lunedì 31 dicembre 2012

LA MECCANICA DEL CUORE di Mathias Malzieu

Non potevo concludere il primo anno di vita del mio blog con le recensioni dei quattro romanzi della saga di Twilight.
Dato il periodo dell'anno avrei potuto parlarvi di un classico della letteratura natalizia come "Il canto di Natale" di Charles Dickens, ma credo sia una storia un po' troppo "sfruttata" in questo periodo (e non solo); quindi eccomi qui con un nuovo libro, secondo me, adatto a queste serate di fine/inizio anno.
 
Nel 1874, nella notte più fredda del mondo, in una casa in cima alla collina più alta di Edimburgo, il piccolo Jack nasce con il cuore comletamente ghiacciato. La bizzarra levatrice Madeleine, considerata una strega, salverà il neonato applicando al suo cuore difettoso un orologio a cucù. La protesi è tanto ingegnosa quanto fragile e i sentimenti estremi potrebbero risultare fatali. L'amore soprattutto. Ma la voce ammaliante di una piccola cantante andalusa fa vibrare il suo cuore come non mai. L'impavido eroe, ormai innamorato, è disposto a tutto per lei; partirà così per un viaggio attraverso mezza Europa fino a Ginevra, alla ricerca dell'incantevole creatura, in compagnia dell'estroso illusionista Georges Méliès. L'amore è dolce scoperta, ma anche tormento e dolore, e Jack lo sperimenterà ben presto.
 
L'ambientazione di questa storia sembra ispirata dai capolavori di Tim Burton, un'atmosfera un po' tetra ma anche poetica e tenera, che si presta molto bene a questo periodo dell'anno. La trama mi ha incuriosito, ma sono rimasta incantata dalla copertina, non è bellissima? (sembrano veramente dei personaggi di un film di Burton, no?).
Tutti i personaggi, all'interno di questo libro, sono particolari e alcuni hanno una piccola menomazione fisica: primo fra tutti Jack con il suo orologio a cucù; un barbone con la colonna vertebrale in metallo; due prostitute, una con una protesi in mogano al posto della gamba, l'altra con un quarzo come pupilla; e persino la piccola cantante andalusa è ceca come una talpa e si rifiuta di portare gli occhiali. La storia è costellata di personaggi curiosi, eccentrici e colorati, che prendono vita attraverso le pagine, e aiutano Jack a trasformarsi, crescere e superare le difficoltà.
 
Mentre leggo un libro la mia mente lavora molto: pensa, analizza, prende appunti (a volte pensa ad altro, ma solo se ciò che sto leggendo mi annoia); ma soprattutto si crea una sorta di film mentale. Mi immagino bene personaggi, ambientazioni, dialoghi, colori, profumi e sensazioni descritti nel romanzo. Questo è anche un'importante metro di valutazione, perché più le immagini nella mia testa risultano vivide e realistiche, grazie alle descrizioni dell'autore, più il libro mi piace. All'inizio de "La meccanica del cuore" la mia rappresentazione mentale era in bianco e nero, l'infanzia di Jack e gran parte del viaggio attraverso l'Europa me li immaginavo in sfumature di grigio, tetro e freddo; mentre nella seconda parte, ambientata a Ginevra con la piccola cantante andalusa, è come se i colori fossero esplosi dentro la mia testa e tutto ha preso improvvisamente contorni più nitidi e caldi.
 
Si tratta di una bellissima, e riuscita, metafora sull'amore. Una storia d'amore come ne sono state scritte parecchie dai tempi dei tempi, ma con un tocco di originalità, quell'orologio a cucù che così bene sostituisce il cuore, con i suoi meccanismi e la sua fragilità; e che allo stesso tempo porta piacevoli sentori di un tempo passato, perché oramai è un oggetto in disuso. Allo stesso modo ho trovato romanticamente antiquato lo scambio di posta attraverso i piccioni viaggiatori.
 
Un breve romanzo che parla dei sogni, di come coltivarli e di come possono frantumarsi quando si scontrano con la realtà e con la cattiveria delle persone. Ma tratta anche la terribile sensazione di un cuore spezzato, quando sembra frantumarsi in mille pezzi dentro il petto e credi che non potrà mai tornare integro come prima. A tutti, per un motivo o per un altro, è successo una volta nella vita e a tutti sarebbe piaciuto, in quel momento, poter sostituirlo con uno nuovo e più resistente.
Purtroppo non aspettatevi un lieto fine, uno di quelli "zucchero filato e unicorni", tutta la storia in sé non richiama un finale melenso e romantico, ma vi assicuro che le sensazioni e i sentimenti intrappolati tra queste pagine sono autentici ed emozionanti.
 
VOTO: 9/10
 
P.S.
Siamo arrivati alla fine del 2012... è stato bellissimo trascorrere quest'anno tra le pagine del mio blog, così piccolo e ancora incerto nel camminare con le sue gambe, e anche in compagnia di tutti voi che mi avete letto. Spero continuerete a seguirmi anche l'anno prossimo (e tutti quelli a seguire). Intano vi auguro un felice e sereno capodanno e vi do appuntamento al 2013 con tanti, tantissimi, altri libri da leggere, recensire e commentare!!!!


mercoledì 26 dicembre 2012

BREAKING DAWN di Stephenie Meyer

Ecco l'ultimo capitolo della saga di "Twilight". Dopo aver letto i libri e visto tutti e cinque i film, non ho più molto da dire. La mia opinione, su questa saga, resta sempre la stessa: non l'ho amata particolarmente, non mi ha appassionata e i film mi sono piaciuti ancora meno. Quindi ultime battute e poi chiuderò per sempre con Edward, Bella, la famiglia Cullen, i licantropi e tutto il mondo della Meyer.
 
Bella ed Edward coronano il loro amore con un sontuoso matrimonio e partono per la loro luna di miele in Brasile. Ora Bella è al bivio decisivo: entrare nel mondo degli immortali, o continuare a condurre un'esistenza umana. Da questa scelta, dipenderà l'esito del conflitto tra il clan dei vampiri e quello dei licantropi. Ma il momento della trasformazione deve essere rimandata, perché un evento inaspettato cambia le carte in tavola e forse i destini di tutti. Dalle decisioni di Bella si scatena una sorprendente catena di eventi che cambieranno per sempre la vita di tutti coloro che la circondano; e quando il tempo a sua disposizione sembrerà essere esaurito e la strada da prendere già stabilita, Bella andrà incontro a un futuro dal quale non potrà più tornare indietro.
 
Con questo romanzo si conclude la quadrilogia della Meyer, la quale non voleva lasciare i suoi lettori con l'amaro in bocca, con qualche delusioni o insoddisfazioni, e quindi si è impegnata a scrivere un libro molto più lungo rispetto agli altri (682 pagine). Ha confezionato un finale con i fiocchi per chi non voleva ancora abbandonare la piovosa cittadina di Forks, ha voluto complicare ulteriormente la storia, inserendo al suo interno molti avvenimenti concatenati tra loro, che hanno dato vita a una valanga potenzialmente distruttiva per Edward e Bella. Ha creato un dramma di enormi dimensioni (per poi provocare conseguenze pari allo scoppio di una bolla di sapone di fronte ad un muro...) e ha infiocchettando il tutto con una conclusione allo zucchero filato. A mio parere, una trama molto annacquata, e mal gestita, per poter dare tante pagine da leggere agli appassionati della saga.
 
L'autrice, come già detto nelle precedenti recensioni, è molto brava a creare la tensione, soprattutto quella sessuale. Nemmeno qui si smentisce. Mentre continua ad alimentare l'aspettativa del lettore riguardo la prima notte insieme dei due innamorati, è brava a trasmettere le sensazioni di tensione e di desiderio tra i due, ma senza riuscire a concludere il tutto e glissando totalmente sul sesso. Infatti in tutti i libri, compreso l'ultimo, il sesso non esiste; cosa che invece hanno dovuto inserire negli ultimi due film per dare un po' di pepe. Evitiamo di parlare di tutta la luna di miele in Brasile, perché è uno dei momenti più tristi che io abbia mai visto (e letto).
"Breaking Dawn" è un continuo produrre tensioni, aspettative, vorrebbe tenerti sulle spine e appassionarti (come ad esempio: la loro prima volta,  il parto e la trasformazione di Bella, la battaglia finale) per poi, però, deluderti clamorosamente; perché l'autrice sembra partire con il piede giusto, ma si brucia sempre sul finale.
 
Ora vorrei concentrarmi su due punti che non ho proprio mandato giù. Primo: Bella incinta. Ma come è successo???? Edward è un vampiro e anche la scuola della Meyer insegna che: non dorme, non mangia, non ha necessità di respirare né di sbattere le palpebre, non deve nemmeno andare in bagno, il suo cuore non batte, il sistema circolatorio non funziona, è freddo cadaverico... Allora... mia cara Meyer, mi spieghi come cavolo fa a mettere incinta Bella??? Poi Edward e Carlisle fanno delle ricerche per capire come sia successo e non trovano niente, nessuna spiegazione... e ti credo, è impossibile!!! Naturalmente la Meyer non ritorna sull'argomento, non da spiegazioni e lascia cadere tutto nel dimenticatoio (è successo e basta). Secondo me, si era accorta di aver scritto una stupidaggine e voleva salvarsi con la scusa dello Spirito Santo, ma si è ricordata che quella l'avevano già usata da un'altra parte e sarebbe stato troppo azzardato copiarla, così ha lasciato tutto in sospeso.
Mi sta bene un po' di mistero, un po' di magia, a volte va bene non spiegare proprio tutto in un libro, ma allora questo mi porta al punto numero due che non ho digerito.
 
Secondo punto: i vestiti di Jacob quando si trasforma in un licantropo. La Meyer ci spiega, non come i vampiri riescano a riprodursi, ma che i licantropi si spogliano prima di trasformarsi, e cosa se ne fanno degli indumenti?? Se li legano con una corta alla zampa posteriore!!!! Così si possono vedere questi branchi di lupacchiotti che corrono felici nel bosco, ognuno con il proprio paio di jeans che svolazza dietro di lui. Stephenie perché ti burli di me? Non mi spieghi una gravidanza apparentemente impossibile, però ti perdi a dirmi sta cretinata???? Per fortuna che nei film questa cosa non l'hanno messa.
E' come se ti spiegassero che Hulk, quando è nella sua forma umana di Robert Bruce Banner, gira per le strade con uno zainetto sulle spalle che contiene un paio di pantaloni, taglia XXXXXXL, da indossare quando si trasforma e anche un cambio per quando torna uomo. Così si perderebbe la magia. A nessuno interessa sapere come mai a Bruce si strappano tutti i vestiti, quando diventa Hulk, tranne la parte dei pantaloni che va dalla vita alle ginocchia.
Insomma, forse la Meyer doveva ispirarsi un po di più ai personaggi di Stan Lee, e un po' meno a quelli della Bibbia.
 
Dopo questo viaggio, poco affascinante, attraverso lo strano mondo di creature immortali che popolano Forks, posso dire con molta sicurezza e convinzione che non leggerò altro di Stephenie Meyer. Quindi "L'ospite" (il suo ultimo libro) lo lascio a voi e fatemi sapere se l'avete letto e perché.
 
VOTO: 6/10

sabato 22 dicembre 2012

ECLIPSE di Stephenie Meyer

Terzo episodio della saga scritta dalla Meyer. Secondo me, questo poteva essere il libro conclusivo. Con qualche taglio e sistemata qui e là sarebbe stato un finale decente, schivandoci così quella tragedia che è "Breaking Dawn" (ma di questo parleremo nel prossimo post), per ora occupiamoci di "Eclipse".

Mentre Seattle è funestata da una serie di strani omicidi; una vampira malvagia continua a dare la caccia a Bella, che si trova ancora una volta in serio pericolo. Per lei è arrivato il momento delle decisioni e dei sacrifici: basterà il fidanzato Edward a farle dimenticare il migliore amico Jacob? Troverà il coraggio necessario a diventare una Cullen? Obbligata a scegliere tra l'amore e l'amicizia, è consapevole che la sua decisione rischia di riaccendere la millenaria lotta tra vampiri e licantropi. Nel frattempo l'esame di maturità è alle porte e per Bella il momento della verità si avvicina.
Io, questo terzo libro, l'ho trovato luuuuuungooooo... Non so se fossi stanca di leggere questa saga, stanca oramai della scrittura e della trama; oppure fosse un problema della Meyer: persa nel totale vuoto creativo in cui era scivolata anche nei precedenti romanzi e, quindi, incapace di scrivere qualcosa di avvincente. Precisamente non riesco a capire di chi sia la colpa (probabilmente  ero stanca io di leggere), ma "Eclipse" sembra non arrivare mai da nessuna parte. Si trascina per pagine e pagine, descrivendo questo fastidioso triangolo amoroso Edward-Bella-Jacob, per poi arrivare finalmente al momento d'azione (la battaglia tra Edward e Victoria) e liquidarla in un capitolo molto breve.
 
Il personaggio di Edward riesce a dare il meglio di sé (sono ironica...). Diventa un rompi scatole  all'ennesima potenza, una palla al piede, si sente perennemente in colpa per i pericoli che incombono su Bella e sfodera, nei confronti di quest'ultima, un'attenzione e una protezione che sfiorano il livello patologico.
Lei, per non smentire l'immagine di personaggio insulso, non riesce in nessun modo a calmarlo e a tranquillizzarlo. Non fa e non dice mai niente per poter rassicurare Edward, anzi, butta benzina sul fuoco sfidandolo e non comprendendo le sue preoccupazioni.
Per quanto riguarda Jacob, sembrava il più interessante e maturo di tutti, finché non si è rivelato un bambino capriccioso anche lui, insistendo in modo esagerato e infantile per avere Bella tutta per sé. Il suo atteggiamento è pesante e asfissiante, è testardo e non si capisce nemmeno perché sia innamorato di Bella, visto che non ha avuto l'imprinting con lei (ma ci siamo abituati alle poche spiegazioni che ci propina la Meyer: è così e basta).
 
Anche la storia che Bella ami tutti e due non sta in piedi. Non può amare due persone allo stesso modo. Solo il fatto che lei scelga Edward, che voglia diventare un vampiro come lui, che voglia sposarlo, dimostra che è innamorata di lui e non di Jacob. Era meglio se l'autrice evitava di metterla sul piano del triangolo amoroso e la spacciava solo come una grande amicizia (senza sentimenti romantici da nessuna delle due parti) messa a repentaglio perché lui è un licantropo e lei vuole diventare un vampiro. Bastava così e avrebbe funzionato lo stesso. Invece no, la Meyer ha voluto inserire il dramma amoroso, ma non lo ha gestito bene, perché sembrano solo due bambini che si litigano un giocattolo, solo per il semplice gusto di litigare.
 
Mi è piaciuto il ritorno in scena di Victoria, la sua vendetta costruita in modo intelligente e calcolato crea interesse nel lettore; in più è un collegamento con gli altri due libri e la chiusura di un cerchio, che in un romanzo (e soprattutto in una saga) è fondamentale.
Arrivata a questo punto, l'autrice poteva: prima di tutto accorciare tutta la parte del dilemma "amoroso" di Bella; fare una battaglia come si deve, un po' più lunga e sostanziosa; alla fine far sposare i due innamorati e per concludere far vedere un po' della vita da vampira di Bella. E vissero tutti felici e contenti per l'eternità. Sarebbe stato un buon finale, per gli appassionati forse un po' troppo sbrigativo, ma in linea con tutta la storia e accettabile. Invece no, la Meyer ha voluto mettere il carico da cento, sfidare sé stessa (e anche noi lettori) e ha scritto "Breaking Dawn"!!!!!
 
VOTO: 6/10

giovedì 20 dicembre 2012

NEW MOON di Stephenie Meyer

Sebbene il primo romanzo della Meyer non mi sia piaciuto molto, soffro di una stranissima malattia: non riesco ad abbandonare un libro a metà (anche se lo trovo terribile). Non ci riesco proprio, è più forte di me...prima o poi dovrò farmi vedere da uno bravo!! Se poi è una saga la cosa si complica e la mia "malattia" mi obbliga a leggerela tutta. Diciamo che, questa volta, mi è andata anche bene, perché i romanzi in questione sono solo quattro.
 
Bella ed Edward sono innamorati, tutti sono a conoscenza della loro relazione e possono finalmente vivere il loro amore alla luce del sole (...non proprio...).
Ma amare un vampiro è più pericoloso di quanto Bella immagini. Il loro amore rappresenta comunque una minaccia per tutto quello che hanno di più caro; sono talmente fragili che anche un incidente domestico può avere conseguenze enormi e mettere a repentaglio la loro storia.
All'improvviso Edward se ne va, senza troppe spiegazioni, lasciando Bella i balia della tristezza e della malinconia.
E' qui che entra in gioco Jacob, amico d'infanzia di Bella e innamorato di lei da quando erano bambini, tenterà di persuadere la ragazza a dimenticare il vampiro.
 
Devo essere sincera e dire che mi è piaciuto un po' di più rispetto al primo. Anche questo è scritto male, in fondo la scrittrice è sempre la stessa, e le carenze stilistiche di "Twilight" si sentono anche in "New moon".
Trovo che la narrazione in prima persona funzioni meglio in questo caso: diventando, il precedente libro, un monologo interminabile di Edward, perché Bella non era una grande oratrice (né pensatrice); questo romanzo, eliminando il vampiro quasi subito dalla trama, rivela una Bella un po' più consapevole dei suoi sentimenti, non ancora in grado di dare pienamente voce a ciò che prova, ma capace di porsi domande e fare riflessioni. Non aspettatevi una Bella più matura, spigliata e positiva, anzi, è sempre la solita insipida protagonista; ma si intravede un barlume di crescita interiore tra le pagine e questo è sempre un lato positivo.

L'argomento trattato in "New moon" è l'abbandono. Dopo la partenza di Edward, Bella è devastata, quasi si fa annientare dallo sconforto e dalla tristezza. Il tema è trattato e descritto bene dalla Meyer, che riesce a rendere l'idea del terribile periodo che può passare una ragazza (adolescente e non) dopo essere stata lasciata. A tutte è capitato, chi prima chi dopo, ed è un duro colpo per chiunque.
L'unica nota stonata sta nel modo in cui Edward abbandona Bella. Insomma, fino al giorno prima è tutto un "ti amo", un "non posso vivere senza di te", "ti aspettavo da tutta la vita", "niente riuscirà a dividerci", etc... E poi una mattina si alza, le dice che se ne va con la sua famiglia, che non la ama più e lei cosa fa??? Ci crede!!! Bella, ma sei scema? Ti accontenti di due parole e lo lasci andare via così? Lei non fa quasi niente, a parte piangere. Non tenta di convincerlo a restare; non prova a capire come mai lui se ne vada; non gli rompe le scatole, come farebbe una ragazza normale, tempestandolo di domande e suppliche. Sta ferma e in silenzio lasciandoselo scivolare tra le mani.
Questo, per me, dimostra quanto Bella sia un personaggio insipido e con poco carattere.

Questo romanzo l'ho trovato un po' anacronistico; soprattutto quando a Bella vengono regalati, per il compleanno, una macchina fotografica con rullino e un lettore CD. Insomma, io sono di una generazione che andava in gita scolastica ancora con il lettore CD e 3/4 rullini da cambiare alla macchinetta fotografica. Ma la Meyer sta parlando alle nuove generazioni. I libri li ha scritti dopo il 2000, cioè dopo l'avvento della generazione MP3 e delle macchinette digitali... I ragazzi di oggi non credo sappiano dove e come si usi un rullino nella macchina fotografica.

Ora vogliamo parlare di Jacob? Che già tra queste pagine rivela una natura ossessiva e asfissiante, tipica del suo personaggio nei successivi due libri?! Meglio di no, mi lascio qualche critica da parte per la recensione di "Eclipse".

VOTO: 6/10

lunedì 3 dicembre 2012

TWILIGHT di Stephenie Meyer

Adesso che al cinema è uscito l'ultimo capitolo della saga è ora che anch'io dica la mia sul fenomeno Twilight. Ho visto tutti i film e ho letto anche tutti i libri, quest'ultimi ormai più di un anno fa, e ora mi sento pronta per queste recensioni (ne farò una per ogni libro).
Dopo aver letto i primi tre/quattro capitoli di Twilight, ho spento la luce e mi sono messa a dormire, ignara del sogno che mi aspettava. Ho sognato una riproduzione onirica di me stessa (naturalmente più bella, più alta, più magra e forse più intelligente) che mi diceva: "Ma sei impazzita a leggere Twilight??? Devi leggere Dracula di Bram Stoker, no sta schifezza!!!"
Forse il mio subconscio cercava di dirmi qualcosa?

Quando Isabella Swann (per gli amici Bella) decide di lasciare l'assolata Phoenix per la fredda e piovosa cittadina di Forks, dove vive suo padre, non immagina certo che la sua vita di teenager timida e introversa conoscerà presto una svolta improvvisa, eccitante e mortalmente pericolosa. Nella nuova scuola tutti la trattano con gentilezza, tutti tranne uno: il misterioso e bellissimo Edward Cullen. Edward non dà confidenza a nessuno, ma c'è qualcosa in Bella che lo costringe dapprima a cercare di starle lontano e poi ad avvicinarla. Tra i due inizia un'amicizia sospettosa che man mano si trasforma in un'attrazione potente, irresistibile. Fino al giorno in cui Edward rivela a Bella il suo segreto...
 
Partendo dal fatto che quasi sempre i libri sono meglio dei film (provate a pensarci bene e vedrete che ci sono pochissimi, se non nessuno, casi in cui valga il contrario), mi sono resa conto che questo è vero anche per la saga di Twilight. Per quanto non mi siano piaciuti i romanzi, le versioni cinematografiche sono ancora peggio, soprattutto a causa di attori che non sanno proprio recitare. Quindi, se sei appena uscito da una caverna dove ti avevano rinchiuso negli ultimi dieci anni e non conosci il fenomeno scaturito dalla penna della Meyer, tra le due opzioni è meglio che tu legga i libri.
 
Ma ora parliamo del primo romanzo. La scrittura non è delle migliori, anzi. A volte è troppo semplice e banale; le descrizioni dei personaggi e dei luoghi sono carenti se non assenti del tutto: Edward viene descritto come bellissimo, i suoi fratelli bellissimi, le sorelle bellissime...Stephenie, ma qualche spiegazione in più? Per caso sei andata nella stessa scuola "niente aggettivi né sinonimi" di E. L. James?
 
Si tratta di un racconto in prima persona, la storia dal punto di vista di Bella, e secondo me era meglio in terza persona; è la prima volta che mi capita di non essere d'accordo con la scelta della voce narrante, ma Bella è un personaggio che parla e, soprattutto, pensa molto poco così diventa un lungo ed interminabile monologo di Edward.
Lui non ne esce proprio male da questo primo libro: è abbastanza misterioso, romantico e protettivo da piacere alle adolescenti; non proprio il principe azzurro, ma un buon sostituto per il ventunesimo secolo.
Lei purtroppo è insipida, assolutamente vuota di opinioni e pensieri. Sembra lo stereotipo dell'adolescente: arrabbiata (non si sa con chi), testarda, capricciosa e piagniucolosa. A dire la verità, è più simile ad una bambina che a una giovane donna.
 
Posso capire perché ai giovani questo libro piaccia. La storia si basa molto sulla chimica che c'è tra i due protagonisti, l'atrazione tra loro è soprattutto fisica, è quasi primitiva e primordiale. Infatti l'amore a quell'età è vissuto così, con tutti gli ormoni impazziti che offuscano la mente e compromettono la lucidità. Crescendo si perde un po' questa visione, dando più peso ad aspetti del carattere e della personalità dell'individuo che ci sta di fronte.
Se proprio vogliamo dare un punto a favore a questa povera scrittrice, devo ammettere che è molto brava a descrivere la tensione sessuale tra i due personaggi.
I motivi per cui Edward e Bella si piacciono, oltre all'atrazione "fisica", vengono tralasciati completamente dalla Meyer e tu, che l'adolescenza l'hai passata da un po', non riesci a capire come possano stare insieme questi due.
 
Non si tratta sicuramente di un capolavoro della letteratura, ma è più che altro una lettura tranquilla e leggere, per passare qualche ora senza doversi concentrare troppo.
 
VOTO: 6/10

venerdì 23 novembre 2012

CINQUANTA SBAVATURE DI GIGIO di Rossella Calabrò

Terminata l'estate bollente trascorsa a leggere la trilogia delle 50 sfumature; stagione resa calda, a mio parere, più dall'afa e dalle temperature elevate che dal libro in questione (se vuoi leggere la recensione clicca QUI); si sta avvicinando l'inverno e non c'è niente di meglio che una bella risata per riscaldare le rigide giornate che stanno per arrivare.

Chi è Gigio? Individuarlo è molto semplice: se siete sposate, fidanzate, conviventi, insomma se avete una relazione di qualche tipo con un uomo, guardatevi attorno. Sentite quello che russa così fastidiosamente nel letto accanto a voi? O quello che si sta tagliando le unghie dei piedi in salotto? Oppure riuscite a vedere quella massa informe che rutta sul divano mentre guarda la partita? Eccolo!!! Quello è il vostro personale e inconfondibile Gigio.
Non sarà perfetto, sicuramente avrà qualche piccolo (o grande) difetto, ma almeno è un uomo vero, un uomo reale e non il protagonista inventato di un libro.
 
 
Ottima alternativa se non hai voglia di leggere tutta la trilogia delle 50 sfumature. Con molto umorismo e una penna brillante, la Calabrò riassume in pochi punti il romanzo della James, senza esprimere un'opinione in positivo o in negativo, ma semplicemente paragonando il caso letterario dell'estate con la realtà che tutte noi viviamo giorno dopo giorno. Si tratta di 50 punti fondamentali e divertenti che differenziano la realtà dalla fantasia.
 
In questo breve elenco di paragoni tra il Gigio nostrano e il famoso Mr Grey è molto probabile scorgere alcuni lati e caratteristiche del nostro personale Gigio, che potrebbero farci sorridere e offrirci la possibilità di guardarlo con occhi diversi...forse più indulgenti.
Ci sono capitoli più brevi di altri e in fondo avrei preferito che, in questi, si dilungasse un po' di più; inoltre non tutti i paragoni che fa sono divertenti e scoppiettanti, ma anche se non si ride sempre, sicuramente con questo piccolo "manuale" si sorride costantemente.
Una cosa che ho apprezzato tantissimo è la quasi infinita varietà di sinonimi che l'autrice usa per la parola "erezione"... Mia cara E. L. James hai solo da imparare, questo libro potrebbe svegliare la tua poca fantasia relativa a questo argomento!!!
 
A tutte quelle donne a cui non è piaciuta la trilogia, me compresa, e che hanno odiato Mr "fastidioso" Grey dal primo incontro, consiglio calorosamente questo libro; ma va altrettanto bene per quelle che hanno amato le "cinquanta sfumature varie ed eventuali". Alla fine, tutte capirete che è decisamente meglio il vero Gigio che il finto e costruito Grey; e che l'autrice ha ragione: ridere è la cosa più erotica che c'è.
 
Dopo aver fantasticato su ipotetici (e inesistenti) Mr Grey, ci viene in aiuto Rossella Calabrò con il suo "Cinquanta sbavature di Gigio" per riportarci alla dura, ma anche confortante, realtà e cioè che quello di fianco a noi, non è un prodotto letterario, ma un uomo in carne ed ossa, con i suoi molti difetti e pregi, a volte irritante e snervante, ma autentico e vero da apprezzare, rispettare ed amare così com'è, consapevoli del fatto che i maschi sono esseri semplici.
 
VOTO: 8/10

mercoledì 7 novembre 2012

TRE VOLTE ALL'ALBA di Alessandro Baricco

Il piacere che si prova a leggere i romanzi di Baricco è incredibile. Ho cominciato a leggere i suoi libri da poco e continuo a maledirmi per non aver cominciato prima. Sto cercando di recuperare il tempo perso, quindi questo è solo il secondo di una lunga serie di post sulle opere di Alessandro Baricco (se vuoi leggere la mia personale recensione su "Seta" la trovi QUI).




 
Una storia verosimile che, tuttavia, non potrebbe mai accadere nella realtà. Infatti questo libro racconta di due personaggi che si incontrano per tre volte, ma ogni volta è l'unica, la prima e l'ultima. Una uomo e una donna si incontrano in tre epoche diverse della loro vita, ogni volta in un albergo e sempre poco prima dell'alba. Lo possono fare perché abitano un Tempo anomalo che inutilmente si cercherebbe nell'esperienza quotidiana.





La scrittura è brillante e incredibilmente coinvolgente, per questo motivo è impossibile posare il libro una volta iniziato, si legge tutto d'un fiato. Lo stile di Baricco è quasi una droga, una volta assaggiato non puoi più farne a meno, ne vorresti sempre di più; è paragonabile ad un bicchiere d'acqua fresca in un pomeriggio estivo, è un piacere berlo e lascia un'ottima sensazione.
 
Sono tre storie ambientate in tempi diversi, ma con gli stessi personaggi; se si prende per vera una delle tre, le altre due raccontano "come sarebbe stato se...". Si possono interpretare anche, secondo me, come vicende avvenute in una sorta di universi paralleli, o alternativi.
Con questi tre semplici e brevi racconti si viene a conoscenza dell'intera storia che sta dietro i due personaggi; ci si fa un'idea a tuttotondo di ciò che è avvenuto nella loro vita personale, si capisce perché abbiano preso determinate decisioni e si siano comportati in un certo modo. Grazie a questo i protagonisti riescono a prendere vita e balzano fuori dalle pagine.
Sebbene con molta semplicità, i temi trattati sono profondi e alimentano riflessioni su tematiche molto diverse.
 
Nella nota dell'autore viene spiegato che nel suo precedente romanzo, "Mr Gwyn", si accenna a un piccolo libro scritto da un angloindiano, Akash Narayan, e intitolato "Tre volte all'alba". Baricco confessa che mentre scriveva "Mr Gwyn" gli è venuta voglia di scrivere anche quel piccolo libro, per inseguire una certa idea che aveva in testa. Comunque non è assolutamente necessario leggere questi due romanzi di seguito.
Mi piace molto la storia della nascita di questo libro, non era ancora stato scritto eppure già esisteva, almeno nella mente dello scrittore, a quest'ultimo mancava solo mettere una parola dopo l'altra su un foglio bianco.
 
VOTO: 8,5/10

giovedì 1 novembre 2012

CINQUANTA SFUMATURE DI GRIGIO/NERO/ROSSO di E. L. James

Ebbene sì, mi sono lasciata tentare dal caso letterario dell'estate. Prometteva erotismo, passione, sconvolgimento; prometteva la realizzazione di ogni più sordido desiderio dell'animo femminile, tutto avvolto e consegnato nel bel pacchetto dell'uomo ideale, il sogno erotico di ogni donna: Mr Grey!! Io non ho trovato niente di tutto ciò, anzi uno come Christian Grey non lo vorrei vicino nemmeno per tutto l'oro del mondo. Ma andiamo con ordine.
 
Anastasia si sta per laureare e per una serie di vicende incontra Mr Grey, uomo d'affari giovane, ambizioso, molto riservato e incredibilmente affascinante. Sebbene lui stesso le dica che non è l'uomo che fa per lei, l'attrazione è troppo forte e ha la meglio. Così iniziano una relazione che non è quello che Anastasia si aspettava. Giovane ragazza inesperta, non ha mai avuto un ragazzo, non è per niente preparata a quello che quest'uomo le sta per proporre. Infatti Christian non desidera una storia romantica, un rapporto convenzionale; lui vuole una relazione tra dominatore e sottomessa. Anastasia, all'inizio poco convinta, si lascia trascinare dagli eventi e questa relazione, nell'arco di pochi mesi (diluiti in tre libri), la porterà a stravolgere completamente la vita che conosce e anche la vita del granitico Grey.

Anastasia, per gli amici Ana (che in un libro sul sadomaso non sembra una casualità...vabbè), è una ragazza insicura, inesperta della vita, estremamente goffa e maldestra, sconclusionata nei pensieri e caotica. Passa metà del tempo a farsi paranoie mentali e l'altra metà ad essere annebbiata da Mr Grey. Sembra non aver carattere, zero personalità, non è in grado di prendere una decisione che sia tale, e rimugina su qualsiasi cosa; è proprio un personaggio insipido e senza spessore.
Lui, Christian Grey... O Mio Dio!!! Un uomo con un complesso edipico irrisolto, maniaco del controllo, iper protettivo a livelli patologici, ossessionato e ossessionante, lunatico, paranoico, con una forte carenze nella sfera empatica, riservato e poco propenso al dialogo, con un ego spropositato, ingombrante e fastidioso come un elefante nel salotto di casa. E come se tutto questo non bastasse, oltre ai suoi gusti sessuali discutibili, non vuole farsi toccare da nessuno, perché non lo sopporta.
Allora io mi chiedo: è questo l'erotismo? E' questo l'uomo che tutte sognano? Uno che ha paura del contatto fisico e dei sentimenti e che ha sbalzi d'umore peggio di una donna in sindrome premestruale? No, non può essere, no, no e ancora no!!!
Questi due personaggi non vi ricordano qualcuno? Se non vi viene in mente nessuno vuol dire che, probabilmente, siete stati fortunati e avete schivato un altro caso letterario di qualche anno fà. Ma se la vostra prima risposta, alla mia domanda, è stata: Edward e Bella, allora anche voi, come me, avete avuto la sfortuna di leggere "Twilight". Le somiglianze tra le due saghe non si fermano qui: anche l'aspetto fisico dei protagonisti è simile (Grey ha i capelli color rame...guarda un po'!!!); in oltre sono scritte entrambe male, i dialoghi sono stupidi, paradossali e il tutto risulta alquanto scadente. Diciamo che "Cinquanta sfumature" è un "Twilight" per adulti...ma neanche tanto per adulti, visto che i contenuti non sono poi così scabrosi.

Dopo anni di lotte femministe ci ritroviamo ancora, nel ventunesimo secolo, a leggere di donne così sciocche e insipide, determinate a cambiare un uomo, a salvarlo. Perché questo è la missione di Anastasia; è pronta, fin da subito, a indossare la cuffietta da crocerossina e correre in aiuto di quel povero caso disperato che è Mr Grey. Ma chi ti ha chiesto niente? Per quale arcano motivo tu sei la donna che risolverà i suoi problemi? Il problema più grande è che tantissime donne hanno questa idea malsana: "non importa quanto lui sia stronzo, traditore e con un'allergia ai rapporti di coppia, con me sarà diverso, per me cambierà e si innamorerà veramente".
Se sui libri questa formula funziona e alla fine lo stronzo si redime e vissero tutti felici e contenti, nella vita reale raramente le cose cambiano e uno che è nato quadrato non morirà certo tondo, indipendentemente da quanto sexy e convincente sia la tua divisa da crocerossina.
E poi basta con queste storie di ragazze assolutamente fuori dal mondo che, letteralmente, inciampano nell'uomo della loro vita appena escono per la prima volta di casa. In più queste storie d'amore nascono veramente dal niente, senza motivo e senza spiegazioni, che il lettore si ritrova a chiedersi come abbiano fatto questi due ad innamorarsi l'uno dell'altra.

Il primo libro è un po' noioso: più della metà è incentrato sui dettagli del contratto che Christian vuole far firmare ad Ana. La scrittura è molto ripetitiva. Possibile che la James non abbia trovato dei sinonimi per "erezione"? Nella stesura di tre romanzi non si è mai fermata un attimo a consultare il vocabolario dei sinonimi e contrari? La cosa mi ha infastidito non poco. Anche le sensazioni che Ana prova sono sempre le stesse e descritte sempre con le stesse parole; per non parlare delle scene di sesso. Mediamente questi due finiscono a letto insieme una volta ogni capitolo; teoricamente, in tre libri, avrebbero potuto esplorare tutto il Kamasutra e oltre, invece lo fanno sempre nello stesso modo, aggiungono un frustino qui una barra divaricatrice là, ma per il resto è sempre la solita minestra.

Il secondo libro si apre con una totale e improvvisa inversione di marcia di Mr Grey, il motivo non è molto chiaro e il lettore non riesce a capire il perché di tale decisione. Per il resto non cambia molto. La storia passa da una scena di sesso a una paranoia di Ana e ritorno, avanti e indietro così per tre lunghi libri. Tutto il resto come gli altri personaggi di contorno, insipidi e poco rilevanti, e gli avvenimenti, sbrigativi e a volte lasciati in sospeso, sembrano un po' buttati lì per coprire i buchi di una trama che fa acqua da tutte le parti.

Il terzo e ultimo libro mi ha fatto venire le bolle. La discussione che Christian e Ana hanno sul fatto che lei voglia mantenere il suo cognome dopo il matrimonio, è assolutamente irritante. Lui è irritante. Se fossi stata in lei avrei chiesto il divorzio immediatamente. Lui è ossessionante, oppressivo e soffocante. Mr Grey è sempre stato così, allora perché ora Ana si arrabbia e vuole che lui sia diverso? Ma soprattutto perché l'ha sposato? Non lo capisco proprio.
Per fortuna le scene di sesso diminuiscono, probabilmente la James aveva esaurito la sua già scarsa fantasia; ma gli ultimi capitoli sono assolutamente inutili e ancora più irritanti del resto del romanzo. Non ho trovato per niente interessante la scelta dell'autrice di farci ritornare all'inizio della storia raccontandola, però, dal punto di vista di Christian.

Come sicuramente si è capito, questa trilogia non mi è piaciuta. Se avete voglia, fatemi sapere la vostra opinione, anche e soprattutto se diversa dalla mia.

VOTO: 5/10

venerdì 19 ottobre 2012

HUNGER GAMES (la trilogia) di Suzanne Collins

Arrivo con estremo ritardo a parlare della trilogia di "Hunger Games", una delle saghe per ragazzi più lette degli ultimi tempi. Oramai da mesi tutto il mondo ha letto i tre libri e ha anche visto il primo film tratto da essi, io arrivo sempre dopo, ma se ancora qualcuno se lo fosse lasciato scappare, corra subito a leggerlo perché ne vale la pena. Molti hanno paragonato questi libri alla saga di "Twilight" e io, sinceramente, non capisco perché visto che non hanno niente in comune, questi sono molto più belli!!! Mi vengono in mente altri libri da paragonare a "Twilight", perché simili per via di trama e personaggi, ma questo è un altro discorso e ne parlerò prossimamente nel blog.

Ogni anno, a Panem, Capitol City organizza un reality show, gli Hunger Games, per ricordare il suo potere sui 12 Distretti che governa. con una sola regola: uccidi o muori. Ognuno dei Distretti deve sorteggiare un ragazzo e una ragazza tra i 12 e i 18 anni che verrà gettato nell'Arena a combattere fino alla morte. Ne sopravvive uno solo, il più bravo, il più forte, ma anche quello che si conquista il pubblico, gli sponsor, l'audience. Katniss appartiene al Distretto 12, quello dei minatori, quello che gli Hunger Games li ha vinti solo due volte in 73 edizioni, e sa di aver poche possibilità di farcela. Ma si è offerta al posto di sua sorella minore e farà di tutto per tornare da lei. Da quando è nata ha lottato per vivere e lo farà anche questa volta. Nella sua squadra c'è anche Peeta, un ragazzo gentile che però non ha la stoffa per farcela. Lui è determinato a mantenere integri i propri sentimenti e dichiara davanti alle telecamere di essere innamorato di Katniss. Ma negli Hunger Games non esistono gli amici, non esistono gli affetti, non c'è spazio per l'amore. Bisogna saper scegliere.

Dopo la settantaquattresima edizione degli Hunger Games, Katniss e Peeta sono, miracolosamente, ancora vivi. Katniss dovrebbe sentirsi sollevata, perfino felice. Dopotutto, è riuscita a tornare dalla sua famiglia e dall'amico di sempre, Gale. Invece nulla va come lei vorrebbe. Gale è freddo e la tiene a distanza. Peeta le volta le spalle. E in giro si mormora di una rivolta contro Capitol City, che Katniss e Peeta potrebbero avere contribuito a fomentare. La Ragazza di Fuoco è sconvolta: ha acceso una sommossa. Ora ha paura di non riuscire a spegnerla, e forse non vuole neppure farlo. Mentre si avvicina il momento in cui lei e Peeta dovranno passare da un distretto all'altro per il crudele Tour della Vittoria, la posta in gioco si fa sempre più alta. Se non riusciranno a dimostrare di essere perdutamente innamorati l'uno dell'altra, Katniss e Peeta rischiano di pagare con la vita. Una terribile sorpresa li aspetta dietro l'angolo: all'annuncio dei settantacinquesimi Hunger Games la loro vita sembra essere diventata un incubo.

Contro tutte le previsioni, Katniss è sopravvissuta agli Hunger Games per la seconda volta. Ma anche se ora è lontana dall'Arena sanguinaria, non può dirsi salva. Capitol City è molto arrabbiata e vuole vendetta. Come se non bastasse, il Presidente Snow tiene a precisare che ormai tutti sono in pericolo, nessuno escluso: la famiglia di Katniss, i suoi amici più cari, tutti gli abitanti del Distretto 12.
La Ragazza di Fuoco, con la sua famiglia, si rifugia nel famigerato tredicesimo Distretto, quello che tutti credevano distrutto. In realtà sono anni che gli abitanti del Distretto 13 vivono nascosti sotto terra, organizzando una rivolta verso Capitol City.
Tutto sembra andare meglio nel nuovo Distretto, ma le apparenze ingannano e Katniss lo scoprirà presto; il suo duro lavoro non è ancora finito, anzi è appena iniziato. Ora che la scintilla si è trasformata in un ardente fuoco di rivolta, alla Ghiandaia Imitatrice non resta che spiccare il suo volo verso la libertà.

Una straordinaria storia, un po' alla "1984" di George Orwell. La tensione è palpabile mentre si legge, mi sentivo in uno stato d'ansia costante, avevo il battito cardiaco accelerato.  Mi piace quando trovo un romanzo che mi fa vivere emozioni forti, nel bene e nel male, e questi tre romanzi sono un ottimo esempio. Durante la lettura ero piena di angoscia e rabbia, provocate principalmente dalle ingiustizie che i potenti infliggono ai più deboli e poveri, un argomento che mi infastidisce molto.
Ho guardato anche il film e devo dire che mi è piaciuto, ma non come il libro. Katniss è un personaggio molto silenzioso e riflessivo, che puoi comprendere e capire solo leggendo il libro. Per questo il film risulta molto silenzioso a uno spettatore che non conosce per niente la saga; comunque resta una buona trasposizione cinematografica.
Personalmente l'unica cosa che mi ha infastidito nel primo libro è il "gioco" degli innamorati sfortunati che Katniss e Peeta portano avanti nell'Arena. Lei lo fa in buona fede, per sopravvivere, per lei è una strategia che la aiuterà a salvare sia lei che Peeta; ma mi ha infastidito parecchio, perché lui è veramente innamorato e non mi piace quando si gioca con i sentimenti degli altri.

Se nel primo romanzo la trama può apparire leggermente "lenta", perché tutto è incentrato su Katniss che si prepara e poi partecipa agli Hunger Games, nel secondo la trama si infittisce, vengono trattati molti più argomenti e le conseguenze delle azioni dei protagonisti prendono vita, portando a risvolti interessanti. Gli spunti di riflessione su argomenti che non sono per niente leggeri, pur non mancando nel primo, sono infinitamente di più nel secondo, per non parlare del terzo e conclusivo libro, anche se quest'ultimo non è all'altezza degli altri due (soprattutto gli ultimi due capitoli).

All'inizio la vita di Katniss le va bene così: gli Hunger Games sono ingiusti e crudeli, la vita nei distretti non è delle più felici, ma grazie alla caccia riesce a sopravvivere e a sfamare la sua famiglia. In un certo modo ha una specie di accettazione/rassegnazione per quel modo di vivere. Nei successivi libri, poco a poco, si fa strada in lei la consapevolezza che le cose devono cambiare e che lei ha il potere di far avvenire questo cambiamento. Ho una predilezione per questo genere di eroine, che prendono coscenza della loro forza e la usano per perseguire la giustizia e la verità.
Sembra quasi un romanzo femminista, favorevole al "potere rosa", perché il presidente del Distretto tredici è una donna, anche chi capeggia le rivolte nei diversi distretti sono prevalentemente delle donne (alcune vincitrici dei passati Hunger Games); e sono tutte coalizzate nel sconfiggere Capitol City che ha come presidente un uomo. Sembra quasi dire che quando le cose si mettono male sono le donne a prendere in mano la situazione, a prendere il potere, e cercare di sistemare tutto. Mi piace!!!

Proseguendo con la trilogia, si comprende come la capitale abbia rovinato la vita a tutti i vincitori dei giochi. Le promesse fatte erano di una vita migliore per loro e le loro famiglie, con agevolazioni e privilegi; ma in realtà tutti, in un modo o nell'altro, hanno pagato un prezzo molto alto: chi ha perso i propri cari, chi si è dato all'alcool, chi è stato venduto per il piacere altrui, etc...
Tutti sono stati cambiati, interiormente, dai giochi, compresa Katniss ed è proprio questo che provoca il divario tra lei e Gale (all'inizio molto uniti tra di loro) e invece l'avvicina e la unisce profondamente a Peeta.

Avevo sentito che era impossibile fermarsi al secondo libro senza leggere il terzo, ed è vero. Alcuni sono stati costretti ad aspettare con impazienza l'ultimo romanzo perché l'Italia è stata una delle ultime a pubblicarlo; commenti sparsi nel web confermano che è stata una sofferenza per i poveri lettori e posso capire benissimo il perché. Fortunatamente io ho cominciato a leggerlo possedendo già l'intera saga e voglio lasciarvi con questo consiglio: se intendete leggere "The Hunger Games" procuratevi la trilogia completa!!

VOTO: 9,5/10


giovedì 13 settembre 2012

IL RE, IL SAGGIO E IL BUFFONE di Shafique Keshavjee

Ogni tanto mi concedo delle letture un po' più impegnative, per così dire. In questo caso, sebbene dal titolo non si direbbe, questo libro affronta molte tematiche riguardanti il mondo e la vita, prendendo in considerazione le cinque grandi religioni mondiali. Quello che potrebbe facilmente diventare un saggio su temi scottanti, si trasforma in un bel romanzo grazie a una trama ben costruita e a personaggi che sembrano molto realistici.

C'era una volta, in un paese lontano lontano, un Re buono e giusto. C'era un Saggio che lo consigliava, c'era un Buffone che lo punzecchiava e il popolo intero che sonnecchiava. Una notte un'ondata di sogni inquietanti tormentò il sonno del Re, del Saggio e del Buffone. Fu così che il Sovrano, per cercare una strada verso la spiritualità, decise d'indire il primo Gran Torneo delle Religioni nella storia dell'umanità. Sei uomini, paladini di sei diverse visioni del mondo e della vita, accettarono la sfida: un ateo, un buddhista, un indù, un musulmano, un ebreo e un cristiano. E che vinca il migliore.
La ricerca del Sapere assoluto, di tutte le imprese impossibili è certo la più vertiginosa, di tutti i viaggi il più avventuroso; e si snoda per quattromila anni di storia lungo testi sacri e tradizione orale, teologia, filosofia, poesia, scienza, e per parabole, favole, immagini, ai quattro angoli del pianeta.

Per me è stata indispensabile e preziosa l'appendice alla fine del libro, che spiega in modo semplice e chiaro tutti i punti fondamentali delle cinque religioni prese in esame. Molte cose non le sapevo e l'averle apprese mi ha aiutato a comprendere meglio il libro stesso.
Prima di cominciare a leggerlo speravo fosse uno di quei libri che, nonostante ti presenti diversi punti di vista, alla fine il messaggio è: tutte le religioni sono simili tra loro, ognuna crede di avere la verità in pugno, ma la cosa importante è il libero arbitrio, cioè la possibilità di scegliere liberamente ... (che rispecchia un po' il mio personale pensiero sul tema). Alla fine della mia lettura non sono rimasta delusa, perché mi sono resa conto che è vero che le religioni si assomigliano tra loro e il messaggio che tutte trasmettono è di amore, rispetto e tolleranza; ma come si suol dire: predicano bene e razzolano male. Infatti la realtà è un'altra e lo si nota anche attraverso queste pagine, perché i rappresentanti religiosi non vogliono cedere sulle loro convinzioni e non si dimostrano veramente tolleranti nei confronti degli "avversari" del Torneo.

Ho notato che i partecipanti al torneo hanno tutti un nome che, in un modo o nell'altro, fa riferimento alla religione che essi rappresentano. Sicuramente è voluto e questo aiuta il lettore a capire subito chi abbia preso la parola in quel determinato momento e quali possano essere le sue idee, provocando una immediata associazione con la religione a cui appartiene il personaggio.
Il personaggio che ho trovato più adorabile è il rabbino, un personaggio sagace e simpatico. Le storie che racconta, che derivano dalla cultura ebraica, sono messaggi preziosi, divertenti, ricchi di umorismo e ironia, ma di quell'ironia buona, un po' alla Simpson (scusate il paragone) in cui la battuta ti fa ridere, ma ha un messaggio più profondo da lasciarti, che arriva diretto, chiaro e ti fa riflettere.

Questo libro l'ho letto di sera, prima di addormentarmi, e devo ammettere che è un po' pesante per quell'orario. Mette troppa carne al fuoco, fornendo molti spunti su cui riflettere, ai quali io non ho dato molto spazio in quei momenti a causa delle palpebre calanti e della incombente vicinanza del cuscino. Ma è un libro che ti resta dentro. Le sue parole e i suoi messaggi ti ronzeranno in testa per molto tempo dopo averlo letto. Un romanzo per riuscire a comprendere più affondo il mondo e le persone che ci circondano.
Consigliato a chi vuole aprire un po' di più la propria mente. A chi è in grado magari non di condividere fino in fondo, ma almeno comprendere e accettare le idee e le convinzioni altrui. A chi ha il coraggio di guardare oltre e ha una fiducia profonda nel dialogo tra uomini e idee diverse.

VOTO: 8/10

venerdì 7 settembre 2012

IL SUPERSTITE di Wulf Dorn

Non pensate neanche lontanamente che ora mi dedichi solo alla recensione di psico-thriller, ma "La psichiatra" mi aveva talmente convinto (per la recensione clicca QUI), che ho deciso di leggere anche il secondo romanzo di Wulf Dorn. Non temete, a breve tornerò ai generi letterari che preferisco; anche perché questa volta il signor Dorn non mi ha catturato per niente nella sua rete.

In una notte d'inverno un'auto sbanda, il guidatore è gravemente ferito. Aveva appuntamento con lo sconosciuto che poche ore prima aveva rapito suo figlio Sven, mentre era fuori casa con il fratello maggiore. Adesso tutto è inutile: l'uomo sa che sta per morire e anche suo figlio morirà.
Dopo ventitré anni lo psichiatra Jan Forstner vive con l'angoscia della scomparsa del fratellino. Tutto ciò che gli resta sono un registratore dove sono incise le ultime parole di Sven: "Quando torniamo a casa?"; e gli incubi che da quella notte non hanno smesso di tormentarlo.
Jan ha studiato psichiatria come suo padre, si è specializzato in criminologia e ora è tornato al punto di partenza: alla Waldklinik, la clinica dove lavorava il padre e dove adesso lavorerà anche lui. Vorrebbe ricominciare a vivere, lasciarsi alle spalle l'incubo; ma quando una paziente della clinica si suicida, Jan si troverà coinvolto in un'indagine che svelerà un segreto atroce rimasto sepolto per ventitré anni.

L'argomento principale è sempre la mente con tutte le sue sfaccettature e le violenze, reali o presunte, sui bambini. In questo c'è più depravazione ed è più crudo del libro precedente.
L'ambientazione è uguale, stessa clinica e stesso paese, ma le somiglianze con il primo libro finiscono qui, perché non sembra nemmeno scritto dallo stesso autore de "La psichiatra": la trama non è costruita in modo lineare e scorrevole e non è per niente coinvolgente, anzi. All'inizio è troppo confuso, racconta troppe storie parallele e per più di metà non si capisce dove voglia andare a parare; continua a raccontare diverse storie, accadute in tempi diversi, aggiungendo in continuazione dettagli, ma non riuscendo a dare nessun indizio per sbrogliare l'intera matassa. A lungo andare diventa pesante e noioso, perché non si capisce cosa sia successo veramente.

Per tutto il romanzo dice che il protagonista, Jan, è ossessionato dalla scomparsa del fratellino e che questa tragedia, avvenuta ventitré anni prima, ha condizionato tutta la sua vita, ma non viene specificato come; non entra mai ne particolari, né spiega cosa abbia fatto Jan, negli anni precedenti, per scoprire la verità sulla sparizione improvvisa del fratello. Non capisco perché si soffermi a descrivere situazioni che non hanno molto a che fare con la risoluzione del mistero, mentre altre cose, che potrebbero essere più importanti o incisive, vengano solo accennate e poi perse lungo il cammino.

Ora parliamo del grande colpo di scena finale. Si tratta veramente di un gigantesco colpo di scena, uno di quelli che ti lascia a bocca aperta. Nel momento in cui viene rivelato il colpevole di tutto, io sono rimasta un po' sconcertata perché non avevo capito che era lui, avevo pensato a tutt'altra persona. Subito ho pensato che questa enorme sorpresa era dovuta al fatto che mi ero un po' distratta dalla trama, per il  fatto che non mi piaceva il libro; ma ripensandoci non credo che sia per quello, ma per il semplice fatto che l'autore non te lo fa capire in nessun modo durante il romanzo. Ho avuto l'impressione che persino Jan sia rimasto più scioccato di me nel fare questa scoperta, non se l'aspettava nemmeno lui. Questa incredibile rivelazione, risvegliandomi dal torpore, mi ha invogliato a proseguire e a saperne di più sulle vicende narrate; purtroppo questo è avvenuto negli ultimi tre/quattro capitoli e, per quanto mi riguarda, non ha aiutato a salvare il libro.

Mi dispiace dirlo, ma non mi è piaciuto, non è intrigante e appassionante, ma solo sconclusionato e irritante per questo. Molte volte ho avuto l'impellente desiderio di abbandonarlo, ma è una cosa che raramente riesco a fare con un libro, anche se non mi piace continuo a leggerlo fino alla fine (spesso con molta difficoltà). Forse perché dentro di me continuo a sperare che vada meglio, che migliori pagina dopo pagina, ma raramente accade. In questi casi, una delle soluzioni che adotto, è leggere un altro libro insieme, così quando il libro in questione mi annoia troppo, passo all'altro. Infatti, "il superstite" l'ho "diluito" con un romanzo totalmente diverso (non potrebbero essere più agli antipodi di così), la cui recensione sarà nel blog a breve.

VOTO: 6/10

martedì 4 settembre 2012

LA PSICHIATRA di Wulf Dorn

Mi sono resa conto che le mie letture sono un po' troppo "tranquille": niente omicidi, niente mostri, niente tensione, nessun brivido o terrore. Mi serviva una scossa, di quelle che può dare un libro horror; ma visto che io non voglio leggere libri di quel genere (sono troppo fifona), dovevo trovare un'alternativa che mi scuotesse, ma che non mi spaventasse troppo. Così un'amica mi ha consigliato questo psico-thriller.

Ogni giorno la psichiatra Ellen Roth si scontra con un'umanità reietta, con la sofferenza più indicibile, con il buio della mente. Tuttavia a questo caso non era preparata: la stanza numero 7 è satura di terrore, la paziente è stata picchiata e seviziata, è chiusa in se stessa, mugola parole senza senso, dice che l'Uomo Nero la sta cercando e le sussurra che adesso prenderà anche lei, Ellen, perché nessuno può sfuggirgli. Quando il giorno dopo la paziente scompare dall'ospedale, senza lasciare traccia, per Ellen incomincia l'incubo. Nessuno l'ha vista uscire, nessuno l'ha vista entrare. La psichiatra la vuole rintracciare a tutti i costi, ma viene coinvolta in un macabro gioco da cui non sa come uscire. Non può far altro che tentare di mettere insieme le tessere di un puzzle diabolico, mentre precipita in un abisso di violenza, paranoia e angoscia. Eppure sa che, alla fine, tutti i nodi verranno al pettine.

Ammetto che ero scettica, perché secondo me per leggere un libro così ti deve piacere il genere e io non ne ero convinta. Temevo mi avrebbe fatto paura. Vi ho già detto che sono una fifona? Mi spavento con poco, sono facilmente influenzabile e il fatto che io legga prima di addormentarmi non aiuta. Non volevo rischiare di dormire per giorni con la luce accesa. Per mia fortuna non è andata così. Mi è piaciuto e l'ho trovato molto interessante e coinvolgente. La trama è ben costruita e ti avvolge sempre di più, costringendoti a continuare nella lettura per scoprire cosa accade a Ellen.

In alcuni punti non mi ha convinto, ad esempio quando vengono raccontati i due incubi che Ellen ha durante la notte. Non mi è piaciuta la descrizione, mi sono sembrati troppo lucidi per essere dei sogni, troppo vividi; davano proprio l'impressione di essere stati costruiti dall'autore e non di essere puro frutto della mente.
Confesso che in alcuni momenti era leggermente prevedibile. A metà io avevo già intuito cosa era veramente successo e l'autore ha confermato i miei sospetti qualche capitolo più avanti. Non per questo mi è dispiaciuto leggerlo, anzi, mi è piaciuto molto e l'ho letto con avidità.

La mente, con tutti i suoi lati bui, mi affascina e incuriosisce come pochi argomenti riescono a fare. Questo libro è in grado di trascinarti nei meandri della psiche umana; in una sorta di montagne russe che attraversano la paranoia, l'inquetudine, la paura, la rabbia, l'incredulità e la pazzia. Leggendolo ti ritrovi a sorprenderti del potere che la mente esercita sulle nostre azioni e, allo stesso tempo, a spaventarti di dove può portarti il lato oscuro, che è in ognuno di noi.

Non si può parlare di lieto fine, perché quando si trattano argomenti come le malattie mentali non è semplice far finire tutto per il meglio, visto che questi tipi di disturbi non guariscono, ma si impara a conviverci, nel migliore dei casi.
Comunque è un bel libro per gli amanti del genere e non solo, io ne sono un'esempio. Anche se un po' prevedibile, come ho detto prima, contiene anche alcuni momenti che riescono a sorprenderti e la storia è veramente intrigante.

VOTO: 8/10

lunedì 27 agosto 2012

PICCOLI UOMINI di Louise May Alcott

Devo ammettere tutta la mia ignoranza, ma non sapevo che "Piccoli uomini" fosse la continuazione di "Piccole donne crescono". Non so dire se mi aspettassi una versione al maschile delle piccole donne, oppure un romanzo completamente diverso, ma di certo non avrei mai pensato che fosse il seguito della storia.

La zia March è da poco scomparsa, lasciando Jo unica erede della tenuta di Plumfield con la sua vasta e comoda casa. Jo respinge il consiglio di tutti, che in apparenza sarebbe il più pratico: venderla subito; perché ha dei progetti su quella casa. Ora che è diventata la moglie del professor Fritz Bhaer, sa che ha trovato in lui un alleato prezioso per trasformare la casa di zia March in un luogo di accoglienza, di educazione e di studio per bambini diseredati. Aiuteranno a sostenere le spese di una gestione che si prevede onerosa alcuni ospiti paganti, che con la loro presenza assicureranno al convitto anche un equilibrio sociale con la convivenza di ragazzi di educazione e cultura diversa. Infatti, oltre ad ospitare i gemelli della sorella Meg, Jo e suo marito accolgono anche ragazzi provenienti dalla strada, ribelli e ladruncoli. Naturalmente i Bhaer saranno sostenuti dalla collaborazione di tutta la comunità, in particolare dal cognato Laurie.

Non vorrei parlare male di questo romanzo, anche perché "Piccole donne" mi era piaciuto molto (leggi la recensione QUI), ma in realtà "Piccoli uomini" l'ho trovato noioso, pesante e poco stimolante. Mi dispiace molto per la Alcott, che con i primi due libri mi aveva conquistata, ma con questo mi ha deluso molto.
Non c'è una vera e propria trama, e questo lo dice anche l'autrice quasi a metà del libro, infatti è un elenco continuo e interminabile di avvenimenti che accadono a questi ragazzi ospiti a Plumfield. Quasi dei piccoli racconti, collegati tra loro da un debole filo, ma che non portano a niente. La storia si svolge in un arco di tempo di sei mesi, ma a me sono sembrati molto di più mentre leggevo. Ci sono stati dei momenti in cui volevo abbandonarlo, chiuderlo, rimetterlo nella libreria e non rivederlo mai più; ma ho resistito, ogni volta convincendomi che dovevo dagli ancora una possibilità. Ho fatto molta fatica a finirlo e la noia e la delusione mi hanno accompagnato fino all'ultima pagina.

In questa storia la protagonista è Jo con i suoi bambini, quindi le altre sorelle March (Meg e Amy) e gli altri personaggi, che avevamo conosciuto e amato nei romanzi precedenti, passano in secondo piano comparendo pochissime volte; questo mi ha rattristato un po', ma non è la cosa peggiore che sia capitata. La cosa che mi ha deluso più di tutto è la rinuncia, da parte di Jo, di diventare una scrittrice. Questa decisione era già stata accennata alla fine di "Piccole donne crescono", ma speravo ci ripensasse ... e invece rinuncia al sogno di una vita per aprire una scuola. Non fraintendetemi, aprire una scuola e aiutare dei ragazzi in difficoltà è bellissimo, ma non mi sembra una cosa da Jo: lei non doveva essere una donna all'avanguardia? Una scrittrice famosa e di successo, in un periodo della storia in cui la penna la impugnavano solo gli uomini? Forse ho sbagliato io a puntare troppo su di lei e la sua carriera, portandomi a sbattere contro una cocente delusione.

Un punto a favore, e sicuramente una nota distintiva, di questo romanzo è l'originalità della scuola dei coniugi Bhaer. Si tratta di un progetto veramente all'avanguardia per quel periodo; un ambiente, prima di tutto, familiare e poi scolastico ed educativo. Un metodo che riunisce in sé alcuni dei sistemi educativi che noi usiamo oggi, a più di 150 anni di distanza. Il metodo Montessori, ma anche il semplice uso delle classi miste, sono solo alcuni esempi dei metodi utilizzati da Jo e Fritz per educare i loro ragazzi. Sicuramente l'idea di scuola della Alcott anticipava molto i tempi.
Come nei romanzi precedenti, non mancano molte situazioni alla "Mulino bianco", come mi piace chiamarle. Tutti sono felici, allegri, si comportano bene, si amano immensamente e tutto andrà a finire per il meglio. Tutto. Ma proprio tutto va sempre nel verso giusto. Anche il metodo educativo adottato non fallisce mai, ma porta sempre a risultati ottimi. A lungo andare questo estremo buonismo e perenne ottimismo mi urtano leggermente i nervi, io preferisco libri un po' più realistici.

Per concludere, l'agonia è stata tale che mi ha impedito di proseguire nella lettura degli altri capolavori di Louisa May Alcott, infatti mi mancano: "I ragazzi di Jo" (seguito naturalmente di "Piccoli uomini") e "Un lungo, fatale inseguimento d'amore" (di questo, alcune fonti mi dicono che sia completamente diverso dal solito stile Alcott, un po' più crudo, ma tale notizia non mi ha ancora spinto a leggerlo). Per ora il segnalibro è fermo all'ultima pagina di "Piccoli uomini" e credo che non si muoverà da lì ancora per molto tempo.

VOTO: 5/10

mercoledì 8 agosto 2012

PICCOLE DONNE e PICCOLE DONNE CRESCONO di Louise May Alcott

Ho deciso di parlare di questi due libri in un unico post perché è vero che in origine vennero pubblicati separatamente, ma l'autrice stessa li considerava due parti dello stesso romanzo. In America è tuttora pubblicato in un unico libro (le stesse trasposizioni cinematografiche dimostrano come venga considerato un unico romanzo); mentre in Italia, come in Francia e altri paesi, viene sempre separato in due parti distinte, rispettivamente "Piccole donne" e "Piccole donne crescono".

Le protagoniste sono le quattro sorelle March: Meg, Jo, Beth e Amy; ognuna con il proprio carattere, le proprie passioni e le proprie aspettative per il futuro. Molto diverse tra loro, ma unite da un forte sentimento di famiglia e di amore reciproco. Attorno a loro ruotano altri importanti personaggi come la madre; la fedele donna di servizio Hannah; l'anziana zia March, benestante e bisbetica; il signor Laurence, il facoltoso e generoso vicino di casa e il suo giovane e affascinante nipote Laurie. Il primo romanzo racconta le avventure delle sorelle March durante l'anno trascorso senza il padre, perché impegnato in guerra. Un anno difficile, in cui tutte loro cercano di dare un contributo, sostenendo la madre e impegnandosi insieme a mandare avanti la casa; senza mai perdere il buon umore e la buona volontà.
Nel secondo romanzo, come nel primo, i problemi sono quelli che affrontano tutte le ragazze che stanno crescendo: i primi amori, le prime delusioni, il confronto con la morte e le difficoltà di entrare nel mondo degli adulti. Meg si è sposata e ha avuto due figli. Jo è decisa a coltivare la sua passione per la scrittura e si trasferisce a New York. Amy è in procinto di partire per l'Europa in compagnia della zia March, un viaggio che le farà scoprire l'amore. Mentre la povera Beth, sempre stata di salute cagionevole, è contenta di rimanere a casa ad occuparsi della madre, ma una malattia la strapperà prematuramente all'amata famiglia.

La conoscenza che avevo di questa storia deriva dal cartone animato "Una per tutte, tutte per una", che guardavo quando ero piccola. Abbastanza fedele al libro e con un titolo che esprime appieno il sentimento che lega queste giovani donne. Si tratta di un romanzo per adolescenti ed io sono "leggermente" fuori età; ma l'ho letto solo ora perché, quando ero più giovane, i miei interessi letterari erano diversi e leggevo soprattutto i libri della collana "Piccoli brividi". Nonostante la mia età, e l'età del libro, non mi ha deluso e l'ho trovato interessante, appassionante e ancora attuale. Le tematiche affrontate sono molte, le protagoniste sono adolescenti come tante, con caratteri e inclinazioni diverse; quindi anche un'adolescente dei giorni nostri può rispecchiarsi in una di loro e seguirla lungo il cammino che la porterà all'età adulta.

Ho trovato molto interessante il personaggio della madre, una donna stoica e coraggiosa, costretta a farsi carico della famiglia in un periodo non dei migliori. Molto orgogliosa delle sue figlie e della loro vita. All'inizio sembra un personaggio marginale, ma proseguendo nella lettura, si capisce che è grazie a lei che quelle quattro ragazza sono così intelligenti, umili e affrontano la vita a testa alta, senza perdere il sorriso anche nei momenti peggiori. Non è una madre autoritaria, del tipo "è così perché lo dico io!", ma è comprensiva e impartisce lezioni fondamentali e necessarie in modo molto discreto e tranquillo, lasciando che le sue "bambine" capiscano gli errori fatti e risolvano i loro problemi da sole, senza però perderle di vista e rimanendo dietro le quinte pronta a dare dei preziosi consigli.
Il tutto è condito da un estremo "buonismo", che risulta forse eccessivo agli occhi di una donna che vive nel mondo reale... La sensazione, nel leggere alcune parti, è stata simile a quella che si prova guardando le pubblicità del Mulino Bianco: famiglia perfetta con figli perfetti a cui non può succedere niente di male, tutti sono sempre felici e ad ogni ingiustizia si porge sempre l'altra guancia. Un micro-mondo utopistico e, a volte, un po' stucchevole. Anche la morte di Beth è trattata con tanta naturalezza e accettazione, senza drammi né disperazioni, da sembrare un  po' finta e costruita; coerente con il loro piccolo mondo "perfetto", ma non applicabile alla nostra vita di tutti i giorni.

Come si può vedere dalla foto, la mia edizione di "Piccole donne" fa parte dei Mammut della Newton Compton Editori (che io adoro per le copertine). Questo gigantesco volume (comprende anche "Piccoli uomini", "I ragazzi di Jo" e "Un lungo, fatale inseguimento d'amore") inizia con una splendida introduzione di Chiara Gamberale, che ho trovato molto divertente e appassionata; da quelle poche pagine traspare tutto l'amore e la passione che questa scrittrice prova per il romanzo della Alcott. Come se non bastasse c'è anche un'intelligente e poetica premessa di Berenice. Questi due elementi aggiuntivi mi hanno fatto amare questo romanzo ancora prima di cominciare a leggerlo.

Senza alcun dubbio è un intramontabile capolavoro della letteratura mondiale. Un bel romanzo per le piccole donne di ieri, oggi e domani. E per chi oramai non è più un' adolescente, è un'occasione per ridere del fatto che, in quegli anni, una ragazza di 25 anni non ancora sposata veniva considerata una vecchia zitella...a me fa sempre sorridere molto.

VOTO: 8.5/10

mercoledì 27 giugno 2012

LO STRANO CASO DEL DOTTOR JEKYLL E DEL SIGNOR HYDE di Robert Louis Stevenson

La conoscenza che avevo di questo racconto breve vittoriano del 1886, derivava principalmente dalla cultura popolare. Ognuno di noi, almeno una volta nella vita, ha sentito parlare di questo leggendario personaggio sdoppiato in due, magari anche in contesti che non centrano nulla con la letteratura.  Ci sono stati film per il cinema e la televisione, racconti ispirati da questo tema, ma anche fatti di cronaca che venivano paragonati al subdolo personaggio del signor Hyde; tutti con diverse interpretazioni e spiegazioni rispetto al romanzo originale.

Il signor Utterson (avvocato), il dottor Lanyon e il dottor Jekyll sono amici di lunga data. I loro rapporti sono sempre stati caretterizzati da grande stima e rispetto reciproco; ma su di loro aleggia questa inquetante figura, molto misteriosa, che è il signor Hyde. Un losco uomo che gira di notte per Londra, spaventando e aggredendo le persone. Chi sia veramente, nessuno lo sa, ma quando si macchia di fatti riprovevoli il suo garante è sempre il dottor Jekyll. Quest'ultimo, a quanto pare, non esita a pagare per i danni causati da questo strano tipo, e ne parla sempre con molta comprensione e tolleranza; fino a quando i suoi amici cominciano a sospettare che ci sia qualcosa sotto e, molto preoccupati per quello che sta succedendo, vogliono scoprire tutta la verità sul signor Hyde. Chi è? Da dove viene? E' veramente cattivo? Ma soprattutto, qual è il suo legame con il dottor Jekyll?

Un mistero che appassiona il lettore. La storia scorre velocemente, ma ricca di dettagli, con descrizioni accurate e un uso abbondante di aggettivi (non credo di aver mai letto un libro con così tanti aggettivi che descrivono le varie situazioni e i personaggi). Tutto questo va a vantaggio del libro, che è estrememente coinvolgente e in grado di immergere totalmente il lettore nella Londra di fine ottocento: in alcuni momenti, sembra di sentire veramente i passi del signor Hyde lungo le strade buie della capitale britannica.
Chi sia in realtà Hyde tutti noi lo sappiamo, anche chi non ha mai letto il libro, per questo motivo il finale non è certo un sorpresa, non c'è il grande colpo di scena che lascia tutti sorpresi; ma non è così imporatante, perchè tutta la storia regala emozioni molto forti ed è scritta così bene che è un piacere leggerla.

I temi trattati, dopo più di cento anni, sona ancora estrememente attuali. In primo luogo la dicotomia tra bene e male: punto cardine del romanzo, ma più in generale della vita stessa; i concetti di bene e mele sono universali e senza tempo, riconoscibili fin da quando siamo piccoli. Ognuno di noi ha un lato buono e uno cattivo, oscuro (sicuramente uno più sviluppato dell'altro, ma questo è un altro discorso) ed è possibile scindere questi due aspetti della personalità umana? quale dei due prenderebbe il sopravvento? Potrebbero esistere l'uno senza l'altro? Oppure, per esistere, necessitano l'uno dell'altro?
In secondo luogo la figura di Hyde viene descritta come grottesca che provoca, nelle persone che lo incontrano, disgusto e paura, ma allo stesso tempo stimola curiosità, stupore e interesse. Sensazioni provate, ancora oggi, dalla maggior parte di noi di fronte ad un incidente stradale, o a tragedie di altro tipo. Senza dimenticare che nel periodo in cui è ambientato il libro, e fino alla metà del secolo scorso, erano frequenti gli spettacoli dei "fenomeni da baraccone", che ispiravano le stesse sensazioni dovute alla presenza del signor Hyde.
Ultimo tema trattato è il problema della potenza del male. Se non viene bloccato, contenuto, arginato con regole e comportamenti, il male allo stato puro prenderà indubbiamente il sopravvento, distruggento tutto, soprattutto il bene e il buono che è intorno a noi. Al dottor Jekyll viene data la possibilità di provocare volontariamente del male, di dare sfogo alle proprie pulsioni più recondite,  senza che questo mini la sua reputazione, visto che la colpa di tutto viene data al signor Hyde; questo ci mette di fronte ad alcuni quesiti: cosa faremmo noi se avessimo la stessa possibilità? La possibilità di fare del male, anche solo per una volta, e comunque passarla liscia? Saremmo in grado di limitarci ad una sola volta? O la cattiveria ci dominerebbe, come succede al dottor Jekyll?

Come si può notare dalla foto, di questo libro ho comprato la nuova edizione Oscar Mondadori Serie Cult, con copertina rigida, molto bella e suggestiva (con queste belle copertine sono stati pubblicati anche altri classici della letteratura come "Orgoglio e pregiudizio" e "Il ritratto di Dorian Gray"). In più questa edizione contiene anche altri quattro racconti brevi di Robert Louis Stevenson, tutti dello stesso stampo, con molte analogie fra di loro, tra cui una ricorrente lotta interiore tra il bene e il male, tra la parte migliore e quella peggiore dell'essere umano. Il mio preferito tra questi è stato "Il diavolo nella bottiglia", che parla di desideri realizzati, maledizioni e amore; leggermente diverso dagli altri racconti, meno macabro e a lieto fine.

VOTO: 8/10

venerdì 8 giugno 2012

IL PALAZZO DELLA MEZZANOTTE di Carlos Ruiz Zafòn

Molti dicono che Zafòn sia uno dei migliori autori degli ultimi anni, questo mi ha invogliato molto a leggerlo. Non avevo fatto una ricerca accurata dei suoi romanzi, quindi, quando sono andata in libreria, ho comprato il primo libro che ho trovato.

A Calcutta, nel 1916, un giovane tenente inglese sacrifica la vita per salvare due gemelli neonati, un maschio e una femmina; separati da allora, Ben vivrà in un orfanotrofio, senza sapere che ha una sorella. Sedici anni dopo, Ben si prepara a lasciare l'orfanotrofio e a cominciare la sua vita da adulto. Inoltre dovrà lasciare anche il Chowbar Society, un club segreto formato da sette ragazzi orfani e molto amici tra loro, che per anni si è riunito in un antico edificio in rovina: il Palazzo della Mezzanotte. L'ultima notte, però, Ben ritroverà la sorella Sheere, che gli racconterà una storia d'amore, morte, pazzia e vendetta. Incuriositi da tale storia, i ragazzi del Chowbar Society cominceranno ad investigare sul passato e scopriranno cosa è accaduto in quella città sedici anni prima. Una scoperta che coinvolgerà personalmente Ben e Sheere e che determinerà il destino dei giovani ragazzi e il loro futuro.

All'inizio del libro c'è una nota dell'autore, dove egli spiega che questo è il suo secondo romanzo (pubblicato in Spagna nel 1994) e che i suoi primi quattro romanzi furono originariamente pubblicati nella narrativa per ragazzi. La speranza dell'autore è che questo non impedisca la lettura anche ad un pubblico adulto.
Personalmente non capisco questa categorizzazione: quando in un libro ci sono dei protagonisti adolescenti, questo diventa automatucamente un romanzo per giovani adulti. Io ho superato l'adolescenza da un bel po' di anni, ma "Il palazzo della mezzanotte" mi è piaciuto molto e l'ho trovato adatto a qualsiasi età.

Fatica leggermente ad ingranare all'inizio, ma forse è stata colpa mia, perché non ero pienamente concentrata sul libro. Superato lo scoglio delle prime pagine, ha cominciato ad appassionarmi e conquistarmi. Pian piano sono stata invasa dalla curiosità, non vedevo l'ora di poter continuare con la lettura, per scoprire cosa sarebbe successo.

La scrittura è scorrevole, semplice, ma dettagliata al tempo stesso. Io non sono mai stata a Calcutta, ma Zafòn la descrive così bene, che mi sembrava di camminare per le strade di quella immensa e misteriosa città insieme a Ben e Sheere.
L'elemento soprannaturale non è così naturale, spontaneo e integrato son l'ambiente come può esserlo, per esempio, in "La casa degli spiriti" di Isabel Allende . Qui si percepisce il distacco e la distinzione tra mondo reale e mondo magico e spiritico; non è un lato negativo, perché quando appare l'elemento soprannaturale, colpisce e stupisce, coinvolgendo ancora di più il lettore nella storia.

E' un'incredibile romanzo sull'amicizia, quella vera, che tutti i ragazzi cercano a quell'età (e non solo); amici leali, pronti a starti accanto e aiutarti, qualsiasi cosa accada, e disposti a sacrificarsi in nome di quei sentimenti nobili e puri che caratterizzano i legami a quell'età.
Ho apprezzato che alla fine racconti cosa sono diventati i ragazzi da grandi, perché mi dà la sensazione che i personaggi siano reali e che continuino la loro vita anche quando chiudo il libro.

VOTO: 8,5/10

mercoledì 6 giugno 2012

SETA di Alessandro Baricco

Piccolo consiglio di lettura, veloce e leggero, da leggere in pochissimo tempo, ma che lascia un ricordo che dura per molto...Si tratta di un racconto breve dello straordinario Alessandro Baricco.

Hervé Joncour vive a Lavilledieu, in Francia, è sposato con Hélène, non ha figli ed è un commerciante di bachi da seta. Compra le uova dei bachi principalmente dall'Africa, per poi venderle alle filande del suo paese. Nel 1861, però, un epidemia investe le uova degli allevamenti europei e si diffonde anche in Africa. A causa di ciò Hervé è costretto ad andare in Giappone per comprare delle uova sane e non far fallire le filande. Quando egli chiede ad un suo amico dove sia il Giappone, questo gli risponde: "Sempre dritto di là. Fino alla fine del mondo". Rappresenta proprio la fine del mondo per loro, basti pensare che il viaggio, di andata e ritorno, dura sei mesi. Proprio lì, in un paese così lontano, misterioso, di cui Hervè non conosce niente, nemmeno la lingua, si innamorerà di una ragazza dagli occhi all'occidentale. Questa giovane donna è però sposa di un uomo molto importante della regione di Fukushima, Hara Kei, ed è anche l'uomo che gli vende le uova dei bachi. Un amore tra due culture completamente diverse e anche per questo destinato a non realizzarsi mai.

Estremamente breve (poco meno di 100 pagine), ma con un'intero mondo all'interno. Capace, in poche parole, di raccontare una storia che non ha tempo, molto semplice, ma che colpisce nel profondo. La perfetta descrizione di due mondi che si incontrano e si scontrano tra loro, in nome dell'amore, e di tutte le conseguenze che queato comporta.

Le parole e anche le pagine, di questo piccolo libro, sono fluide come l'acqua di un laghetto, delicate come le uova dei bachi, morbide e scivolano tra le dita proprio come una sciarpa di seta pregiata. Non è un semplice racconto, ma un'insieme ben costruito di sentimenti ed emozioni che esplodono e ti investono in ogni pagina.

In alcuni punti è ripetitivo, come ad esempio quando spiega il viaggio di andata e di ritorno di Hervé sempre nello stesso identico modo; ma non è un difetto, non è fastidioso, nè noioso, anzi è indispensabile e aiuta a creare la poesia  di cui è composto questo libro.

Non posso veramente dire altro, non voglio rovinarti la sublime esperienza di leggere questo racconto; quindi chiudo qui questa breve recensione su questo "grande" libro.

VOTO: 9,5/10