martedì 31 dicembre 2013

QUESTA E' L'ACQUA di David Foster Wallace

Mentre sto scrivendo questo post sto espiando la mia colpa, una colpa gravissima: essere una delle pochissime persone al mondo a non aver mai letto qualcosa di David Foster Wallace. Ma eccomi qui a rimediare, quindi immaginatemi pure in ginocchio sui ceci come penitenza per questa mia grande mancanza.
 
I sei racconti di questa raccolta, scritti tra il 1984 e il 2005, offrono uno sguardo di insieme sulla straordinaria avventura artistica di Wallace, e una summa delle sue tematiche e dei diversi stili con cui le ha affrontate ed esaltate. La depressione, vivisezionata nelle sue spietate dinamiche nel doloroso e commovente "Il pianeta Trillafon in relazione alla Cosa Brutta"; la ricerca di una nuova maturità ed equilibrio nel discorso tenuto davanti agli studenti del Kenyon College, che dà il titolo alla raccolta; il sentimento amoroso in tutte le sue possibili declinazioni, tra goffaggine, tenerezza, crudeltà, nelle due novelle "Solomon Silverfish" e "Ordine e fluttuazione a Northampton"; l'adolescenza come stagione della vita in cui ricerca d'identità e perversione finiscono per coesistere, in "Altra matematica"; le nuove complessità del mondo globale e il crollo di ogni logica binaria, nel piccolo gioiello "Crollo del '69".
Che stolta sono stata a non aver cominciato prima a leggere Wallace. La sua prosa è strepitosa, in alcuni punti ironica, ma tagliente dove serve. Ora capisco perché è considerato da larga parte della critica come il più importante autore americano dell'ultima generazione. Di solito non amo molto i racconti brevi, prediligo sempre libri molto più lunghi e consistenti (datemi un libro con più di 500 pagine e toccherò il cielo con un dito). Ma questo autore mi sta facendo cambiare idea. La sua scrittura è talmente diretta, immediata, ma allo stesso tempo estremamente profonda e complessa, che non ha bisogno di centinaia di pagine per esprimersi al meglio e colpirti, gliene bastano molte meno.
In più questo volume è arricchito da una nota di Don DeLillo e da una postfazione del curatore Luca Briasco.
 
Il primo racconto, "Solomon Silverfish", mi ha letteralmente stesa. Il modo di descrivere il cancro che sta uccidendo la moglie di Solomon mi ha quasi fatto toccare la malattia con mano. La analizza con cura e in profondità, dandole forma e rendendola reale agli occhi del lettore. Le attribuisce persino un odore...è geniale.
Stessa cosa quando parla della depressione nel terzo racconto, "Il pianeta Trillafon in relazione alla Cosa Brutta", che nemmeno in un testo di psichiatria è spiegata così bene. Puoi percepire la sofferenza del protagonista ed è tutto così vivido e coinvolgente da farti venire la pelle d'oca.
 
Mi è piaciuto da subito, ma Wallace ha rischiato di perdermi con il quarto e quinto racconto, che non mi hanno coinvolto più di tanto e quindi stavo perdendo l'entusiasmo iniziale. Ma non tutto era perduto e, con un incredibile colpo di coda, mi ha ripreso alla grande con il sesto e ultimo racconto, "Questa è l'acqua". Il  discorso tenuto davanti agli studenti del Kenyon College mi ha riconquistata, ha toccato delle corde per me molto sensibili e ho capito, con somma ammirazione, che David Foster Wallace parla una lingua affine alla mia.
 
VOTO: 8,5/10
 
Non voglio dilungarmi troppo, perché è l'ultimo dell'anno e dobbiamo tutti preparaci per i festeggiamenti di questa sera.
Ma un'ultima cosa devo dirla.
Ringrazio ufficialmente Maria di Start from scratch per avermi consigliato questo autore stupendo. Lei mi ha detto che, per conoscere Wallace, sarebbe stato meglio partire da una raccolta di suoi racconti. Avendo imparato, con il tempo, che i suoi consigli sono preziosi e i suoi giudizi affidabili, l'ho seguita ciecamente.
Allo stesso tempo le voglio dedicare anche questo ultimo post del 2013, perché esattamente un anno fa è capitata per caso nel mio blog e ha deciso di lasciarmi un commento, dando così vita a una bella amicizia tra blogger, che spero durerà ancora a lungo.
 
BUON ANNO A TUTTI E CI RIVEDIAMO NEL 2014!!!


lunedì 23 dicembre 2013

CRONACHE DAL GRUPPO DI LETTURA #1

Ho partecipato al primo "Gruppo di lettura" organizzato da Maria, la mente vivace e brillante che sta dietro Start from Scratch. Con votazioni democratiche sono stati scelti prima l'autore, Paul Auster, e poi il libro da leggere, in questo caso "Follie di Brooklyn".
Abbiamo deciso di dividere il tutto in tre tappe, della durata di una settimana l'una, e al termine di ognuna ritrovarci su Facebook per discuterne.
1° tappa - da pagina 3 a pagina 86 (conteggio capitoli: leggere fino a "Una serata da mangiare e bere" ESCLUSO)
2° tappa - da pagina 87 a pagina 174 (conteggio capitoli: leggere fino a "Doppio gioco" ESCLUSO)
3° tappa - da pagina 175 fino alla FINE.
Una volta recuperato tutti il libro è partita la nostra avventura.

Nathan Glass è un assicuratore in pensione in cattivi rapporti con la ex moglie e la figlia. Dopo essere sopravvissuto al cancro, ma senza una lunga prospettiva di vita, decide di finire i suoi giorni a Brooklyn, nel quartiere dove è nato, per lavorare a una raccolta di storie e aneddoti divertenti che intitola "Il libro della follia umana". Camminando per le strade di Brooklyn incontra il nipote Tom, che non vede da molti anni. L'ultima volta che l'ha visto era un giovane e intelligente universitario prossimo alla laurea, con un futuro brillante di fronte a lui. Ora invece è un ingrigito commesso di libreria. È Tom il vero protagonista di questo romanzo, mentre Nathan è un osservatore e narratore delle vicende del nipote. Tutto si complica con l'arrivo di Lucy, la figlia di Aurora, la sorella di Tom, e dopo un lungo viaggio nel Vermont e un veloce rientro a Brooklyn, tutto cambia nelle vite di questi personaggi.
1° tappa - I commenti e le osservazioni sul libro sono cominciati in modo pacato e sottotono, ma sostanzialmente le idee erano diverse. Alcuni hanno avuto una prima impressione positiva di "Follie di Brooklyn", altri all'opposto non sono stati catturati dalle prime pagine. Io facevo parte di quest'ultimo gruppo, lo trovavo noioso e ancora non mi aveva coinvolto, ma devo ammettere che eravamo in minoranza. a pensarla così
Su una cosa eravamo tutti d'accordo: la scrittura di Austen. Fluida, scorrevole, non pesante e nemmeno banale. L'autore indubbiamente sa scrivere molto bene, arricchendo la narrazione con numerose citazioni e intelligenti riflessioni.
Ma forse era ancora presto per avere delle idee precise su questo romanzo, in fondo della storia ancora non si sapeva molto.
Quindi, sperando in un miglioramento, ho proseguito nella lettura...
 
2° tappa - La storia prende forma piano piano, ora conosciamo di più Nat e Tom e in più è arrivata anche Lucy. I commenti su Facebook ruotano, soprattutto, attorno all'idea dell'Hotel Esistenza di Tom; idea purtroppo destinata ad infrangersi. Poi il dibattito si sposta su Tom e su chi si riconosce in lui e lo apprezza e chi invece vorrebbe potergli dare una scrollata per vedere se è ancora vivo. Per non parlare di Lucy che alcuni non sopportano e vorrebbero darle una badilata in faccia (io per prima). Alla fine i commenti si perdono in una breve divagazione sulla storia della bambola di Kafka, scoprendo con estremo entusiasmo che è un libro che esiste veramente e così, come capita anche troppo spesso, la mia interminabile "lista dei libri da leggere" accoglie un nuovo membro.
Finalmente il romanzo comincia a piacermi, sono più coinvolta, ma continuo a non sopportare il vizio dell'io narrante di preparare il lettore alle vicende che stanno per accadere ai personaggi...ma stiamo cominciando la terza e ultima tappa, quindi continuiamo a leggere...
 
3° tappa - Inizia l'ultima settimana di lettura con uno spoiler firmato Maria, con tanto di trascrizione di una parte del testo. La discussione (a cui io non prendo parte perché non ho ancora letto quella parte) si anima perché l'argomento è scottante, importante, disturbante e complesso. Si parla di fondamentalismo. E tutti concordano che negli Stati Uniti è una piaga molto diffusa, e quindi Austen ha voluto inserire uno spaccato della società americana molto comune e riconoscibile.
Il finale non è una sorpresa, perché è descritto anche nella quarta di copertina. Alla maggior parte dei partecipanti al gdl il finale sembra un po' troppo sbrigativo, nelle ultime pagine si corre per raggiungere la data prescelta per la fine del romanzo: 11 settembre 2001. Data a mio parere inserita dall'autore per dare più veridicità ad un romanzo che non ne aveva bisogno, perché racconta già una storia autentica e reale nella quale tutti possono identificarsi almeno un po'. Il parere generale è che non era necessario inserire quella tragedia nel libro, era banale e poco coerente, ma forse è stata utile per alcuni punti di vista. Per me è servita a capire meglio tutto il lungo monologo finale di Nat e a rendere omaggio a tutte le vittime dell'attentato, ma anche a quelle persone sconosciute che muoiono tutti i giorni; ma per quasto si ha l'impressione che l'ultimo capitolo sia una cosa a parte, poco coerente con il resto del romanzo.
 
In conclusione, non è uno dei miei libri preferiti, ma mi è piaciuto e sono contenta di aver conosciuto Auster, un autore nuovo di cui non conoscevo assolutamente niente e del quale, probabilmente, non avrei mai letto nulla se non avessi partecipato al gdl.
Per quanto riguarda la mia prima esperienza in un "Gruppo di lettura" è stata assolutamente positiva e spero di poterla ripetere al più presto!!!!
Magari nel prossimo gdl leggerò finalmente Neil Gaiman!!!!
 

martedì 10 dicembre 2013

EMMANUEL di Francesco Bianco

Come già detto nel post in cui presentavo questo libro (clicca QUI) non sono una gran lettrice di fantascienza, i libri di questo genere che ho letto si possono contare tranquillamente in una mano. Ma è un argomento che non mi dispiace affatto e sono rimasta piacevolmente colpita da "Emmanuel" opera prima di Francesco Bianco.
 
In una calda e afosa mattina d’agosto del 2050 appaiono nel celo di Salisbury delle strane sfere di luce chiamate ‘Flottillas’, che formano un singolare emblema. Questo fenomeno cattura l’attenzione di Jeffrey White, quarantenne senza tetto con un passato da scienziato. La curiosità è troppo forte e così Jeff, insieme all'amica e ex collega Destiny e a Set, fotografo e cacciatore di UFO, parte per un'ultima avventura. Sarà proprio l'ultima, perché la fine del mondo è imminente, il tempo della Terra sta terminando, e anche la vita sul pianeta sta per sparire per sempre. Tra strani incontri, fasci di luce misteriosi e catastrofici terremoti, i tre protagonisti intraprenderanno un viaggio che li porterà dove non avrebbero mai immaginato. Qui incontreranno Vivi, una giovane ragazza albina, che li guiderà e accompagnerà fino alla sconvolgente rivelazione finale.
 

Lo stile è semplice e scorrevole, con descrizioni degli ambienti e delle situazioni molto accurate. Questa è una cosa che apprezzo molto, perché a volte, soprattutto nella prima opera di uno scrittore emergente, viene lasciato poco spazio e tempo alle descrizioni, che secondo me sono fondamentali per far calare il lettore nell'atmosfera della storia che sta per vivere.
La narrazione è fluida e i primi capitoli vengono usati per "presentare" i personaggi, poi la storia prende forma e diventa sempre più interessante.

Non so esattamente perché, ma mi ha ricordato in qualche modo il "Codice Da Vinci". L'atmostera e le sensazioni iniziali erano molto simili a un romanzo giallo. Ma omicidi in questo libro non ce ne sono, in compenso però ci sono gli alieni e tutto il mistero che circonda e caratterizza questo argomento.
Il romanzo è ambientato nel prossimo futuro (il 2050 è abbastanza vicino), ma lo si capisce solo quando ci viene comunicato dall'autore stesso, altrimenti potrebbe tranquillamente trattarsi dei giorni nostri. Questo per me non è stato per niente negativo, anzi, forse ha aiutato il mio coinvolgimento nella storia.
Futuro, alieni, fine del mondo, altri pianeti...questo e molto altro permettono di collocare a pieno titolo questo libro tra le opere di fantascienza; ma nascosto tra l'intricata trama c'è molto altro: un amore sopito da tempo, nuove amicizie inaspettate, profezie sulla fine del mondo e domande sull'esistenza di Dio; ma anche un'importante riflessione sul fatto che siamo noi, con il nostro stile di vita, a consumare le risorse della Terra e che questo non potrà durare in eterno, prima o poi il nostro amato pianeta ci presenterà il conto di tutti i nostri abusi.

I personaggi principali sono ben delineati. Jeff è la mente curiosa, lo scienziato in cerca di risposte. Set è il fanatico degli alieni, sempre a caccia di UFO da quando era piccolo, tanto da farne un lavoro vero e proprio. Leone rappresenta un po' l'ostacolo della situazione, il ricco, potente e arrogante. Vivi è il tramite, la guida per la fase successiva. Mentre Destiny...ecco, lei non l'ho inquadrata molto; poteva interpretare il ruolo della credente, della religiosa, ma non ce la fa fino in fondo e l'ho trovata un po' insipida e quasi insignificante ai fini della storia.
Unico piccolo neo l'ho riscontrato verso la fine (ATTENZIONE SPOILER!!!!). Dopo l'incontro che i tre protagonisti hanno con Dio, nonostante le spiegazioni  che vengono loro date, le loro menti traboccano di domande senza risposta. Questo è quello che prova anche il lettore. Non tutte le domande sorte lungo la lettura hanno una risposta e molti dubbi restano anche quando il libro si conclude. Delle domande mi hanno assillato più di altre: perché Dio ha scelto proprio loro tre? Quali sono i motivi per cui questi tre eletti possono venire a conoscenza di determinate rivelazioni? E perché proprio loro sono ideali per dar vita a una nuova umanità, in un nuovo pianeta? In oltre mi è sembrato che tutti accettassero troppo facilmente tutto quello che veniva rivelato loro. Non ci sono state scene di incredulità o di isteria, sembrava tutto molto naturale.
Preferisco i romanzi in cui, alla fine, tutti i tasselli del puzzle vanno al loro posto e tutto viene spiegato. Ma è anche vero che non in tutte le storie si può pretendere tutte le risposte, in alcuni casi il verdetto viene lasciato al lettore stesso, in modo che ognuno si dia le spiegazioni che preferisce e arriva alle conclusioni con la propria testa. Questi romanzi fanno lavorare di più la mente e quindi restano più impressi. Forse questo è uno di quei romanzi. (FINE SPOILER!!!).

Le citazioni all'inizio di ogni capitolo sono ben studiate e inerenti all'argomento che tale capitolo andrà a trattare. La fine di ogni capitolo è creata in modo da lasciar in sospeso, e quindi incuriosito, il lettore, cosa che obbliga a proseguire nella lettura, rendendo quasi impossibile chiudere il libro.
Si tratta di una prima opera molto ben riuscita, che potrebbe piacere anche a chi non è appassionato di fantascenza, grazie alla sua delicata vena da romanzo giallo.

VOTO: 7/10

mercoledì 4 dicembre 2013

STORIA DI UNA CAPINERA di Giovanni Verga

Sì, è un altro libro della collana Live della Newton Compton. Vi avviso che li ho comprati tutti e 36 (per ora sono solo 36, ma potrebbero crescere di numero) e quindi, uno alla volta, con molta calma (causa altre letture arretrate) li leggerò tutti e ne parlerò qui nel blog.
Questo di Verga ho deciso di leggerlo dopo averlo visto nel piccolo e "appena nato" blog di Berenice,  Il diario segreto di una lettrice (andate a trovarla!!!)

Maria, giovane educanda di un monastero, a causa di un'epidemia di colera, è costretta a passare un breve periodo in campagna con il padre, la nuova moglie di lui e la figlia. La ragazza in realtà non ha la vocazione, è stata costretta dal padre alla vita del convento e sa che lì dovrà tornare a breve. Durante il soggiorno scrive delle lettere all'amica Marianna, anch'ella novizia, ma con un destino diverso dalla protagonista. In queste lettere Maria descrive l'affetto provato nei confronti della sua famiglia (anche se non ricambiato), tutta la felicità e la gioia del tempo trascorso fuori dal convento e la libertà di poter vivere veramente la sua giovinezza. Grazie a questo periodo la giovane novizia scopre nuovi orizzonti, affronta turbamenti tipici della sua età, ma soprattutto conosce l'amore. Un amore osteggiato da tutti e destinato a non crescere a causa del destino, già scritto, di Maria. Ma una volta scoperto questo forte sentimento, per la giovane suora sarà difficile reprimerlo e nasconderlo nel fondo del suo cuore, quando invece vorrebbe gridarlo al modo e scappare con il giovane amante. La sofferenza, per questa lotta interiore, sarà così grande che Maria si ammalerà di frequente, rischiando la morte.
 
Sul retro della copertina ho letto che è tratto da un'esperienza autobiografica e Wikipedia mi ha illuminato sul giovane amore di Verga per la novizia Rosalia.
Mi piacciono i romanzi epistolari, ma avrei preferito che ci fossero anche le lettere di risposta spedite dall'amica Marianna. Invece si può leggere solo il punto di vista, sull'intera situazione, di Maria; mentre sarebbe stato bello leggere anche i consigli e le riflessioni dell'amica.
Sono trascorsi quasi 150 anni dalla pubblicazione, ma questo è un libro che non sente molto il tempo che passa, al contrario di altre opere. Sarà dovuto al fatto che tratta un argomento universale, sempre attuale, e quindi immortale come l'amore. In particolare quell'amore impossibile, struggente, che logora il corpo e l'anima.
I turbamenti di Maria sono quelli tipici di un adolescente, o di una giovane donna. Si trova alle prese con il suo primo, e unico, amore e si può notare come certi sentimenti non invecchiano e quindi non sono molto cambiati dal 1869 ad oggi.
 
La prima parte del libro è estremamente allegra e veloce, viene trasmessa tutta la gioia e l'eccitazione che Maria prova nel vivere fuori dal convento; la descrizione è talmente euforica che anche il ritmo di lettura ne viene contagiato e si legge molto velocemente.
Nel momento in cui la protagonista incontra il ragazzo di cui si innamora, e quindi cominciano i problemi, anche il ritmo della scrittura cambia: diventa più calmo, riflessivo e molto sofferente (a causa della sofferenza di Maria). Di conseguenza cambia anche la lettura, che rallenta notevolmente rispetto alla prima parte.
 
La povera novizia è inconsolabile. Il ragazzo che ama la ama a sua volta, ma l'amore non basta e la loro storia è destinata a non cominciare mai, a non prendere mai il volo e questo logora completamente Maria. La povera ragazza, già cagionevole di salute come la madre, cadrà in una spirale di sofferenza e malattia che la distruggeranno nel corpo e nello spirito. Anche quando torna in convento le è impossibile darsi pace e a dimenticare ciò che è successo. Continuerà a sprofondare nel delirio della malattia, fino al tragico epilogo.
L'amore dal suo punto di vista, sebbene puro e innocente, è visto come un peccato. Lei, destinata ad una vita di castità e a sposare solo la sua fede, non può innamorarsi di un ragazzo. L'ho trovato molto triste: Maria, come essere umano, è soggetta all'amore come tutti noi; ma invece viene obbligata a rinunciare alla felicità per compiere un destino che le è stato imposto e al quale non può dire di no. Credo che le cose siano cambiate molto da allora, e ringrazio di poter vivere in un epoca in cui è permesso cambiare idea, essere gli artefici del proprio destino e decidere del proprio futuro.
 
L'analogia con la capinera è azzeccata (in una breve prefazione dell'autore, all'inizio del romanzo, viene spiegato anche il motivo per cui ha scelto questo titolo). La giovane protagonista è proprio come l'uccellino: costretta, per volere altrui, a rimanere rinchiusa in una gabbia (sia fisica che emotiva), dalle cui sbarre può vedere il mondo che la circonda, può sentire la felicità di tutti, ma deve nascondere la sua tristezza e la sua sofferenza. Il canto della capinera è piacevole da ascoltare, ma se cantasse per esprimere la sua tristezza?
 
VOTO: 6,5/10