martedì 29 novembre 2016

GIULIO CESARE di William Shakespeare

C'è in me una sorta di piacevole soddisfazione per essere riuscita a portare a termine questa maratona lunga un anno. Ci sono stati momenti più difficili di altri e opere che ho amato più di altre. Mi rattrista sapere che la #MaratonaShakespeariana sta volgendo al termine, ma allo stesso tempo sono felice per quello che ho letto in quest'anno, quello che ho imparato e compreso, e so che sarà un bagaglio che porterò con me per sempre.
E ora parliamo della penultima tappa della maratona. Torniamo ancora in Italia per l'opera che abbiamo letto nel mese di novembre, "Giulio Cesare" la cui storia è conosciuta dai più (per non dire da tutti).

Tragedia in cinque atti ambientata a Roma
Bruto, figlio adottivo di Cesare, si lascia convincere a far parte di una cospirazione, ordita da alcuni senatori romani tra cui Cassio, per uccidere Cesare e così impedirgli di trasformare la Repubblica romana in una monarchia.
Cesare, tornato a Roma dopo la campagna d'Egitto, incontra un indovino che gli consiglia di guardarsi dalle idi di marzo, ma egli ignora l'avvertimento e si vedrà assassinare proprio nel giorno predetto.
Attraverso il suo discorso per la morte di Cesare, Marco Antonio muove l'opinione pubblica contro gli assassini e questo porterà a una guerra civile.
Intanto Bruto accusa Cassio di regicidio in cambio di denaro. I due in seguito si riconcilieranno, ma mentre entrambi si preparano alla guerra contro Marco Antonio e Ottaviano, lo spettro di Cesare appare in sogno a Bruto, annunciandogli la sua imminente sconfitta.
Infatti la battaglia volge velocemente a sfavore dei cospiratori e sia Bruto che Cassio decidono di suicidarsi piuttosto che essere fatti prigionieri.

Ringrazio le note a fine libro, perché mi hanno permesso di capire quei giochi di parole inglesi, che in questo caso aprono subito il Primo Atto, che tradotti in italiano non hanno certo lo stesso effetto. Anzi leggendo il testo senza la spiegazione di come appaia nella lingua originale, si perde quella simpatica incomprensione che avviene, ad esempio, all'inizio tra Marullo e il Secondo Cittadino.
Le prime scene sono ambientate a Roma durante i riti Lupercali, dedicati al dio Luperco patrono della fertilità, e che si svolgono a metà febbraio, cioè quello che oggi chiamiamo San Valentino.
In questa occasione riappare una figura che Shakespeare usa spesso nelle sue opere: una figura misteriosa e a volte sovrannaturale che predice il futuro. Qui rappresentata da un indovino che comunica a Cesare di "temere le idi di marzo" e conoscendo la storia sappiamo esattamente a cosa si riferisce.

Una forte tempesta, cominciata già alla fine del primo atto, continua e si scatena per gran parte del Secondo Atto. Sappiamo che Shakespeare fa piovere violentemente nelle sue opere come simbolo che qualcosa di molto brutto sta per accadere, qualcosa di terribile da cui il mondo si purifica attraverso la pioggia.
Infatti è proprio in questo atto che Bruto e gli altri senatori romani cospirano contro Giulio Cesare, delineando il loro piano: come fare, quando e chi coinvolgere. Ogni dettaglio viene discusso e approvato da tutti.
In più Capurnia, moglie di Cesare, ha avuto la visione di fenomeni soprannaturali (elementi molto presenti in questa tragedia) che le hanno predetto la morte del marito. Per come è strutturata e si svolge, questa scena si collega all'opera Amleto e al momento in cui Orazio cita proprio i presagi della morte di Giulio Cesare, mentre parla dell'apparizione del fantasma del padre di Amleto.

E' nella prima scena del Terzo Atto che avviene l'omicidio di Giulio Cesare, da parte di diversi senatori romani all'interno del Campidoglio. Un momento di grande tensione e coinvolgimento, secondo me, anche se il tutto si svolge molto velocemente ho percepito un crescendo continuo, che è esploso nella prima coltellata data a Cesare da Casca (l'ultimo a colpire sarà Bruto).
Dopo l'assassinio il panico e la confusione sono palpabili, tutti scappano e le voci cominciano a girare in fretta.
Mentre nella seconda scena c'è i famoso e incisivo discorso di Marcantonio: "Amici, Romani, cittadini, datemi ascolto...", che infiamma l'opinione pubblica ed è la miccia che fa esplodere la guerra civile. Antonio, durante il suo lungo discorso, fa delle pause ad effetto al momento giusto, e Shakespeare ci fa vedere quali sono le reazioni e le opinioni dei cittadini a quei silenzi studiati.
La terza scena di questo atto, con l'apparizione di Cinna il poeta (non il senatore), sembra superflua ma in realtà viene inserita dallo scrittore come pretesto per sottolineare il clima di violenza e di sospetti che si era scatenato a Roma dopo l'assassinio di Cesare.

Il Quarto Atto si apre con l'incontro tra Antonio, Ottaviano e Lepido per costituire il secondo Triunvirato (anche se Lepido non è molto considerato dagli altri due). Qui il drammaturgo fa un'inesattezza storica e accelera un po' i tempi, dato che questa riunione, in realtà, non avvenne subito dopo l'omicidio di Cesare, ma a distanza di un anno e nei pressi di Bologna.
Si svolge una lite molto intensa tra Bruto e Cassio, ma tutto si sistema in breve tempo. Subito dopo, per smorzare il clima drammatico del momento, Shakespeare inserisce un siparietto comico e veloce con un poeta. E alla fine dell'atto, appare di nuovo una delle sue tipiche figure soprannaturali, in questo caso il fantasma di Cesare, e la usa per mandare un messaggio importante a Bruto.

Nel Quinto Atto sventola la "bandiera rossa" e quindi tutti sono pronti alla battaglia, che volgerà presto al termine in favore di Antonio e Ottaviano. Nella realtà si tratta di due battaglie svoltesi separatamente a circa un mese di distanza l'una dall'altra, ma anche qui Shakespeare accelera i tempi e le fa svolgere una dietro l'altra. Molto velocemente la guerra si conclude, ma non prima di aver versato un po' di sangue, perché si tratta sempre di una tragedia e in quanto tale necessita di qualche morte.
Verso la fine della prima battaglia è Cassio a decidere di uccidersi piuttosto che cadere in mano ad Antonio come prigioniero. Dopo la seconda è Bruto a fare la stessa scelta e a chiudere la tragedia con il suo suicidio.
Nelle sue ultime battute Antonio lascia intendere che tutti i senatori abbiano ucciso Giulio Cesare solo per invidia e smania di potere, mentre Bruto era l'unico mosso da nobili intenzioni e questo l'ha reso, nella sua vita e anche con la sua decisione di morire, un vero uomo d'onore.


Molto veloce e scorrevole, le scene sono corte e ben delineate, i dialoghi sono chiari e comprensibili. Ma forse è dovuto anche al fatto che, dopo quasi un anno in compagnia di Shakespeare, il mio cervello sia più abituato alla scrittura di questo autore, rispetto a quanto lo fosse all'inizio.
La storia di come sia stato ucciso Giulio Cesare è nota a tutti, l'abbiamo studiata a scuola e la ricordiamo con più o meno particolari. Ma in quest'opera teatrale la ricostruzione storica è inesatta e alcune delle "licenze" che si permette Shakespeare sono molto evidenti. Spesso il drammaturgo sembra dimenticarsi che sta ambientando la sua tragedia nell'antica Roma e inserisce delle cose tipiche del suo tempo, come ad esempio l'orologio che batte le ore, quando si sa che i romani avevano solo meridiane e clessidre per scandire il tempo. Altri particolari improbabili o storicamente sbagliati sono: la cascata di stelle cadenti che Cesare vede la notte prima della sua morte, poco probabile essendo metà marzo; oppure il fatto che nella realtà Cesare non sia stato pugnalato in Campidoglio, ma nella "Curia Pompeiana" dove si riuniva il Senato; o la presenza di un libro con delle pagine letto da Bruto; o ancora il concetto di "angeli e demoni" tipico del cristianesimo e che quindi i romani non potevano conoscere.
In molti sostengono che il protagonista della tragedia sia Cesare, perché è lui il centro di ogni discussione e anche la causa di tutta l'azione. Ma altri credono che il dramma sia costituito dal conflitto psicologico tra l'onore, il patriottismo e l'amicizia che Bruto vive lungo tutta l'opera, fino all'epilogo finale. Io credo di essere più incline a quest'ultima ipotesi, anche perché Bruto compare molto di più in scena, ha più battute, ma soprattutto il suo personaggio è più approfondito e sfaccettato. Bruto è stoico e idealista, ma tormentato da ciò che ha fatto, anche se lo giustifica come un atto di patriottismo e amore verso Roma perché Cesare era un tiranno (secondo lui e i senatori).
Interessante che alla fine dell'opera si accenna alla frattura del rapporto tra Marco Antonio e Ottaviano, che sarà poi sviluppata nella tragedia Antonio e Cleopatra; una sorta di anticipazione a un futuro seguito della storia, che poi Shakespeare scrisse veramente.

2 commenti:

  1. Ciao! Complimenti per la tua maratona shakespeariana, decisamente non è un'impresa da tutti! Giulio Cesare è un'opera già di per sé interessante, ma la tua recensione ne fa un'analisi molto precisa :-)

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    1. Grazie!!
      Un po' mi rattrista aver finito questa maratona, ma nessuno mi vieta di leggere ancora opere di Shakespeare in futuro, e dopo quello che ho imparato in quest'anno sono sicura che lo farò.

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