronzeranno in testa per molto tempo dopo averlo letto. Un romanzo per riuscire a comprendere più affondo il mondo e le persone che ci circondano.
Consigliato a chi vuole aprire un po' di più la propria mente. A chi è in grado magari non di condividere fino in fondo, ma almeno comprendere e accettare le idee e le convinzioni altrui. A chi ha il coraggio di guardare oltre e ha una fiducia profonda nel dialogo tra uomini e idee diverse.

VOTO: 8/10

venerdì 7 settembre 2012

IL SUPERSTITE di Wulf Dorn

Non pensate neanche lontanamente che ora mi dedichi solo alla recensione di psico-thriller, ma "La psichiatra" mi aveva talmente convinto (per la recensione clicca QUI), che ho deciso di leggere anche il secondo romanzo di Wulf Dorn. Non temete, a breve tornerò ai generi letterari che preferisco; anche perché questa volta il signor Dorn non mi ha catturato per niente nella sua rete.

In una notte d'inverno un'auto sbanda, il guidatore è gravemente ferito. Aveva appuntamento con lo sconosciuto che poche ore prima aveva rapito suo figlio Sven, mentre era fuori casa con il fratello maggiore. Adesso tutto è inutile: l'uomo sa che sta per morire e anche suo figlio morirà.
Dopo ventitré anni lo psichiatra Jan Forstner vive con l'angoscia della scomparsa del fratellino. Tutto ciò che gli resta sono un registratore dove sono incise le ultime parole di Sven: "Quando torniamo a casa?"; e gli incubi che da quella notte non hanno smesso di tormentarlo.
Jan ha studiato psichiatria come suo padre, si è specializzato in criminologia e ora è tornato al punto di partenza: alla Waldklinik, la clinica dove lavorava il padre e dove adesso lavorerà anche lui. Vorrebbe ricominciare a vivere, lasciarsi alle spalle l'incubo; ma quando una paziente della clinica si suicida, Jan si troverà coinvolto in un'indagine che svelerà un segreto atroce rimasto sepolto per ventitré anni.

L'argomento principale è sempre la mente con tutte le sue sfaccettature e le violenze, reali o presunte, sui bambini. In questo c'è più depravazione ed è più crudo del libro precedente.
L'ambientazione è uguale, stessa clinica e stesso paese, ma le somiglianze con il primo libro finiscono qui, perché non sembra nemmeno scritto dallo stesso autore de "La psichiatra": la trama non è costruita in modo lineare e scorrevole e non è per niente coinvolgente, anzi. All'inizio è troppo confuso, racconta troppe storie parallele e per più di metà non si capisce dove voglia andare a parare; continua a raccontare diverse storie, accadute in tempi diversi, aggiungendo in continuazione dettagli, ma non riuscendo a dare nessun indizio per sbrogliare l'intera matassa. A lungo andare diventa pesante e noioso, perché non si capisce cosa sia successo veramente.

Per tutto il romanzo dice che il protagonista, Jan, è ossessionato dalla scomparsa del fratellino e che questa tragedia, avvenuta ventitré anni prima, ha condizionato tutta la sua vita, ma non viene specificato come; non entra mai ne particolari, né spiega cosa abbia fatto Jan, negli anni precedenti, per scoprire la verità sulla sparizione improvvisa del fratello. Non capisco perché si soffermi a descrivere situazioni che non hanno molto a che fare con la risoluzione del mistero, mentre altre cose, che potrebbero essere più importanti o incisive, vengano solo accennate e poi perse lungo il cammino.

Ora parliamo del grande colpo di scena finale. Si tratta veramente di un gigantesco colpo di scena, uno di quelli che ti lascia a bocca aperta. Nel momento in cui viene rivelato il colpevole di tutto, io sono rimasta un po' sconcertata perché non avevo capito che era lui, avevo pensato a tutt'altra persona. Subito ho pensato che questa enorme sorpresa era dovuta al fatto che mi ero un po' distratta dalla trama, per il  fatto che non mi piaceva il libro; ma ripensandoci non credo che sia per quello, ma per il semplice fatto che l'autore non te lo fa capire in nessun modo durante il romanzo. Ho avuto l'impressione che persino Jan sia rimasto più scioccato di me nel fare questa scoperta, non se l'aspettava nemmeno lui. Questa incredibile rivelazione, risvegliandomi dal torpore, mi ha invogliato a proseguire e a saperne di più sulle vicende narrate; purtroppo questo è avvenuto negli ultimi tre/quattro capitoli e, per quanto mi riguarda, non ha aiutato a salvare il libro.

Mi dispiace dirlo, ma non mi è piaciuto, non è intrigante e appassionante, ma solo sconclusionato e irritante per questo. Molte volte ho avuto l'impellente desiderio di abbandonarlo, ma è una cosa che raramente riesco a fare con un libro, anche se non mi piace continuo a leggerlo fino alla fine (spesso con molta difficoltà). Forse perché dentro di me continuo a sperare che vada meglio, che migliori pagina dopo pagina, ma raramente accade. In questi casi, una delle soluzioni che adotto, è leggere un altro libro insieme, così quando il libro in questione mi annoia troppo, passo all'altro. Infatti, "il superstite" l'ho "diluito" con un romanzo totalmente diverso (non potrebbero essere più agli antipodi di così), la cui recensione sarà nel blog a breve.

VOTO: 6/10

martedì 4 settembre 2012

LA PSICHIATRA di Wulf Dorn

Mi sono resa conto che le mie letture sono un po' troppo "tranquille": niente omicidi, niente mostri, niente tensione, nessun brivido o terrore. Mi serviva una scossa, di quelle che può dare un libro horror; ma visto che io non voglio leggere libri di quel genere (sono troppo fifona), dovevo trovare un'alternativa che mi scuotesse, ma che non mi spaventasse troppo. Così un'amica mi ha consigliato questo psico-thriller.

Ogni giorno la psichiatra Ellen Roth si scontra con un'umanità reietta, con la sofferenza più indicibile, con il buio della mente. Tuttavia a questo caso non era preparata: la stanza numero 7 è satura di terrore, la paziente è stata picchiata e seviziata, è chiusa in se stessa, mugola parole senza senso, dice che l'Uomo Nero la sta cercando e le sussurra che adesso prenderà anche lei, Ellen, perché nessuno può sfuggirgli. Quando il giorno dopo la paziente scompare dall'ospedale, senza lasciare traccia, per Ellen incomincia l'incubo. Nessuno l'ha vista uscire, nessuno l'ha vista entrare. La psichiatra la vuole rintracciare a tutti i costi, ma viene coinvolta in un macabro gioco da cui non sa come uscire. Non può far altro che tentare di mettere insieme le tessere di un puzzle diabolico, mentre precipita in un abisso di violenza, paranoia e angoscia. Eppure sa che, alla fine, tutti i nodi verranno al pettine.

Ammetto che ero scettica, perché secondo me per leggere un libro così ti deve piacere il genere e io non ne ero convinta. Temevo mi avrebbe fatto paura. Vi ho già detto che sono una fifona? Mi spavento con poco, sono facilmente influenzabile e il fatto che io legga prima di addormentarmi non aiuta. Non volevo rischiare di dormire per giorni con la luce accesa. Per mia fortuna non è andata così. Mi è piaciuto e l'ho trovato molto interessante e coinvolgente. La trama è ben costruita e ti avvolge sempre di più, costringendoti a continuare nella lettura per scoprire cosa accade a Ellen.

In alcuni punti non mi ha convinto, ad esempio quando vengono raccontati i due incubi che Ellen ha durante la notte. Non mi è piaciuta la descrizione, mi sono sembrati troppo lucidi per essere dei sogni, troppo vividi; davano proprio l'impressione di essere stati costruiti dall'autore e non di essere puro frutto della mente.
Confesso che in alcuni momenti era leggermente prevedibile. A metà io avevo già intuito cosa era veramente successo e l'autore ha confermato i miei sospetti qualche capitolo più avanti. Non per questo mi è dispiaciuto leggerlo, anzi, mi è piaciuto molto e l'ho letto con avidità.

La mente, con tutti i suoi lati bui, mi affascina e incuriosisce come pochi argomenti riescono a fare. Questo libro è in grado di trascinarti nei meandri della psiche umana; in una sorta di montagne russe che attraversano la paranoia, l'inquetudine, la paura, la rabbia, l'incredulità e la pazzia. Leggendolo ti ritrovi a sorprenderti del potere che la mente esercita sulle nostre azioni e, allo stesso tempo, a spaventarti di dove può portarti il lato oscuro, che è in ognuno di noi.

Non si può parlare di lieto fine, perché quando si trattano argomenti come le malattie mentali non è semplice far finire tutto per il meglio, visto che questi tipi di disturbi non guariscono, ma si impara a conviverci, nel migliore dei casi.
Comunque è un bel libro per gli amanti del genere e non solo, io ne sono un'esempio. Anche se un po' prevedibile, come ho detto prima, contiene anche alcuni momenti che riescono a sorprenderti e la storia è veramente intrigante.

VOTO: 8/10